sentenza 3 luglio 2003

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) sentenza del 3 luglio 2003, Buffalo s.r.l.   contro Italia , ricorso n. 38746/1997. Ritardo ultraquinquennale nel rimborso dei crediti d’imposta pacificamente dovuto al contribuente. Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n.1 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Ingerenza nel diritto al rispetto dei beni. Sussistenza.

 

Il ritardo ultraquinquennale nel rimborso dei crediti d’imposta (pacificamente dovuto al contribuente), specie se di rilevante importo, pone  il contribuente in una situazione  di totale incertezza che aggrava la sua perdita finanziaria e ciò  infrange il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui, segnatamente il diritto al rispetto dei beni garantito dall’articolo 1 del Protocollo n° 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO (Strasburgo) , sez. I, Presidente Rozakis, sentenza del 3 luglio 2003, Buffalo s.r.l.   contro Italia , ricorso n. 38746/1997. 

 (traduzione  non ufficiale a cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

 nella rivista “il fisco” (anno 2003, n. 36, II, pag. 5579) Editoriale Tributaria Italiana. De Agostini Professionale.

 

NEL CASO BUFFALO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE CONTRO ITALIA,

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo (prima sezione), riunitasi in una camera composta da: C.L. Rozakis, Presidente,             B. Conforti, G. Bonello,   F. Tulkens,    E. Levits, S. Botoucharova, A. KovlerGiudici, e da S. Nielsen, cancelliere aggiunto di sezione.

Dopo averla deliberata in camera di consiglio il 12 giugno 2003,
rende la seguente sentenza, adottata in questa data.


PROCEDURA

1§ All’origine del caso vi è un ricorso (n°38746/97) diretto contro la Repubblica italiana, con il quale una società con sede in questo Stato, la società Buffalo s.r.l. in liquidazione (“la ricorrente”),  aveva adito la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (“la Commissione”) il 24 giugno 1997, in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).

2§ La ricorrente è rappresentata davanti alla Corte dall’ avvocato  Fabrizio Colombo del foro di Milano. Il Governo Italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, Signor Ivo Maria Braguglia e dal suo coagente, Signor Francesco Crisafulli.


3§ La ricorrente denunciava segnatamente che i ritardi nel rimborso dei suoi crediti d’imposta da parte dell’amministrazione delle finanze avevano    violato il suo diritto al rispetto dei beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo n°1.

 

4§ Il ricorso è stato trasmesso alla Corte il 1° novembre 1998, data dell’entrata in vigore del protocollo n°11 della Convenzione (articolo 5 § 2 del Protocollo n°11).
Il ricorso è stato assegnato alla vecchia seconda  sezione della Corte (articolo 52 § 1 del Regolamento). In seno a questa, la Camera incaricata di esaminare il caso (articolo 27 § 1 della Convenzione) è stata costituita conformemente all’articolo 26 § 1 del Regolamento.

 

5§  Con una decisione del  26 ottobre 2000, la Camera ha dichiarato il ricorso parzialmente ricevibile (articolo 54 § 4 del Regolamento).

6§  Sia la ricorrente che il Governo hanno depositato osservazioni scritte sul merito del caso (articolo 59 § 1 del Regolamento). Dopo avere consultato le parti, la Camera ha deciso che non era necessario tenere un’udienza dedicata al merito del caso (articolo 59 § 3 in fine del Regolamento), e  le parti hanno ciascuna depositato delle repliche scritte sulle reciproche osservazioni .

.
7§ Il 1°novembre 2001, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 § 1 del Regolamento). Il presente ricorso è stato assegnato alla nuova prima sezione
 (articolo  52 § 1).


IN FATTO


I. LE CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE

8§   La società ricorrente ha cessato la sua  attività  nel  1994 ed è iscritta nel  registro delle  società in liquidazione volontaria a decorrere dal  19 dicembre 1994.

