sentenza 30 ottobre 2003

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, Strasburgo, 30 ottobre  2003. CASO BELVEDERE ALBERGHIERA S.R.L. c. Italia. Sentenza sul quantum debeatur Articolo 41 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (equa soddisfazione) (violazione dell'articolo 1 del Protocollo n°1, sul diritto di proprietà, in ipotesi di  accessione invertita = espropriazione indiretta) . Stante la mancata restituzione dell’area acquisita illegalmente e proprio a motivo dell’illiceità dell’acquisizione,  l'indennizzo a carico dello Stato italiano deve necessariamente riflettere il valore pieno ed  integrale del bene.

 

 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
CASO: BELVEDERE ALBERGHIERA S.R.L. contro ITALIA
sentenza del 30 ottobre 2003


ricorso n. 31524/96

Sentenza sul quantum debeatur Articolo 41 Convenzione  (equa soddisfazione) (violazione dell'articolo 1 del Protocollo n°1, sul diritto di proprietà, in ipotesi di  accessione invertita = espropriazione indiretta) . Stante la mancata restituzione dell’area acquisita illegalmente e proprio a motivo dell’illiceità dell’acquisizione,  l'indennizzo deve necessariamente riflettere il valore pieno ed  integrale del bene. Pertanto, il Governo italiano deve versare alla società ricorrente 763.691(settecento sessantatremila seicentonovantuno) EURO per danno materiale, 25.000(venticinquemila)  EURO per danno morale e 30.000(tentamila) EURO per spese legali.

 (sommario a cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, SECONDA SEZIONE; Strasburgo, 30 ottobre  2003. CASO BELVEDERE ALBERGHIERA S.R.L. (avv.ti Nicolo’ e Natalia Paoletti) c. Italia. (ricorso n. 31524/96); Pres. Rozakis.

La ricorrente società Belvedere Alberghiera S.r.l., è una società costituita nel 1983. Essa  possedeva il  Belvedere Hotel sul  Monte Argentario, ed una striscia di terreno che consentiva ai clienti dell’albergo l’accesso diretto al mare.

La ricorrente fu privata del suo terreno dal Comune in base alla regola giurisprudenziale « dell’accessione invertita, espropriazione indiretta, o occupazione acquisitiva) » , che esclude ogni possibilità di restituzione del bene  in caso di compimento di un’opera pubblica.

Con sentenza del 30  maggio 2000, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha statuito che il principio dell’accessione invertita, coniato dalla giurisprudenza italiana sull’espropriazione costituiva una ingerenza dello Stato sul terreno della ricorrente, incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo n° 1 (rispetto dei beni), e concludeva per la sussistenza della violazione di tale articolo, riservandosi di determinare il quantum debeatur di tale violazione.

In considerazione della mancata restituzione dell’area acquisita illegalmente il danno materiale deve calcolarsi tenendo conto sia della privazione del godimento del   terreno dall’acquisizione avvenuta nel 1987 fino al dicembre 2002, sia del mancato guadagno per l’esercizio dell’attività alberghiera, anche proietatta nel futuro entro i prossimi trenta anni (sempre che la situazione attuale resti e divenga permanente), sia del deprezzamento dell’immobile.

A titolo di equa soddisfazione (articolo 41 della Convenzione), la Corte liquida alla ricorrente, all’unanimità, 763.691(settecento sessantatremila seicentonovantuno) EURO per danno materiale, 25.000(venticinquemila)  EURO per danno morale e 30.000(trentamila) EURO per spese legali .

VECCHIA SECONDA SEZIONE

caso BELVEDERE ALBERGHIERA SRL c. ITALIA

(ricorso  no 31524/96) 

SENTENZA
(Equa soddisfazione)

STRASBURGO
30 ottobre 2003

(traduzione  non ufficiale a cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

 

Nel caso Belvedere Alberghiera Srl c. Italia,

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (prima sezione), riunitasi in una camera composta da: C.L. Rozakis, presidente, A.B. Baka, B. Conforti, G. Bonello, V. Straznicka, P. Lorenzen, E. Levits, giudici, e da E. Fribergh, cancelliere di sezione.

Dopo averla deliberata in camera di consiglio il 9 ottobre  2003,
rende la seguente sentenza, adottata in questa data:

PROCEDURA

1. A l’origine del caso, vi è un ricorso (n. 31524/96) diretto contro la Repubblica italiana, con il quale una  società a responsabilità limitata di diritto italiano, la società Belvedere Alberghiera s.r.l (“la ricorrente”),  aveva adito la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (“la Commissione”) il 2 maggio  1996, in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). La ricorrente deduceva una lesione ingiustificata al suo diritto al rispetto dei suoi beni.

Il primo luglio 1998, la Commissione ha deciso di portare il ricorso alla conoscenza del Governo italiano ("il Governo"), invitandolo a presentare per iscritto delle osservazioni sulla sua ricevibilità e sulla fondatezza nel merito. Dopo l’entrata in vigore del Protocollo n. 11 della Convenzione il 1 novembre 1998, e conformemente all’art. 5 §2 del suddetto Protocollo, l’esame della controversia è stata deferita alla Corte.Conformemente all’art. 52 § 1 del Regolamento della Corte, il presidente della Corte ha attribuito il caso alla seconda sezione. Il 21 settembre 1999, la Camera ha dichiarato ricevibile il ricorso ed ha deciso di tenere un’udienza sul merito. L’udienza si è svolta in pubblico il 13 gennaio 2000.

2. Con una sentenza del 30 maggio 2000 ("la sentenza  principale"), la Corte ha ritenuto che c’era stata la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 perché la ricorrente era stata illegalmente privata del suo terreno (Belvedere Alberghiera S.r.l c. Italia, n. 31524/96, CEDH 2000-VI).

3. Fondandosi sull’articolo 41 della Convenzione, la ricorrente sollecitava la restituzione ed il ripristino del terreno oggetto del contendere. Inoltre, essa reclamava un risarcimento per il pregiudizio materiale, ammontante in almeno 80.000.000 lire italiane(ITL), compensative in particolare del mancato godimento del terreno nel periodo di occupazione, fino alla restituzione. La ricorrente reclamava ancora 30.000.000 ITL a titolo di danno morale che le sarebbe stato causato dal comportamento dello Stato. Essa domandava infine il rimborso delle spese per le procedure innanzi le giurisdizioni nazionali ed il rimborso delle spese sostenute davanti alla Corte.

