Sentenza 9 maggio 2003

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) CASO COVEZZI E MORSELLI c. ITALIA. Sentenza del 09 maggio 2003, ricorso n. 52763/99.  Violazione dell’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita familiare) per il mancato coinvolgimento dei genitori nel processo decisionale che ha condotto all’allontanamento dei loro figli, pur giustificato dal sospetto di abusi sessuali. La constatazione  di tale  violazione costituisce  di per sé una equa soddisfazione sufficiente per il danno morale.

  

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

Strasburgo 9 maggio 2003

CASO  COVEZZI E MORSELLI c. ITALIA

(Ricorso no. 52763/99)

 (traduzione non ufficiale del comunicato stampa a cura della dott.ssa Lara Leonardo)

La Corte Europea dei Diritti Umani in data 09 maggio 2003

ha comunicato per iscritto una sentenza  nel caso di Covezzi e Morselli c. Italia(ricorso n° 52763/99). La Corte ha concluso :

con sei voti a uno che vi è stata  violazione dell’Articolo 8 (diritto al rispetto della  vita familiare) della Convenzione Europea dei  Diritti Umani poiché i ricorrenti non sono stati coinvolti nel processo decisionale;

all’unanimità che non vi è stata violazione dell’Articolo 8 (diritto al rispetto della  vita familiare) della Convenzione con riferimento all’ordinanza d’affidamento d’urgenza dei figli dei ricorrenti;

con cinque voti a due che non vi è stata violazione dell’Articolo 8 della Convenzione con riferimento alla mancata audizione  dei ricorrenti prima dell’ allontanamento;

all’unanimità che non vi è stata violazione dell’Articolo 8 della Convenzione con riferimento alle modalità di esecuzione dell’ allontanamento;

all’unanimità che non vi è stata violazione dell’Articolo 8 della Convenzione con riferimento alla prolungata interruzione dei rapporti  tra i ricorrenti ed i loro figli;

all’unanimità che non vi è stata violazione dell’Articolo 8 della Convenzione con riferimento alla dislocazione separata  dei figli;

all’unanimità, che non si pone alcuna questione separata ai sensi dell’Articolo 6 (diritto ad un equo processo) della Convenzione; e

all’unanimità che non è necessario esaminare se vi sia stata una violazione dell’Articolo 13 ( diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione.

La Corte considera che la constatazione di una violazione costituisce  di per sé una equa soddisfazione sufficiente per il danno morale sostenuto dai ricorrenti. Peraltro, la Corte  ha accordato loro 10.000 euro per spese legali.

( La sentenza è disponibile solo in francese).

1. Fatti principali

I ricorrenti, Delfino Covezzi e la moglie Maria Lorena Morselli, sono cittadini italiani. Sono nati nel 1959 e vivevano a Massa Finalese (Modena) nel periodo in esame. Hanno cinque figli i quali sono nati nel 1987, 1989, 1991, 1994 e 1999. La sig.ra Morselli ora vive in Francia con il quinto figlio, che è nato in questo paese . Davanti alla Corte i  ricorrenti agivano anche nell’interesse e per conto dei loro quattro figli più grandi.

Nel giugno 1998 la nipote dei ricorrenti, allora di 12 anni, dichiarò che lei, il fratello ed i quattro figli più grandi dei ricorrenti erano stati soggetti ad abusi sessuali da taluni membri della famiglia. Ella non fece, tuttavia, nessuna accusa contro i ricorrenti.

Nel novembre 1998, senza ascoltare i ricorrenti, il Tribunale dei minorenni dichiarò che essi erano venuti meno al loro dovere parentale non essendosi resi conto che i propri figli erano stati soggetti a ripetuti abusi sessuali ed ordinò l’allontanamento dei figli dai genitori. I figli furono posti in quattro abitazioni differenti e tutti i contatti tra loro ed i ricorrenti furono sospesi. Furono presentati referti medici discordanti sulla questione se i quattro figli avessero subito violenze sessuali.  I ricorrenti chiesero invano  al Tribunale dei minorenni di revocare l’ordinanza. Per di più, il diritto italiano non consentiva loro di fare appello ad un altro tribunale perché il Tribunale dei minorenni aveva utilizzato la procedura d’urgenza. I ricorrenti chiesero parimenti senza successo che  i propri figli fossero affidati ad un’altra autorità locale e riuniti nella stessa abitazione e che fossero consentite delle visite con loro.