 SEQ level0 \*arabic 1.  La ricorrente è stata titolare di crediti d'imposta verso lo Stato. Il  Governo convenuto ha fornito il seguente prospetto, il cui contenuto non è stato contestato dalla  ricorrente :

 

anno

credito (ITL)

data del  rimborso

ammontare rimborsato (ITL)

1985

50.317.0000

07.1998

44.582.000 capitale

38.115.000 interessi

 

1986

65.869.000

07.1997

65.869.000 capitale

39.521.000 interessi

 

1987

27.800.000

09.1996

27.800.000 capitale

15.846.000 interessi

1987

111.199.000

02.1998

111.199.000 capitale

48.928.000 interessi

1988

69.437.000

07.1997

54.313.000 capitale

22.812.000 interessi

1989

146.609.000

12.1998

146.591.000 capitale

76.960.000 interessi

1990

400.125.000

09.2000

400.110.000 capitale

214.064.500 interessi

1991

255.016.000

12.1998

255.016.000 capitale

87.981.000 interessi

 

Nel  1994, la società ricorrente domandò per l'anno 1992 il rimborso di un credito d'imposta di 89.747.000 ITL. A quell’epoca, questa somma non è stata versata  dall'amministrazione finanziaria.

10§ In tale periodo, la ricorrente si è  rivolta alle banche per ottenere dei finanziamenti fino alla  concorrenza di 550 milioni ITL. Poi, essa ha ottenuto dei finanziamenti da parte di  privati. La ricorrente ha infine ceduto une parte dei crediti in contestazione, fino alla  concorrenza di 400 milioni ITL, ad una società di factoring.

Queste operazioni hanno comportato delle spese a carico della società ricorrente. Inoltre, la ricorrente ha pagato  degli interessi debitori sui finanziamenti ottenuti che sono stati in media superiori al  tasso d'interesse pagato  dallo Stato sull’ ammontare dei crediti d'imposta  rimborsati.

11§. I ritardi nel  rimborso dei crediti hanno  ritardato le operazioni di liquidazione della ricorrente per la ragione che quest’ultima è responsabile verso la società di factoring del rimborso dei finanziamenti ottenuti.

12§.  Per quanto  concerne i crediti riguardanti gli anni  1986, 1987, 1988 e 1989, la società ricorrente, in data  29 settembre 1994, optò per il  rimborso siccome previsto dal decreto ministeriale no 307 del 23 maggio 1994. Quest’ultimo prevede un rimborso del 20 % in contanti e dell’ 80 % in titoli di Stato.

13§.  Per tutto il periodo di attesa dei rimborsi, per effetto della legislazione fiscale, la ricorrente ha dovuto pagare delle imposte sugli interessi relativi all’ammontare non ancora incassato, che sono considerati come dei redditi imponibili.

 

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

 

14§ . In Italia, le società sono tenute a versare allo Stato degli acconti sulle  imposte dovute sui redditi. Ogni  anno, al  momento di presentare la dichiarazione dei redditi, il contribuente calcola l’ammontare imponibile dei redditi effettivi  dell'anno precedente. Può accadere che le somme prelevate dall'amministrazione a titolo di acconto siano superiori all’ammontare dell’imposta dovuta e che il contribuente divenga così titolare di un credito d'imposta verso lo Stato.

15§. Quando si tratta di un credito d'imposta sul reddito, l'amministrazione è tenuta a procedere d'ufficio al rimborso del credito, valendo la dichiarazione dei redditi come domanda di rimborso (articolo  41 del decreto del Presidente della Repubblica (DPR) no602 del 1973).

17§.  Quando si tratta invece di un ammontare indebitamente pagato dal contribuente, e di cui questi desidera la restituzione, gli articoli 37 e 38 del DPR no 602 del 1973 dispongono segnatamente che in caso di errore materiale, di duplicazione o d'inesistenza totale o parziale dell'obbligazione fiscale del versamento, l'interessato deve presentare una domanda di rimborso presso  l'amministrazione fiscale. Queste stesse disposizioni disciplinano che in assenza di risposta , entro un termine di 90 giorni a partire dal deposito della domanda, il contribuente può adire le Commissioni tributarie, essendo considerata l'assenza di risposta dell'amministrazione come un rifiuto.