4. Poiché la questione dell’applicazione dell’art. 41 della Convenzione non era ancora matura per la decisione, la Corte l’ha riservata ed ha invitato il Governo e la ricorrente a sottoporle per iscritto, entro sei mesi, le loro osservazioni sulla suddetta questione e particolarmente ad informare la Corte di qualsiasi accordo  cui fossero pervenuti (ibidem, § 69 e punto 2 del dispositivo).

5. Il termine inizialmente fissato al 30 novembre 2000 per permettere alle parti di cercare un accordo amichevole è stato prorogato, su loro domanda, al 30 novembre 2000, poi ancora al 30 maggio 2001 ed è scaduto senza che le parti siano pervenute ad un accordo.

6. La Camera, riunitasi il 29 novembre 2001 su iniziativa del Presidente (punto 3 -c del dispositivo della sentenza principale), ha ritenuto opportuno effettuare una perizia. Essa ha deciso che il compito dell’esperto doveva consistere nel determinare, da una parte, il valore attuale del terreno ed il valore di questo al momento della sua occupazione; dall’altra parte, il danno materiale in caso di restituzione del terreno (spese di rimessa in pristino, mancato godimento del terreno e perdita  dei redditi a decorrere dalla data dell’occupazione) e il danno materiale in difetto di restituzione del terreno (mancato godimento del terreno e perdita dei redditi a decorrere  dalla data di occupazione del terreno, deprezzamento dell’immobile di cui la ricorrente è ancora proprietaria).

7. Con lettera del 30 novembre 2001, la Corte ha comunicato questa decisione alle parti ed ha invitato le stesse a fornirle il nome di un perito scelto di comune accordo. Inoltre, la Corte ha precisato che le spese e gli onorari della perizia, sarebbero stati a carico del Governo convenuto (art. 38 della Convenzione).

8. Con lettere  del 28 e 29 dicembre 2001, la ricorrente ed il Governo rispettivamente hanno fornito una lista di nomi di esperti. Successivamente, il 3 aprile 2002, le parti hanno indicato i nomi di tre periti selezionati di comune accordo dalla lista suddetta.

9. Stante la indisponibilità del primo esperto scelto dalle parti, il 3 luglio 2002, su istruzione della Corte, la cancelleria ha affidato il mandato al Sig. Mario Dini e ne ha informato le parti.

Nel testo del mandato si legge:

Egregio Signore, ho l’onore di informarla che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso di conferirle il mandato, conformemente alle indicazioni delle parti, di valutare un terreno appartenuto alla società ricorrente.

Conformemente alla decisione adottata dalla Camera incaricata di esaminare il ricorso, il suo incarico consisterà nel determinare:

-da una parte, il valore attuale del terreno e il valore di questo al momento della sua occupazione;

- dall’altra parte, il danno materiale: a) in caso di restituzione del terreno (spese di rimessa in pristino, mancato godimento del terreno e perdita di redditi a decorrere dalla data  dell’occupazione); b) In caso di non restituzione del terreno (mancato godimento del terreno e perdita di redditi a decorrere dalla data dell’occupazione; deprezzamento dell’immobile di cui la società ricorrente è ancora proprietaria).

Ho l’onore di informarla che l’ammontare finale delle spese della perizia e dei suoi onorari sarà a carico dello Stato (articolo 38 della Convenzione).

10. Il perito ha accettato l’incarico il 15 luglio 2002.

11. Con lettera del 2 agosto 2002, la cancelleria ha informato le parti invitandole ad adottare le misure necessarie affinché l’esperto, potesse adempiere il suo incarico.

12. Il 13 febbraio 2003, il perito ha depositato il suo rapporto e la richiesta relativa alle sue spese ed onorari. Nel termine fissato al 25 marzo 2003, poi prorogato su domanda della ricorrente al 22 aprile 2003, le parti hanno avuto possibilità di fare pervenire i loro commenti. Soltanto la ricorrente ha fatto pervenire i suoi commenti in data 19 aprile 2003.

13. Il primo novembre 2001, la Corte aveva nel frattempo modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 § 1 del Regolamento). Il presente ricorso ha tuttavia continuato ad essere esaminato dalla Camera della vecchia sezione seconda, quale esisteva prima di questa data.

IN DIRITTO

14. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

 

   <<Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa >>.

  

I) VALIDITA’ DELLA PERIZIA

15. Le parti non hanno contestato la validità della perizia.

16. La Corte ritiene valido il rapporto dell’esperto e lo prende in considerazione per rendere la sua decisione.

II) DANNO

A. DANNO MATERIALE

1. Riassunto della perizia e delle conclusioni del perito

17. Il rapporto della perizia, esteso per trenta pagine, contiene una stima del valore del terreno oggetto di controversia al 22 giugno 1987, momento della sua occupazione, e al dicembre 2002, quando la perizia è stata effettuata. In seguito, raffigura la stima del danno materiale nel caso in cui il terreno venisse in seguito restituito e la stima del danno materiale nel caso in cui il terreno non venisse  restituito.

La stima del perito ha ad oggetto un’estensione di 1.374 metri quadrati, risultanti dal catasto del Comune di Monte Argentario, alla particella 22, foglio 15.

Per redigere il suo rapporto, l’esperto si è basato sui documenti forniti dal Comune di Monte Argentario, sugli elementi portati dalla ricorrente oltre che sulle informazioni provenienti dal mercato immobiliare e dal mercato alberghiero. Egli ha inoltre tenuto conto dell’evoluzione del tasso di inflazione e dei prezzi durante il periodo considerato.

18. L’esperto ha constatato che in seguito all’ occupazione del terreno oggetto del contendere, l’albergo di cui la ricorrente è proprietaria aveva perduto l’accesso diretto al mare. Si tratta di un albergo a tre stelle, con dodici camere.

19. In primo luogo, il perito ha valutato il terreno. A suo parere, il valore venale del terreno nel 1987, al momento della sua occupazione, era di 82.500.000 ITL, corrispondenti a 41.833 Euro. Il valore venale del terreno al 31 dicembre 2002, all’epoca della perizia, era di 71.013 Euro.

20. Il perito ha in seguito preso in esame la valutazione del danno materiale nel caso in cui il terreno fosse restituito. A questo riguardo, egli ha stimato che le spese di rimessa in pristino ammonterebbero a 11.362 Euro.

In seguito l’esperto ha calcolato che la privazione del godimento del terreno fino al dicembre 2002 aveva causato un danno ammontante a 76.431 Euro.

Essa (privazione n.d.t.) aveva anche comportato il mancato guadagno nell’attività alberghiera che, fino al 2002, ammontava a 169.266 Euro.