Nel frattempo, uno dei figli dei ricorrenti disse di essere stato soggetto ad abuso sessuale da parte di suo padre con la collusione di sua madre e precisò che anche i suoi fratelli erano stati soggetti ad abuso. Di conseguenza, furono avviate procedure penali contro i ricorrenti. Il 24 settembre 2002, il Tribunale di Modena, deliberando in prima istanza, condannò i ricorrenti alla reclusione di 12 anni  e dichiarò la decadenza della loro patria potestà.

 

2. Procedura e composizione della Corte

Il ricorso è stato presentato alla Corte il 9 agosto 1999 e dichiarato ricevibile il 24 gennaio 2002 a seguito di un’udienza.

La sentenza è stata resa da una Camera composta da 7 giudici, segnatamente:

Christos Rozakis (greco), Presidente, Luigi Ferrari Bravo (italiano), GiovanniBonello (maltese), Peer Lorenzen (danese), Nina Vajić (croata), SnejanaBotoucharova (bulgara), Elisabeth Steiner (austriaca), giudici,

e dal sig. Søren NielsenCancelliere aggiunto di Sezione.

 

 3. Riassunto della sentenza

 

Doglianze

I ricorrenti denunciavano che la famiglia era stata divisa, i propri figli posti in istituti separati e l’assenza di contatti tra loro. Denunciavano inoltre l’impossibilità di fare appello avverso la decisione presa  dal tribunale dei minorenni secondo la procedura d’urgenza. Facevano riferimento agli Articoli 6, 8 e 13 della Convenzione.

 

Decisione della Corte

 

Articolo 8 della Convenzione

Le ingerenze nel diritto dei ricorrenti al rispetto della propria vita familiare erano previste dagli Articoli 330, 333 e 336 del Codice Civile e dalla Legge n° 184 del 1983. Perseguivano un fine legittimo, vale a dire “ la protezione della salute  o della morale” e la “protezione dei diritti e delle libertà degli altri”, nei limiti in cui  esse miravano al  benessere dei bambini. Sulla questione  se queste misure fossero necessarie in una società democratica, la Corte esaminerà se le ragioni addotte per giustificarle erano pertinenti e sufficienti per gli scopi del paragrafo 2 dell’Articolo 8 della Convenzione.

 

L’ allontanamento d’urgenza

La Corte ha dichiarato che la misura dell’allontanamento dei figli era basata su ragioni pertinenti e sufficienti, cioè forti presunzioni che i figli avessero subito degli abusi sessuali da parte di membri della famiglia della ricorrente, e dubbi circa la capacità dei ricorrenti di proteggerli. La Corte nota a tal riguardo che le circostanze in cui l’abuso si è verificato erano state estremamente serie, poiché vi erano stati ripetuti atti di violenza ed un certo numero di adulti e bambini erano stati coinvolti. La Corte inoltre ritiene che le autorità avessero valutato accuratamente la portata delle accuse della nipote dei ricorrenti prima di procedere all’allontanamento dei figli. In tali condizioni , la Corte considera che la misura dell’allontanamento d’urgenza fosse stata proporzionata e necessaria in una società democratica e conclude per la non violazione dell’Articolo 8 della Convenzione.

 

Il mancato ascolto preventivo dei ricorrenti

La Corte ricorda che può essere impossibile o indesiderabile associare le persone che hanno la custodia di un bambino nel processo decisionale dell’allontanamento d’urgenza. Nella fattispecie, non era irragionevole per le autorità considerare che, a causa degli stretti legami tra i ricorrenti e le persone – in particolare, il padre ed i fratelli della sig.ra Morselli – sospettati di aver aggredito sessualmente i bambini, avrebbe potuto essere nocivo ai bambini che si desse una previa informazione sulla procedura. Considerata la gravità del contesto dei fatti  e del clima generale di intimidazione  dei figli rilevato dal tribunale dei minorenni, la Corte non potrebbe rimproverare alle autorità di aver agito in maniera sproporzionata allorquando esse consideravano di dover proteggere i bambini da ogni rischio di pressioni da parte dell’ambiente familiare. Pertanto, non vi è stata violazione della Convenzione su questo punto.