17§ .  L'articolo  36 bis del DPR no 600/1973, in vigore durante il periodo in oggetto, prevedeva che l'amministrazione fiscale era  tenuta a  rimborsare i crediti d'imposta  risultanti dalla differenza tra la somma dovuta e quella prelevata in eccesso prima del 31 dicembre dell'anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Questo articolo  è stato sostituito dal decreto legislativo (D.LGS) del 9 luglio 1997 no 241, applicabile alle dichiarazioni presentate dopo il 1° gennaio 1999. Questo decreto prevede che l'amministrazione fiscale è tenuta a  rimborsare il credito d'imposta « entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo ».

18§ .  Al fine di effettuare questi rimborsi, l'amministrazione forma  una lista dei contribuenti che hanno diritto al rimborso, verifica l’ ammontare da rimborsare e procede all'emissione dei mandati di pagamento. Questi ultimi sono comunicati agli interessati.

19§. Il DPR no 787 del 1980 prevede la possibilità per il contribuente di presentare  un ricorso per contestare l’ ammontare delle somme che gli sono state rimborsate dall'amministrazione fiscale.

20§ .  La procedura fiscale è attualmente disciplinata dai decreti legislativi (D.LGS) no 545 e no 546 del 1992, che sono entrati in vigore nel  1996. La procedura si svolge davanti a due gradi di merito (Commissione fiscale provinciale Commissione fiscale regionale) e poi davanti alla Corte di Cassazione. Prima dell'entrata in vigore dei  predetti decreti,  esisteva  una terza istanza sul merito (Commissione fiscale centrale).

Ai sensi  dell'articolo  69 del D.LGS no 546 del1992, quando l'amministrazione è condannata al rimborso d'una somma in favore del contribuente, la relativa decisione non diventa esecutiva che dopo il suo passaggio in giudicato.

Sulla base d'una decisione favorevole divenuta definitiva, quando l'amministrazione non procede  al pagamento, il contribuente può introdurre un ricorso in  ottemperanza davanti le Commissioni fiscali, ai sensi dell'articolo  70 del D.LGS no 546 del 1992. Se  il  ricorso è accolto, la Commissione fiscale adotta le misure necessarie per l'esecuzione della decisione  sostituendosi all'amministrazione oppure nomina un commissario ad acta.

21§ . Il DPR no 602 del 1973 prevede che al momento del rimborso del credito d'imposta sui  redditi, l'amministrazione deve  versare al contribuente degli  interessi sulle somme rimborsate. Si tratta di interessi semplici e non di d'interessi composti. Ciò  significa che ogni anno, l'interesse è  calcolato  sull’ ammontare di base, senza tener conto  degli  interessi applicati negli  anni  precedenti. Gli  interessi non sono calcolati per il primo e l’ultimo semestre. Il  tasso d'interesse, inizialmente fissato nella misura del 6 % per semestre, è stato successivamente modificato. I  tassi d'interesse  applicati  sui crediti d'imposta sono i seguenti :

-  6 % per semestre (12 % per anno), fino al  dicembre 1987 ;

-  4,5 % per semestre (9 % per anno), a decorrere dal 1° gennaio 1988 ;

-  3 % per semestre (6 % per anno), a decorrere dal 1° gennaio 1994 ;

-  2,5 % per semestre (5 % per anno), a decorrere dal 1° gennaio 1997 ;

-  1,25 % per semestre (2,5 % per anno), a decorrere dal 1° gennaio 1999.

22§.  L'inflazione in Italia globalmente calcolata nel periodo che va dal 1986 al  2000 è stata del 78,1 %.

23§ .  Ai sensi della legge no 516 del 7 agosto 1982, in vigore al momento dei fatti, le dichiarazioni dei redditi che contenevano false indicazioni sui redditi erano  considerate delle  infrazioni penali. Questa materia è stata successivamente oggetto di un processo di depenalizzazione.