21. Il perito ha proceduto infine alla stima del danno materiale nel caso di mancata restituzione del terreno. Oltre al valore venale di quest’ultimo, al danno derivante dalla privazione del godimento fino al dicembre 2002 ed al mancato guadagno nell’attività alberghiera fino al 2002, il perito ha preso in considerazione il danno materiale futuro, nell’ipotesi in cui la situazione attuale divenisse permanente.

A tali fini l’esperto ha stimato che per i trenta prossimi anni, il futuro mancato guadagno nell’attività alberghiera ammonta a 218.832 Euro.

Inoltre, il deprezzamento dell’immobile ammonta a 228.149 Euro.

22. Per riassumere le conclusioni dell’esperto:

-Danno materiale in caso di restituzione del terreno nel 2003:

mancato godimento del terreno fino al 2002: 76.431 Euro;

 

mancato guadagno fino al 2002: 169.266 Euro ;

 

spese di ripristino: 11.362 Euro;

 

Totale: 257.059 Euro

-Danno materiale in mancanza di restituzione dell’immobile:

Valore venale del terreno nel 2002: 71.013 Euro;

 

Mancato guadagno fino al 2002 (169.266 euro) + mancato guadagno futuro (218.832 Euro)

 

Mancato godimento del terreno fino al 2002 (76.431 Euro) + deprezzamento dell’immobile (228.149 Euro)

 

Totale : 763.691 EURO

2.  Argomentazioni del  Governo

23. Il Governo non ha fatto commenti sulle conclusioni dell’esperto.

24. Prima che la perizia venisse disposta dalla Corte (vedere la sentenza sul merito §§ 66-68), il Governo aveva dichiarato che la restituzione del terreno era impossibile per le ragioni indicate dal Consiglio di Stato, in relazione all’applicazione da parte di quest’ultimo del principio dell’espropriazione indiretta. Il Governo sosteneva parimenti che la restituzione del terreno esulava dal campo di applicazione dell’art. 41 della Convenzione.

Il Governo sosteneva inoltre che l’azione di risarcimento danni che la ricorrente aveva la facoltà di proporre davanti alle giurisdizioni italiane potrebbe  compensare la violazione lamentata. In conseguenza, il Governo sosteneva che alcuna somma potesse essere accordata a questo titolo, dal momento che la ricorrente poteva ancora domandare il risarcimento dei danni davanti alle giurisdizioni nazionali.

3 Argomentazioni  della ricorrente

25. La ricorrente sollecita la restituzione e la rimessa in pristino del terreno oggetto del contendere, misure che costituiscono secondo la stessa il solo modo idoneo a rimediare alla violazione dedotta, perché permetterebbe di ristabilire la situazione quale esistente prima della violazione dell’articolo 1 del Protocollo n.1. Essa ricorda che il diritto alla restituzione deriva dalla res iudicata amministrativa.

26. La ricorrente si dichiara soddisfatta delle conclusioni cui è pervenuto il perito in relazione al danno materiale in caso di restituzione del terreno.

27. Essa contesta invece la valutazione dell’esperto in mancanza di restituzione del terreno. A questo riguardo, la ricorrente sostiene che la Corte dovrebbe condannare lo Stato ad un risarcimento esemplare e punitivo, ammontante almeno al doppio di quanto calcolato dal perito.

4. Decisione della Corte

 28. La Corte ricorda che una sentenza che constati una violazione  comporta per lo Stato convenuto l’obbligazione di mettere fine alla violazione e di eliminarne le conseguenze in modo da garantire in quanto possibile  il ripristino della situazione antecedente (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).

29. Gli Stati contraenti parti del caso sono in linea di principio liberi di scegliere i mezzi da utilizzare per conformarsi ad una sentenza che constati una violazione. Tale potere discrezionale in ordine alle modalità di esecuzione di una sentenza implica la libertà di scelta in relazione all’obbligazione principale imposta dalla Convenzione agli Stati contraenti: assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà garantite (art. 1).  Se la natura della violazione permette la restitutio in integrum, incombe allo Stato convenuto realizzarla, non avendo la Corte la competenza né la possibilità pratica di provvedervi essa stessa. Se al contrario, il diritto nazionale non permette o non permette che in maniera imperfetta di eliminare le conseguenze della violazione, l’art. 41 abilita la Corte ad accordare, se del caso, alla parte lesa, la soddisfazione che le sembri appropriata (Brumarescu c. Romania (equa soddisfazione) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).

30. La Corte nella sua sentenza principale, ha dichiarato che l’ingerenza oggetto del contendere non soddisfaceva alla condizione di legalità (paragrafi 61-63 della sentenza principale). L’atto del Governo italiano che la Corte ha ritenuto contrario alla Convenzione non era una espropriazione che sarebbe stata legittima se fosse stato pagato un indennizzo; al contrario, si è trattato di un impossessamento da parte dello Stato del terreno della ricorrente, al quale la ricorrente  non ha potuto rimediare (paragrafo 68 della sentenza principale).

La Corte ha di conseguenza rigettato l’eccezione del Governo basata sul fatto che la ricorrente non avrebbe potuto richiedere  l’equa soddisfazione poiché essa avrebbe potuto chiedere il risarcimento dei danni davanti alle giurisdizioni nazionali (paragrafo 68 della sentenza principale).

 31. Il carattere illecito di tale spossessamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da impiegare per determinare la riparazione dovuta dallo Stato convenuto, in quanto le conseguenze finanziarie di un impossessamento lecito non possono essere assimilate a quelle di un impossessamento illecito (Ex-Re di Grecia ed altri c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 25701/94, § 75, CEDH 2002).

32. La Corte ha adottato una posizione simile nel caso  Papamichalopoulos (Papamichalopoulos c. Grecia (articolo 50), del 31 ottobre 1995, serie A n. 330-B, p. 59, §§ 36 e 39). La Corte ivi ha concluso per la violazione in relazione ad una espropriazione di fatto irregolare (occupazione di terreni da parte della marina greca, dal 1967) che durava da più di venticinque anni alla data della sentenza resa il 24 luglio 1993.

La Corte ingiunse in conseguenza allo Stato greco di versare ai ricorrenti, per il danno e per la perdita del godimento a decorrere da quando le autorità avevano preso possesso di questi terreni, il valore attuale dei terreni incrementato dal plusvalore derivante dall’esistenza di alcuni edifici che erano stati costruiti dopo l’occupazione.

33. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che nel presente caso la natura della violazione accertata dalla sentenza principale  le consente di partire dal principio della restitutio in integrum.