 

Le modalità dell’allontanamento

La Corte ha notato che le parti avevano dato due versioni differenti dei fatti e che i ricorrenti non avevano fornito nessuna prova per supportare le loro accuse circa la presunta brutalità dell’esecuzione dell’allontanamento. Pertanto, la Corte non potrebbe concludere per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione in tale punto.

 

Interruzione dei rapporti

La Corte ha notato che la ragione data per aver sospeso i contatti tra i ricorrenti ed i figli era l’incapacità dei ricorrenti di proteggere i figli e la necessità di portare i bambini in un luogo sicuro. Un ristabilimento dei rapporti era legato in particolare all’esito dell’investigazione delle autorità sulle parti, con l’intento di valutare lo stato psicologico dei bambini e le relazioni all’interno della famiglia. Erano stati organizzati incontri con i genitori a partire dal giorno successivo a quello in cui i bambini erano stati allontanati. Tuttavia, i ricorrenti avevano cessato di partecipare agli incontri nel febbraio 1999, ed il fascicolo del caso ha indicato che non erano riusciti a cooperare con le autorità competenti. La Corte ha anche notato la complessità del caso ed il desiderio dei bambini di non ritornare a vivere con la famiglia naturale. Essa ha ritenuto che le autorità avessero raggiunto un giusto equilibrio tra gli interessi dei bambini ed i diritti dei ricorrenti ed ha concluso che non vi fosse stata violazione dell’Articolo 8 della Convenzione.

 

Il fatto che i bambini fossero posti in abitazioni separate

 

La decisione circa il luogo in cui i bambini dovessero essere posti era stata presa su un piano pratico e con riferimento alla necessità di assicurare che ognuno dei bambini ricevesse il sostegno di una famiglia ed una protezione ad un livello particolarmente alto. Il mantenimento della sistemazione dei bambini in abitazioni separate era stato giustificato dallo stato delle loro reciproche relazioni  e dal loro stato psicologico. La Corte ha ritenuto che le giustificazioni date dalle autorità fossero ragionevoli e sufficienti a rendere la misura “necessaria” ai sensi della Convenzione e proporzionata al legittimo scopo perseguito. Pertanto, non vi è stata violazione della Convenzione in tale punto.

 

La procedura davanti al tribunale dei minorenni  

 

La Corte ha notato che era stata data ai ricorrenti l’opportunità di informare l’autorità giudiziaria dei propri dubbi circa la competenza e la buona fede dei servizi sociali e  degli esperti che erano stati designati. Essa ritiene che non vi è stata una mancanza di sorveglianza sul modo in cui i servizi sociali avevano attuato le decisioni del tribunale dei minorenni   .

Tuttavia, la Corte è autorizzata ad esaminare, sul terreno  dell’Articolo 8, la durata del processo decisionale, il cui ritardo rischia di definire la lite con un fatto compiuto  prima ancora che il tribunale avesse ascoltato il caso. La Corte ha notato che nel caso presentato di fronte ad essa i ricorrenti non erano stati in grado di  avere alcun ruolo nella procedura per oltre quattro mesi, poiché non avevano avuto alcun diritto ad impugnare la necessità dell’ordinanza di affidamento o ad esprimere la propria opinione; essi  furono ascoltati per la prima volta solo il   31 marzo 1999. La Corte ha anche notato che il tribunale dei minorenni aveva impiegato un tempo eccessivamente lungo di 20 mesi per decidere sulla questione dei diritti parentali dei ricorrenti. Inoltre, i ricorrenti non disponevano di una via di ricorso  durante quel periodo contro l’ordine provvisorio del tribunale dei minorenni ma avevano presentato sette istanze senza successo tra gennaio e novembre 1999 con l’intento di impugnare l’allontanamento. In tali circostanze, i ricorrenti non sono stati sufficientemente coinvolti nel processo decisionale nelle procedure concernenti i loro diritti parentali. La Corte ha pertanto concluso che vi è stata una violazione dell’Articolo 8 della Convenzione in tale punto.

 

Articoli 6 e 13 della Convenzione

 

La Corte ha ritenuto che non si pone alcuna questione separata ai sensi dell’Articolo 6 e che non  è necessario decidere la doglianza ai sensi dell’Articolo 13 della Convenzione.

 

Il Giudice Bonello ha espresso un’opinione in parte dissenziente, ed i Giudici Lorenzen e Vajić un’opinione congiunta in parte dissenziente, entrambe le quali sono annesse alla sentenza.

La sentenza integrale in francese, può leggersi in