 

IN DIRITTO

 

I. SULLA DENUNCIATA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N 1

 

24§  Denunciando il ritardo dell'amministrazione nel  pagamento dei crediti d'imposta, la ricorrente si dichiara  vittima di una  la violazione dell’articolo 1, del Protocollo N.1 alla Convenzione così formulato:

 

<<Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

 

Le disposizioni precedenti non arrecano pregiudizio al diritto degli stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende>>.

 

A.  Sull'eccezione preliminare del Governo

25§. Il  Governo solleva  una eccezione fondata sul non esaurimento delle vie di ricorso interne. Egli sostiene che  la ricorrente avrebbe potuto presentare una domanda di rimborso presso l'amministrazione fiscale ed impugnare l'eventuale assenza di risposta dell'amministrazione con un ricorso davanti alle Commissioni tributarie.

26§ .  La Corte nota che il Governo ha già  sollevato  questa eccezione nella fase dell’esame iniziale della ricevibilità e che questa è stata respinta. La Corte rileva che il Governo fonda la sua  eccezione sugli stessi argomenti.

Di  conseguenza, la Corte non ravvisa le ragioni di allontanarsi da questa conclusione .

B.  Sulla fondatezza della doglianza

Sull'applicabilità dell'articolo  1 del Protocollo no 1

27§  SEQ level0 \*arabic 2.  La ricorrente denuncia i ritardi  nel rimborso dei crediti d'imposta  e sostiene che questa situazione rileva per l'articolo  1 del Protocollo no 1.

28§.  La Corte rileva che Governo non  contesta l'applicabilità di questa disposizione nel caso di specie.

Comunque, essa nota che nel diritto italiano, l'amministrazione è tenuta a procedere d'ufficio al rimborso d'un credito d'imposta sui redditi, dopo il ricevimento della dichiarazione dei redditi che equivale a domanda di rimborso. Nessun termine perentorio per rimborsare è previsto. Solo al momento in cui l'amministrazione comunica all'interessato che il rimborso è imminente, questi conosce  l’ammontare preciso che andrà ad incassare. Certamente è possibile che , a causa d'un errore di calcolo da parte dell'interessato, vi sia una differenza tra la somma a cui questi credeva di aver diritto, secondo i suoi  calcoli, e quella che gli è riconosciuta. Questo elemento non potrebbe tuttavia indurre la Corte a concludere che, durante tutto il periodo d'attesa del rimborso, la situazione denunciata dalla ricorrente non fosse rilevante ai fini dell'articolo  1 del Protocollo no 1, allorquando  le circostanze del caso, considerate nel loro insieme, hanno reso la ricorrente titolare d'un interesse  sostanziale  protetto da questa disposizione.

29§ . In conclusione , la Corte reputa che la ricorrente era titolare d'un interesse patrimoniale riconosciuto nel diritto italiano, anche se modificabile in certe condizioni, dopo il ricevimento da parte dell'amministrazione fiscale della dichiarazione de redditi e fino al momento in cui il rimborso è stato effettuato. L'interesse della ricorrente costituiva pertanto un « bene », ai sensi dell'articolo  1 del Protocollo no 1 (Beyeler c. Italia, [GC], no. 33202/96, § 105 CEDU 2000 -I ; Dangeville c. Francia, no 36677/97, § 48, 16 aprile 2002).

30§ Trattando della norma dell’articolo 1 del Protocollo n° 1, applicabile alla fattispecie, la Corte ricorda che questa disposizione contiene tre norme distinte: <<la prima, è espressa nella prima frase del primo comma e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso comma, concerne la privazione della proprietà e la sottomette a determinate condizioni; quanto alla terza, espressa nel secondo comma, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra gli altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. (...). Non si tratta di regole sprovviste di rapporto tra loro. La seconda e la terza, che sono tratte da esempi particolari di violazione del diritto di proprietà. , devono interpretarsi alla luce del principio consacrato nella prima>> (vedi tra le altre, la sentenza James ed altri  c. Regno-Unito del 21 febbraio 1986, serie A no 98, pp. 29-30, § 37,  che  riprende in parte i termini del ragionamento che la Corte ha sviluppato nelle sue sentenze Sporrong e Lönnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie A n°52, p. 26, § 61; vedi anche le sentenze Les saints monastères c. Grecia  del  9 dicembre 1994, serie A no 301-A, p. 31, § 56, e Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 55, CEDU 1999-II).