34. La Corte prende atto della posizione negativa del Governo con riferimento ad una eventuale restituzione del terreno.

In difetto di restituzione del terreno, l’indennizzo da fissare nella specie dovrà, come quello concesso nel caso  Papamichalopoulos sopra citato, e concernente l’ impossessamento illecito in sé, riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze della ingerenza in questione. Poiché è l’illegalità intrinseca dell’impossessamento, che è stata all’origine della violazione constatata, l’indennizzo deve necessariamente riflettere il valore pieno ed integrale dei beni.

35. Con riguardo al danno materiale, la Corte ritiene in conseguenza che l’indennizzo da concedere alla ricorrente non si limita al valore che la sua proprietà aveva alla data dell’occupazione. Per questa ragione essa ha invitato il perito a valutare anche il valore attuale del terreno oggetto del contendere e gli altri pregiudizi.

36. La Corte decide che lo Stato dovrà versare all’interessata il valore attuale del terreno. A questo valore si aggiungerà una somma relativa al mancato godimento del terreno dal momento in cui le autorità hanno preso possesso del terreno  nel 1987 e per il deprezzamento dell’immobile. Inoltre, in difetto di controdeduzioni del Governo sulla perizia, è d’uopo concedere una somma per il mancato guadagno nell’attività alberghiera.

37. Quanto alla determinazione dell’ammontare di tale indennizzo, la Corte ratifica le conclusioni del rapporto peritale per la valutazione del pregiudizio subito. Questo ammonta a 763.691 Euro.

B. DANNO MORALE

38. La ricorrente, pretende 30.000 Euro a titolo di danno morale che le avrebbe causato il comportamento dello Stato. In difetto di restituzione del terreno, la ricorrente pretende una somma di 100.000 Euro.

39. Il Governo ritiene che l’accertamento della violazione costituisca una soddisfazione sufficiente.

40. Resta da verificare se la ricorrente  possa pretendere la riparazione di un qualsivoglia pregiudizio  morale.

La Corte ricorda a tale riguardo che non bisogna scartare in linea generale la possibilità di accordare la riparazione del pregiudizio morale dedotto da una persona giuridica: ciò dipende dalle circostanze delle singole fattispecie (Comingersoll c. Portogallo [GC], no 35382/97, CEDH 2000-IV, §§ 32-35). La Corte non può dunque escludere, in base alla sua giurisprudenza, che possa esserci, per una società commerciale, un danno diverso da quello materiale che esiga una riparazione pecuniaria.

41. Nel presente caso, il carattere illegale  della privazione del terreno e la  persistenza  di tale situazione, ha dovuto causare, in capo alla Belvedere Alberghiera s.r.l. ed ai suoi amministratori e soci, delle molestie considerevoli, quantomeno nella conduzione degli affari correnti della società.

A tal riguardo, si può dunque stimare che la società ricorrente è stata lasciata in una situazione che giustifica la concessione di un indennizzo.

42. Statuendo secondo equità, come prevede  l’art. 41, la Corte concede alla ricorrente 25.000 Euro.

III SPESE LEGALI

43. La ricorrente non domanda il rimborso delle spese sostenute  davanti le giurisdizioni interne. Ella sollecita il rimborso delle spese sostenute davanti la Corte per un ammontare globale di 59.184, 44 Euro, di cui 51.183,89 Euro per onorari, oltre I.V.A. e contributi previdenziali(CPA).

44. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte, pur sottolineando che la somma richiesta è eccessiva.

45. La Corte ricorda che la liquidazione della spese legali ai sensi dell’articolo  41 presuppone che esse siano fissate nella realtà, nella necessità ed in più, vi sia il carattere ragionevole del loro ammontare (Iatridis c. Grecia  (equa soddisfazione) sopra  citato, § 54). Inoltre, le spese di giustizia sono rimborsabili solo nella misura in cui esse sono connesse alla violazione constatata (Van de Hurk c. Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A n. 288, § 66).

46. La Corte non dubita della necessarietà delle spese richieste né che siano state effettivamente sostenute a tale titolo. Essa ritiene in ogni caso eccessivi gli onorari pretesi. La Corte considera di conseguenza che il rimborso abbia luogo solo in parte.

Tenuto conto delle circostanze della causa, e statuendo secondo equità come prevede  l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole concedere alla ricorrente una somma pari a 30.000 Euro, aumentata di IVA e CPA.

IV SPESE DELLA PERIZIA

47. Per i suoi  onorari e le spese relative all’espletamento della perizia, il perito estensore  del rapporto domanda una somma globale di 10.000 Euro. Il suo calcolo tiene conto sia del lavoro di stima che dei sopralluoghi effettuati.

48. Il Governo non si pronuncia neppure a tal riguardo.

49. La ricorrente non si pronuncia neppure a tal  proposito.

50 La Corte ricorda in primo luogo che la concessione dell’indennizzo concerne il suo potere discrezionale e che ad essa compete giudicare se tale indennizzo è necessario o appropriato. La remunerazione del perito si risolve nel caso di specie nelle spese legate alla realizzazione di una perizia che la Corte ha giudicato indispensabile al fine di conferire alla ricorrente la possibilità di ottenere l’eliminazione della violazione rilevata dalla  sentenza principale.

Sulla base delle istruzioni della Camera, il cancelliere ha del resto informato il Governo ed il perito che le spese ed onorari relativi alla perizia incombevano in definitiva sullo Stato convenuto(vedere § 7).

51. La Corte non dubita della realtà e della necessità delle operazioni che il perito ha compiuto per assolvere al meglio il suo compito. Essa ritiene in conseguenza che la somma richiesta sia ragionevole. La Corte decide, in conseguenza, di accordare integralmente tale somma, di 10.000 Euro.

V INTERESSI MORATORI

52. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso marginale d’interesse praticato dalla Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI,

LA CORTE ALL’UNANIMITA’

1. Dichiara,

a) che la perizia è valida;

b) che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’art. 44§ 2 della Convenzione, le somme seguenti:

i.   763.691 Euro (settecento sessantatremila seicentonovantuno) per danno materiale;

ii.    25.000 Euro (venticinquemila) per danno morale;

iii.   30.000 Euro (trentamila) per le spese legali,  più IVA e CPA;

iv. tutto quanto possa essere dovuto a titolo di imposta sulle predette somme;

c) che lo Stato convenuto deve versare al perito, sig. Dini, entro i tre mesi, 10.000 Euro (diecimila euro);

d) che a partire dalla scadenza del predetto termine e fino al versamento, tali somme saranno maggiorate di un interesse semplice ad un tasso marginale d’interesse praticato dalla Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

2. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il surplus.

Redatta in  francese, poi  comunicata per iscritto il 30 ottobre 2003 in applicazione dell'articolo  77 §§ 2 e 3 del Regolamento.

Christos Rozakis (Presidente)

Erik Fribergh  (Cancelliere )

Alla presente sentenza  si trova annessa, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del Regolamento, l'esposizione dell'opinione concordante del giudice Lorenzen.

OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE LORENZEN

Ho votato per l’unanime decisione sull’equa soddisfazione che deve essere garantita alla ricorrente in base all’art. 41 della Convenzione, ma con grande esitazione circa il quantum del danno pecuniario. I motivi della mia esitazione sono i seguenti.

Nel calcolare la compensazione per il danno pecuniario bisogna ricordare che l’occupazione illegale riguardava una superficie piuttosto esigua (1.375 metri quadrati) che la ricorrente aveva acquistato due anni prima dell’occupazione. Un esperto ha stimato il valore dell’area in 41.833 euro al tempo dell’occupazione e di euro 71.013 alla fine del 2002. Il notevole interesse della ricorrente, nei confronti di questa superficie, sembra derivi dal fatto che la medesima gli consentiva di accedere direttamente ad una spiaggia privata, così incrementando le tariffe delle stanze del suo hotel, suscettibili di un aumento del 15% secondo parere dell’esperto. Concordando con quanto riportato nella relazione dell’esperto, il volume di affari annuale dell’hotel della ricorrente, tuttora con dodici stanze, non ha mai superato tra il 1987 ed il 2002 gli euro 121.000 e la media per questo periodo si e’ aggirata attorno agli 81.000 euro.

Basandosi su queste premesse ho difficoltà ad accettare che la compensazione per il danno pecuniario possa essere stimata in 763.691 euro. In particolare, ritengo eccessivo garantire alla ricorrente una compensazione per la perdita di guadagni per un periodo di non meno di 45 anni (1987-2032), calcolata su un totale di euro 388.098. Non ho trovato precedenti nella giurisprudenza di questa Corte per compensare una perdita di guadagni per un periodo così lungo nemmeno nel caso di occupazioni illegali. Inoltre sembra che la perizia dell’esperto calcoli l’ultimo periodo di 30 anni senza una richiesta della Corte, ma solo su iniziativa del perito della ricorrente. Per di piu’, dubito che sia ragionevole, nelle circostanze del caso, compensare allo stesso tempo la perdita di guadagni ed il mancato godimento del fondo calcolato in euro 76.431.

Comunque, dal momento che il Governo non ha contestato le conclusioni dell’esperto, ho espresso il mio consenso a concedere per intero la somma per il danno pecuniario. La mia opinione concordante  intende comunque evidenziare che i principi usati in questo caso per calcolare il danno pecuniario non dovrebbero costituire un precedente per futuri casi analoghi.


ANCIENNE DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE BELVEDERE ALBERGHIERA SRL c. ITALIE

(Requête no 31524/96)

ARRÊT

(Satisfaction équitable)

STRASBOURG

Strasbourg, le 30 octobre 2003

En l'affaire Belvedere Alberghiera Srl c. Italie,

La Cour européenne des Droits de l'Homme (première section), siégeant en une chambre composée de :

          MM.  C.L. Rozakis, président,
                   A.B. Baka,

                   B. Conforti
                   G. Bonello,
          Mme   V. Strážnická,
          MM.  P. Lorenzen,
                   E. Levits, juges

          et de M. E
. 
Fribergh, greffier de section,

Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 9 octobre 2003,

Rend l'arrêt que voici, adopté à cette date :

PROCÉDURE

1.  A l'origine de l'affaire se trouve une requête (no 31524/96) dirigée contre la République italienne et dont une société à responsabilité limitée de droit italien, la société Belvedere Alberghiera S.r.l. (« la requérante »), avait saisi la Commission européenne des Droits de l'Homme (« la Commission ») le 2 mai 1996, en vertu de l'ancien article 25 de la Convention de sauvegarde des Droits de l'Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »). La requérante alléguait une atteinte injustifiée à son droit au respect de ses biens.

Le 1er juillet 1998, la Commission a décidé de porter la requête à la connaissance du gouvernement italien (« le Gouvernement »), en l'invitant à présenter par écrit des observations sur sa recevabilité et son bien-fondé. A a suite de l'entrée en vigueur du Protocole no 11 à la Convention le 1er novembre 1998, et conformément à l'article 5 § 2 dudit Protocole, l'examen de l'affaire a été confié à la Cour. Conformément à l'article 52 § 1 du règlement de la Cour, le président de la Cour a attribué l'affaire à la deuxième section. Le 21 septembre 1999, la chambre a déclaré la requête recevable et a décidé de tenir une audience sur le fond. L'audience s'est déroulée en public le 13 janvier 2000.

2.  Par un arrêt du 30 mai 2000 (« l'arrêt au principal »), la Cour a jugé qu'il y avait eu violation de l'article 1 du Protocole no 1 au motif que la requérante avait été illégalement privée de son terrain (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie, no 31524/96, CEDH 2000-VI).

3.  En s'appuyant sur l'article 41 de la Convention, la requérante sollicitait la restitution et la remise en l'état du terrain litigieux. En outre, elle réclamait un dédommagement pour préjudice matériel, à savoir un montant d'au moins 80 000 000 lires italiennes (ITL), couvrant notamment la non-jouissance du terrain pour la période d'occupation, jusqu'à la restitution. La requérante réclamait ensuite 30 000 000 ITL au titre du préjudice moral que lui aurait causé le comportement de l'Etat. Elle demandait enfin le remboursement des frais encourus devant les juridictions nationales et le remboursement des frais exposés devant la Cour.

4.  La question de l'application de l'article 41 de la Convention ne se trouvant pas en état, la Cour l'a réservée et a invité le Gouvernement et la requérante à lui soumettre par écrit, dans les six mois, leurs observations sur ladite question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir (ibidem, § 69 et point 2 du dispositif).

5.  Le délai initialement fixé au 30 novembre 2000 pour permettre aux parties de rechercher un accord amiable a été prorogé, à la demande de celles-ci, au 30 novembre 2000, puis encore au 30 mai 2001, et il est échu sans que les parties ne soient parvenues à un accord.

6.  Réunie le 29 novembre 2001 sur l'initiative de son Président (point 3 c) du dispositif de l'arrêt au principal), la Chambre a estimé opportun d'effectuer une expertise. Elle a décidé que la tâche de l'expert consisterait à déterminer, d'une part, la valeur actuelle du terrain et la valeur de celui-ci au moment de son occupation ; d'autre part, le dommage matériel en cas de restitution du terrain (frais de remise en l'état, non-jouissance du terrain et perte de revenus à compter de la date de l'occupation) et le dommage matériel à défaut de restitution du terrain (non-jouissance du terrain et perte de revenus à compter de la date de l'occupation du terrain, dépréciation de l'immeuble dont la requérante est encore propriétaire).