31§.  Agli occhi della Corte è il ritardo nei  rimborsi che  costituisce l'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni della ricorrente. L'ingerenza in  causa non si potrebbe dunque assimilare ad una privazione di proprietà, ai sensi della seconda frase del primo comma dell'articolo  1 del Protocollo no 1. La situazione in contestazione rileva anche dalla prima frase dello stesso comma, che  enuncia, in  maniera generale, il principio del rispetto dei beni (Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri  c. Portogallo, no 29813/96 e no 30229/96, § 48, CEDU 2000-I)

Sull'osservanza  dell'articolo  1 del Protocollo no 1

32§.  La Corte ricorda che l'imposizione fiscale è in via di principio una ingerenza nel  diritto garantito dal  primo  comma dell'articolo  1 del Protocollo no 1 e che questa ingerenza si giustifica, conformemente al secondo comma di questo  articolo , che prevede espressamente una eccezione per quanto riguarda il pagamento delle imposte  o di altri contributi (Travers ed  altri c. Italia,  no 15117/89, decisione della Commissione del 16 gennaio 1995).

La Corte osserva tuttavia che nella specie si tratta di rimborso di crediti da parte dello Stato e reputa che una simile questione non si sottragga ad  un controllo della Corte.

Ai fini  della prima frase del primo  comma dell'articolo  1 del Protocollo no 1, la Corte deve indagare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra  le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui (Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri , precitata, § 49 ; Sporrong et Lönnroth, precitata, § 69) ). Per conseguenza, l'obbligazione finanziaria sorta dal prelevamento d'imposta  o da contribuzioni può ledere la  garanzia consacrata da questa disposizione se essa  impone alla  persona o alla entità in causa une carico eccessivo o porta fondamentalmente lesione alla loro situazione finanziaria (Ferretti c. Italia, no 25083/94, decisione della Commissione del 26 febbraio  1997, non pubblicata).

33§ .  Per la ricorrente,  il « giusto equilibrio » non è stato rispettato. Essa sottolinea innanzitutto che gli interessi pagati dall’amministrazione sono  insufficienti e non  compensano l'importante ritardo con cui il pagamento avviene. A tal riguardo, essa deduce che l'indisponibilità di somme rilevanti durante un lungo periodo l'ha costretta a reperire dei finanziamenti, attraverso la sottoscrizione di prestiti o di contratti di factoring.  Per conseguenza, essa ha  dovuto sopportare delle  spese che non sono compensate dagli  interessi applicati dall’amministrazione sulle somme rimborsate.

Inoltre, la ricorrente osserva che, conformemente al diritto fiscale, essa ha  dovuto pagare delle imposte  sui crediti  non ancora incassati. Infine, la ricorrente sostiene di non aver potuto concludere le operazioni di liquidazione fino al  momento in cui ella avesse incassato l’ultimo credito.

34§. Il Governo sostiene che  la situazione denunciata dalla ricorrente è compatibile con l'articolo  1 del Protocollo no 1 poiché essa attiene ad un terreno - la materia fiscale – dove le prerogative degli  Stati sono riconosciute. In ogni caso, secondo il   Governo non c’è stata rottura del « giusto equilibrio » per il fatto della semplice durata dei termini di rimborso. A tal riguardo il Governo osserva che  l'amministrazione fiscale procede ai rimborsi dei crediti d'imposta nelle  forme e nei limiti della disponibilità di bilancio siccome deriva dalle politiche  decise dalle istituzioni dello Stato.

Il  Governo ha indicato che è in corso un programma volto all'eliminazione dell’arretrato nei rimborsi, elaborato dal Ministero delle Finanze. Egli si riferisce peraltro ad altre misure tendenti ad eliminare gli inconvenienti derivanti dal ritardo accumulato, nel passato, dall'amministrazione fiscale nel rimborso dei crediti d'imposta  e segnatamente in ragione  del decreto ministeriale no 307 del 1994, che  permette al contribuente d'ottenere l’80 % del  credito in titoli di Stato.