7.  Par un courrier du 30 novembre 2001, la Cour a communiqué cette décision aux parties et a invité celles-ci à lui fournir le nom d'un expert choisi d'un commun accord. Par ailleurs, la Cour a précisé que les frais et honoraires d'expertise incomberaient au Gouvernement défendeur (article 38 de la Convention).

8.  Par lettres des 28 et 29 décembre 2001, la requérante et le Gouvernement respectivement ont fourni une liste de noms d'experts. Successivement, le 3 avril 2002, les parties ont indiqué les noms de trois experts sélectionnés d'un commun accord sur ladite liste.

9.  A la suite de l'indisponibilité du premier expert choisi par les parties, le 3 juillet 2002, sur instructions de la Cour, le greffe a adressé un mandat à M. Mario Dini et en a informé les parties.

Le texte du mandat se lit ainsi :

Monsieur,

J'ai l'honneur de vous informer que la Cour européenne des Droits de l'Homme a décidé de vous donner mandat, conformément aux indications des parties, afin d'expertiser un terrain ayant appartenu à la société requérante.

Conformément à la décision adoptée par la Chambre chargée d'examiner la requête, votre tâche consistera à déterminer :

-  d'une part, la valeur actuelle du terrain et la valeur de celui-ci au moment de son occupation ;

-  d'autre part, le dommage matériel :

a)  en cas de restitution du terrain (frais de remise en l'état, non-jouissance du terrain et perte de revenus à compter de la date de l'occupation)

b)  en cas de non-restitution du terrain (non-jouissance du terrain et perte de revenus à compter de la date d'occupation ; dépréciation de l'immeuble dont la société requérante est encore propriétaire).

J'ai l'honneur de vous informer que la charge finale des frais de l'expertise et de vos honoraires pèsera sur l'Etat (article 38 de la Convention).

10.  L'expert a accepté le mandat en date du 15 juillet 2002.

11.  Par un courrier du 2 août 2002, le greffe en a informé les parties en les invitant à prendre les mesures nécessaires pour que l'expert puisse accomplir sa tâche.

12.  Le 13 février 2003, l'expert a déposé son rapport ainsi que sa demande relative à ses frais et honoraires.

Dans un délai fixé au 25 mars 2003 puis prorogé à la demande de la requérante au 22 avril 2003, les parties ont eu la possibilité de faire parvenir leurs commentaires. Seule la requérante a fait parvenir ses commentaires en date du 19 avril 2003.

13.  Le 1er novembre 2001, la Cour avait entre-temps modifié la composition de ses sections (article 25 § 1 du règlement). La présente requête a cependant continué à être examinée par la chambre de l'ancienne section II telle qu'elle existait avant cette date.

EN DROIT

14.  Aux termes de l'article 41 de la Convention,

« Si la Cour déclare qu'il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d'effacer qu'imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s'il y a lieu, une satisfaction équitable. »

I.  Validité de l'expertise

15.  Les parties n'ont pas contesté la validité de l'expertise.

16.  La Cour tient pour valide le rapport de l'expert et le prend en considération pour rendre sa décision.

II.  Dommage

A.  Dommage matériel

1.  Résumé de l'expertise et des conclusions de l'expert

17.  Long de trente pages, le rapport d'expertise contient une estimation de la valeur du terrain litigieux au 22 juin 1987, au moment de son occupation, et en décembre 2002, lorsque l'expertise a été effectuée. Ensuite figurent l'estimation du dommage matériel pour le cas où le terrain serait ensuite restitué et l'estimation du dommage matériel pour le cas où le terrain ne serait pas restitué.

L'estimation de l'expert porte sur une étendue de 1 375 mètres carrés, figurant au cadastre de la ville de Monte Argentario, à la parcelle 22, feuille 15.

Pour rédiger son rapport, l'expert s'est fondé sur des documents fournis par la ville de Monte Argentario, sur des éléments apportés par la requérante ainsi que sur des renseignements provenant du marché immobilier et du marché hôtelier. Il a en outre tenu compte de l'évolution du taux d'inflation et des prix pendant la période concernée.

18.  L'expert a constaté qu'à la suite de l'occupation du terrain litigieux, l'hôtel dont la requérante est propriétaire avait perdu l'accès direct à la mer. Il s'agit d'un hôtel trois étoiles, avec douze chambres.

19.  En premier lieu, l'expert a évalué le terrain. Selon lui, la valeur vénale du terrain en 1987, au moment de son occupation, était de 82 500 000 ITL, à savoir 41 833 EUR.

La valeur vénale du terrain au 31 décembre 2002, lors de l'expertise, était de 71 013 EUR.

20.  L'expert s'est ensuite penché sur l'évaluation du préjudice matériel pour le cas où le terrain serait restitué. A cet égard, il a estimé que les frais de remise en l'état s'élèveraient à 11 362 EUR.

Ensuite, l'expert a calculé que la privation de jouissance du terrain jusqu'en décembre 2002 avait causé un dommage à hauteur de 76 431 EUR.

Elle avait aussi entraîné un manque à gagner dans l'activité hôtelière, qui, jusqu'en 2002, s'élevait à 169 266 EUR.

21.  L'expert a procédé enfin à l'estimation du préjudice matériel en cas de non-restitution du terrain. En plus de la valeur vénale de ce dernier, du dommage découlant de la privation de jouissance jusqu'au décembre 2002 et du manque à gagner dans l'activité hôtelière jusqu'en 2002, l'expert a pris en compte le dommage matériel futur, dans l'hypothèse où la situation actuelle deviendrait permanente.

A ces fins, l'expert a estimé que, pour les trente prochaines années, le futur manque à gagner dans l'activité hôtelière s'élève à 218 832 EUR.

En outre, la dépréciation de l'immeuble revient à 228 149 EUR.