Il  Governo sostiene ancora che la ricorrente non sarebbe stata obbligata a prolungare la fase della  liquidazione se non avesse deciso di cedere i suoi crediti a dei terzi, anche se ciò è comunque autorizzato dalla legge.

Egli fa  infine osservare che se la società ha avuto bisogno di fare ricorso a dei finanziamenti ed ha dovuto per conseguenza pagare degli  interessi debitori molto elevati, questo deve essere considerato  come la conseguenza della gestione finanziaria della ricorrente e non potrebbe essere imputato all'amministrazione fiscale.

 

I.  LE CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE

35§.  La Corte osserva che l'adozione del sistema dell'acconto d'imposta si fonda  principalmente sulla cura di combattere in maniera efficace il  fenomeno dell'evasione fiscale. E’ vero che questo sistema fa gravare sui contribuenti un carico importante, che  sembra  aggravato dal ritardo delle autorità fiscali nel  rimborso del  credito d'imposta.

36§.  Al fine di valutare se un tale  « giusto equilibrio » è stato mantenuto tra i diversi interessi in causa, la Corte deve tener conto delle modalità  di rimborso previste dalla legislazione nazionale e  la maniera in cui esse sono state applicate  nel caso della ricorrente (vedere, mutatis mutandis, Aka c. Turchia, no 9639/92, § 45, CEDU 1998-VI).

A tal riguardo, la Corte constata che nella fattispecie, la durata  dei rimborsi varia tra i  cinque ed i dieci anni. E’ innegabile che il lasso di tempo in questione è imputabile allo Stato, senza che i limiti della disponibilità di bilancio siccome risultanti dalle politiche decise dalle istituzioni possano giustificare una   durata come quella di cui è causa.

37§ .  La Corte reputa che, nella fattispecie, il ritardo da  parte dell'amministrazione fiscale non  può essere considerato di primo acchito essere stato compensato dal versamento d'interessi, anche se questi sembrano non essere inferiori al tasso d'inflazione, soprattutto se si consideri che si tratta di interessi semplici e non anche di d'interessi composti.

In effetti, stante l'importanza delle  somme in contestazione, la Corte considera che  l'indisponibilità prolungata  di queste somme  ha avuto un sicuro  e considerevole impatto sulla situazione finanziaria della ricorrente. A questo proposito, la Corte sottolinea che un ritardo anormalmente lungo nel pagamento di un credito ha per conseguenza l’aggravamento della perdita  finanziaria del creditore e lo pone in una situazione d'incertezza (vedere, mutatis mutandis, Aka, precitata, § 49).

38§.  La Corte reputa che, nella fattispecie, il ritardo dell'amministrazione nel  rimborso dei crediti d'imposta ha provocato  una situazione d'incertezza che ha gravato sulla ricorrente durante un lasso di tempo che non si potrebbe qualificare come ragionevole.

Inoltre, la ricorrente non aveva  alcuna possibilità di porre rimedio a  questa situazione (§§ 25-26).

39§.  La Corte reputa che la lesione arrecata ai « beni » della ricorrente ha rivestito  un carattere sproporzionato. In effetti, l'impatto finanziario causato dall’attesa dei rimborsi, raddoppiato per l'inesistenza di ogni ricorso efficace suscettibile di porre rimedio alla durata  di questa attesa, e per l'incertezza quanto al momento della liquidazione dei crediti, ha rotto il  giusto equilibrio che deve sussistere tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui, segnatamente il diritto al rispetto dei beni (mutatis mutandis, Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri, precitata, § 54).

40§.  In conclusione , vi è stata violazione de l'articolo  1 del Protocollo no 1.

II.  SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO  41 DELLA CONVENZIONE

41§. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

   <<Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda,se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa >>.

  A. Danno

 

42§. Per quanto riguarda il danno materiale, la ricorrente reclama la riparazione del danno risultante dall'indisponibilità prolungata delle somme dovute dall'amministrazione. Essa considera che  questa situazione  la equipara ad una banca che fa un prestito allo Stato e reclama in  primo luogo la differenza tra gli interessi che essa ha percepito al momento del rimborso e gli  interessi che avrebbe percepito se avesse  negoziato gli  interessi con  lo Stato debitore.

Richiamando il tasso di base applicato dalle banche italiane, cioè l’ 8 %, la ricorrente sollecita a questo titolo il pagamento di almeno 1.138.908.000 ITL, somma calcolata  applicando  l'interesse che una banca riserva ai suoi  migliori clienti (« prime rate »).

43§. In secondo luogo, la ricorrente reclama la riparazione del pregiudizio  risultante dalle ripercussioni  sulla sua stessa attività e su quella delle sue società controllate. A questo titolo , essa richiede  una somma globale di 8.462.520.234 ITL.

44§  Poi , la ricorrente sollecita il  versamento di 101.428.000 ITL corrispondente alle spese sostenute per il fatto dell’impossibilità di porre fine alle operazioni di liquidazione.

45§. Infine, la ricorrente sollecita la riparazione del pregiudizio derivante dal prelievo d'imposta sui  crediti non ancore incassati  e reclama una somma di almeno  372.209.000 ITL.

46§.  Ne risulta che a titolo di danno materiale, la ricorrente sollecita une somma globale di 10.075.065.234 ITL, cioè  5.203.336, 95(cinquemilioni duecentotremila trecentotrentasei) euro (EUR).

47§.  La ricorrente reclama inoltre  la riparazione del danno morale, per cui si rimette alla saggezza della Corte.

48§.  La ricorrente non chiede alcuna somma a titolo di  rimborso delle  spese sostenute nella procedura a  Strasburgo.

49§. Il Governo fa osservare che  la ricorrente non ha  provato  l'esistenza del danno materiale e che , neppure, ha stabilito il nesso di causalità tra la violazione lamentata ed il pregiudizio che pretende di aver sofferto.

A tal riguardo, il Governo sostiene  che  se la ricorrente ha dovuto ricorrere a dei finanziamenti ed ha dovuto di conseguenza pagare degli interessi debitori elevati, ciò deve essere considerato come la conseguenza della gestione finanziaria della società ricorrente e non deve essere considerato come un danno morale, il Governo rileva che ciò non ascrivibile all'amministrazione fiscale.

Il  Governo indica inoltre che  la ricorrente era  obbligata a prolungare  la fase di liquidazione unicamente perché essa ha ceduto i suoi crediti d'imposta a dei terzi, cosa che è peraltro consentita dalla legge.

50§. Il  Governo sostiene  infine  che  la ricorrente non è abilitata a reclamare la riparazione di un pregiudizio morale poiché si tratta di una società commerciale.

51§.  La Corte reputa che  la questione dell'applicazione dell'articolo  41 della Convenzione non è matura per la decisione, di talché si deve riservarla all’esito di un eventuale accordo tra lo Stato convenuto e l'interessata (articolo  75 §§ 1 e 4 del Regolamento)

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITA’,

1.  Rigetta l'eccezione preliminare del Governo ;

 

2.  Dichiara  che vi è stata violazione dell'articolo  1 del Protocollo no 1 della Convenzione ;

 

3.   Dichiara  che  la questione dell'applicazione dell'articolo  41 della Convenzione non è matura per la decisione ;

 

4.  Di  conseguenza,

a)  la riserva integralmente ;

b)  invita il  Governo e la ricorrente a sottoporle per iscritto, entro tre mesi, le loro  osservazioni su questa questione e segnatamente ad informarla di ogni accordo a cui fossero giunti ;

c)  riserva la procedura ulteriore ed affida al Presidente della Camera la cura di fissarla all’occorrenza.

Redatta in  francese, poi  comunicata per iscritto il 3 luglio 2003 in applicazione dell'articolo  77 §§ 2 e 3 del Regolamento.