22.  Pour résumer les conclusions de l'expert :
 

Dommage matériel en cas 
de restitution du terrain en 2003:

Non-jouissance du terrain jusqu'en 2002


76 431 EUR

 

Manque à gagner jusqu'en 2002

169 266 EUR

 

Frais de remise en l'état

11 362 EUR

 

Total : 257 059 EUR

Dommage matériel à défaut 
de  restitution du terrain :

Valeur vénale du terrain en 2002

71 013 EUR

 

Manque à gagner jusqu'en 2002 (169 266 EUR) + manque à gagner futur (218 832 EUR)

 

Non-jouissance du terrain jusqu'en 2002 (76 431 EUR) + dépréciation de l'immeuble (228 149 EUR)

 

Total : 763 691 EUR

2.  Arguments du Gouvernement

23.  Le Gouvernement n'a pas fait de commentaires sur les conclusions de l'expert.

24.  Avant que l'expertise ne soit ordonnée par la Cour (voir l'arrêt sur le fond §§ 66-68), le Gouvernement avait déclaré que la restitution du terrain était impossible pour les raisons indiquées par le Conseil d'Etat, à savoir l'application par ce dernier du principe de l'expropriation indirecte. Le Gouvernement soutenait également que la restitution du terrain sortait du champ d'application de l'article 41 de la Convention.

Le Gouvernement soutenait en outre que l'action en dommages intérêts que la requérante avait la faculté d'introduire devant les juridictions italiennes pourrait compenser la violation alléguée. De ce fait, le Gouvernement prétendait qu'aucune somme ne saurait être accordée à ce titre, étant donné que la requérante pouvait encore demander des dommages intérêts devant les juridictions nationales.

3.  Arguments de la requérante

25.  La requérante sollicite la restitution et la remise en l'état du terrain litigieux, mesures qui constituent selon elle la seule manière apte à remédier à la violation alléguée, puisqu'elle permettrait de rétablir la situation telle qu'elle existait avant que la violation de l'article 1 du Protocole no 1 ne survînt. Elle rappelle que le droit à la restitution découle de la res judicata administrative.

26.  La requérante se déclare satisfaite des conclusions tirées par l'expert quant au dommage matériel en cas de restitution du terrain.

27.  Elle conteste cependant l'évaluation de l'expert à défaut de restitution du terrain. A cet égard, la requérante estime que la Cour devrait condamner l'Etat à un dédommagement exemplaire et punitif, s'élevant au moins au double du montant calculé par l'expert.

4.  Décision de la Cour

28.  La Cour rappelle qu'un arrêt constatant une violation entraîne pour l'Etat défendeur l'obligation de mettre un terme à la violation et d'en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).

29.  Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d'appréciation quant aux modalités d'exécution d'un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l'obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis (article 1). Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l'Etat défendeur de la réaliser, la Cour n'ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l'accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu'imparfaitement d'effacer les conséquences de la violation, l'article 41 habilite la Cour à accorder, s'il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumarescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).

30.  Dans son arrêt au principal, la Cour a dit que l'ingérence litigieuse ne satisfaisait pas à la condition de légalité (paragraphes 61-63 de l'arrêt au principal). L'acte du gouvernement italien que la Cour a tenu pour contraire à la Convention n'était pas une expropriation qui eût été légitime si une indemnisation avait été versée ; au contraire, elle était une mainmise de l'Etat sur le terrain de la requérante, à laquelle celle-ci n'a pu remédier (paragraphe 68 de l'arrêt au principal).

La Cour a de ce fait rejeté l'exception du Gouvernement tirée de ce que la requérante ne serait fondée de demander une satisfaction équitable puisqu'elle aurait pu demander les dommages intérêts devant les juridictions nationales (paragraphe 68 de l'arrêt au principal).

31.  Le caractère illicite de pareille dépossession se répercute par la force des choses sur les critères à employer pour déterminer la réparation due par l'Etat défendeur, les conséquences financières d'une mainmise licite ne pouvant être assimilées à celles d'une dépossession illicite (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce(satisfaction équitable) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002).

32.  La Cour a adopté une position très semblable dans l'affaire Papamichalopoulos (Papamichalopoulos c. Grèce (article 50), du 31 octobre 1995, série A no 330-B, p. 59, §§ 36 et 39). Elle y a conclu à une violation en raison d'une expropriation de fait irrégulière (occupation de terres par la marine grecque depuis 1967) qui durait depuis plus de vingt-cinq ans à la date de l'arrêt au principal rendu le 24 juin 1993.

La Cour enjoignit en conséquence à l'Etat grec de verser aux requérants, pour dommage et perte de jouissance depuis que les autorités avaient pris possession de ces terrains, la valeur actuelle de terrains augmentée de la plus value apportée par l'existence de certains bâtiments qui avaient été édifiés depuis l'occupation.

33.  Compte tenu des considérations qui précèdent, la Cour estime que dans la présente affaire la nature de la violation constatée dans l'arrêt au principal lui permet de partir du principe d'une restitutio in integrum.

34.  La Cour prend note de la position négative du Gouvernement quant à une éventuelle restitution du terrain.

A défaut de restitution du terrain, l'indemnisation à fixer en l'espèce devra, comme celle octroyée dans l'affaire Papamichalopoulos évoquée ci-dessus, et concernant des dépossessions illicites en soi, refléter l'idée d'un effacement total des conséquences de l'ingérence litigieuse. Comme c'est l'illégalité intrinsèque de la mainmise, qui a été à l'origine de la violation constatée, l'indemnisation doit nécessairement refléter la valeur pleine et entière des biens.

35.  S'agissant du dommage matériel, la Cour estime par conséquent que l'indemnité à accorder à la requérante ne se limite pas à la valeur qu'avait sa propriété à la date de l'occupation. Pour cette raison, elle a invité l'expert à estimer aussi la valeur actuelle du terrain litigieux et les autres préjudices.

36.  La Cour décide que l'Etat devra verser à l'intéressée la valeur actuelle du terrain. A ce montant s'ajoutera une somme pour la non-jouissance du terrain depuis que les autorités on pris possession du terrain en 1987 et pour la dépréciation de l'immeuble. En outre, à défaut de commentaires du Gouvernement sur l'expertise, il y a lieu d'octroyer une somme pour le manque à gagner dans l'activité hôtelière.

37.  Quant à la détermination du montant de cette indemnité, la Cour entérine les conclusions du rapport d'expertise pour l'évaluation du préjudice subi. Ce montant s'èlève à 763 691 EUR.

B.  Dommage moral

38.  La requérante réclame 30 000 EUR au titre du préjudice moral que lui aurait causé le comportement de l'Etat. A défaut de restitution du terrain, la requérante réclame une somme de 100 000 EUR.

39.  Le Gouvernement considère que le constat de violation constitue une satisfaction suffisante.

40.  Reste à savoir si la requérante peut prétendre obtenir réparation au titre d'un quelconque préjudice moral.

La Cour rappelle à cet égard que l'on ne doit pas écarter de manière générale la possibilité d'octroyer une réparation pour le préjudice moral allégué par les personnes morales ; cela dépend des circonstances de chaque espèce (Comingersoll c. Portugal[GC], no 35382/97, CEDH 2000-IV, §§ 32-35). La Cour ne peut donc exclure, au vu de sa propre jurisprudence, qu'il puisse y avoir, pour une société commerciale, un dommage autre que matériel appelant une réparation pécuniaire.

41.  Dans la présente affaire, le caractère illégal de la privation du terrain et la persistance de cette situation, a dû causer, dans le chef de Belvedere Alberghiera S.r.l. et de ses administrateurs et associés, des désagréments considérables, ne serait-ce que sur la conduite des affaires courantes de la société.

A cet égard, on peut donc estimer que la société requérante a été laissée dans une situation qui justifie l'octroi d'une indemnité.

42.  Statuant en équité, comme le veut l'article 41, la Cour alloue à la requérante 25 000 EUR.

III.  Frais et dépens

43. La requérante ne demande pas le remboursement des frais encourus devant le juridictions internes. Elle sollicite le remboursement des frais exposés devant la Cour, pour un montant global de 59 184, 44 EUR, dont 51 183, 89 EUR pour honoraires, taxe sur la valeur ajoutée (TVA) et contributions sociales (CPA) en sus.

44.  Le Gouvernement s'en remet à la sagesse de la Cour, tout en soulignant que la somme demandée est excessive.

45.  La Cour rappelle que l'allocation des frais et dépens au titre de l'article 41 présuppose que se trouvent établis dans leur réalité, leur nécessité et, de plus, le caractère raisonnable de leur taux (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) précité, § 54). En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (Van de Hurk c. Pays-Bas, arrêt du 19 avril 1994, série A no 288, § 66).

46.  La Cour ne doute pas de la nécessité des frais réclamés ni qu'ils aient été effectivement engagés à ce titre. Elle trouve cependant excessifs les honoraires revendiqués. La Cour considère dès lors qu'il n'y a lieu de les rembourser qu'en partie.

Compte tenu des circonstances de la cause, et statuant en équité comme le veut l'article 41 de la Convention, la Cour juge raisonnable d'allouer à la requérante un montant de 30 000 EUR, augmentée de TVA et CPA.

IV.  Frais d'expertise

47.  Pour ses honoraires et les frais relatifs à la réalisation de l'expertise, l'expert signataire du rapport demande un montant global de 10 000 EUR. Son calcul tient compte du travail d'estimation lui-même ainsi que des visites sur les lieux.

48.  Le Gouvernement n'a pas fait de commentaires à cet égard.

49.  La requérante ne se prononce pas non plus à ce sujet.

50.  La Cour rappelle d'abord que l'octroi d'indemnité relève de son pouvoir discretionnaire et qu'il lui appartient de juger si telle indemnité est nécessaire ou appropriée. La rémunération de l'expert s'analyse en l'occurrence en des frais liés à la réalisation d'une expertise que la Cour a jugée indispensable afin de donner à la requérante la possibilité d'obtenir l'effacement de la violation relevée par l'arrêt au principal.

Sur les instructions de la Chambre, le greffier a du reste informé le Gouvernement et l'expert que les frais et honoraires relatifs à l'expertise incomberaient en définitive à l'Etat défendeur (voir § 7).

51.  La Cour ne doute pas de la réalité et de la nécessité des opérations que l'expert a accomplies pour s'acquitter au mieux de sa tâche. Elle estime ensuite que la somme réclamée est raisonnable. La Cour décide, en conséquence, d'accorder l'intégralité de cette somme, à savoir 10 000 EUR.

V.  Intérêts moratoires

52.  La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d'intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.

PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L'UNANIMITÉ,

1.  Dit,

a)  que l'expertise est valide ;

b)  que l'Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l'arrêt sera devenu définitif conformément à l'article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :

i.  763 691 EUR (sept cent soixante-trois mille six cent quatre-vingt-onze euros) pour dommage matériel ;

ii.  25 000 EUR (vingt-cinq mille euros) pour dommage moral ;

iii.  30 000 EUR (trente mille euros) pour frais et dépens, plus TVA et CPA ;

iv.  tout montant pouvant être dû à titre d'impôt sur lesdites sommes ;

c)  que l'Etat défendeur doit verser à l'expert, M. Dini, dans les trois mois, 10 000 EUR (dix mille euros) ;

d) qu'à compter de l'expiration dudit délai et jusqu'au versement, ces montants seront à majorer d'un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

 

2.  Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.

Fait en français, puis communiqué par écrit le 30 octobre 2003 en application de l'article 77 §§ 2 et 3 du règlement.

   Erik Fribergh                                                                      Christos Rozakis
         Greffier                                                                                  Président

Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l'exposé de l'opinion concordante de M. Lorenzen.

 

C.R.
E.F.

 

CONCURRING OPINION OF JUDGE LORENZEN

I have voted for the unanimous decision on the just satisfaction to be granted to the applicant under Article 41 of the Convention, but only with great hesitations concerning the pecuniary damage. The reasons for my hesitations are the following:

 

When calculating the compensation for pecuniary damage it should be borne in mind that the illegal occupation concerned a rather small area (1,375 square metres) which the applicant acquired two years before the occupation. The value of the area has been estimated by the expert to be EUR 41,833 at the time of the occupation and EUR 71,013 by the end of 2002. The particular interest of the applicant in the area seems to be linked to the fact that it gave direct access to a private beach and thus could generate higher rates for the applicant´s hotel rooms - estimated by the expert to an increased turnover of 15%. According to the information in the expert´s report the annual turnover of the applicant´s hotel with now 12 rooms did not in any year between 1987 and 2002 exceed EUR 121,000 and the average for this period amounted to around EUR 81,000.

 

Based on these facts I have difficulties in accepting that the compensation for pecuniary damage can be calculated as EUR 763,691. In particular, it is in my opinion excessive to grant the applicant compensation for loss of earnings for a period of no less than 45 years (1987-2032) calculated in total as EUR 388,098. I find no basis in the Court's case-law for compensating loss of earnings for such a lengthy period, even in case of illegal occupations. Moreover it appears from the expert's report that the calculation for the last 30 years' period was not considered to be covered by the Court's request, but was made only on a proposal from the applicant's expert. Furthermore I have doubts whether it is reasonable in the circumstances of the case to grant at the same time compensation for loss of earnings and ”lack of enjoyment of the land” calculated to EUR 76,431.

 

However, as the Government have not contested the conclusions of the expert, I have finally agreed to grant the sum for pecuniary damage in full. The purpose of this concurring opinion is mainly to indicate that the principles used in this case for calculating the pecuniary damage should not set a precedent for future similar cases.