sentenza 16 maggio 2003

Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza del 16 maggio 2003  n. 7724 sulla competenza territoriale nell'ipotesi di proposizione della domanda di riconoscimento del diritto ad un'equa riparazione ai sensi della Legge 89/01 conseguente all'eccessiva durata di un procedimento davanti al giudice amministrativo .

   

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Angelo GRIECO     - Presidente -
Dott. Alessandro CRISCUOLO     - Rel. Consigliere -
Dott. Donato PLENTEDA     - Consigliere -  
Dott. Giuseppe Maria BERRUTI     - Consigliere -
Dott. Renato RORDORF     - Consigliere -   

ha pronunciato la seguente

O R D I N A N Z A

sul ricorso proposto da:

D'AMATO CLARA, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE MAZZINI 132, presso  l'avvocato STEFANIA JASONNA, rappresentata e difesa dall'avvocato GIOVANNI ROMANO, giusta procura a margine del ricorso;

 - ricorrente -

contro

PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del presidente pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA VIA  DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

avverso il decreto  della Corte d’Appello di Roma, depositato il 22/05/02;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 18/02/2003 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio Martone, con le quali si chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, dichiari alternativamente la competenza della Corte d'appello di Napoli e della Corte di appello di Roma, con le conseguenze di legge.

Ordinanza

La Corte suprema di cassazione - prima sezione civile - riunita in camera di consiglio;

esaminati gli atti;

considerato;

con ricorso proposto ai sensi della legge n. 89 del 2001 Clara D'Amato si rivolse alla Corte di appello di Roma, chiedendo che si accertasse la violazione dell'art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle 1ibertà fondamentali (C.E.D.U.), ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole, in relazione ad una controversia da lei promossa davanti al T.A.R. della Campania con ricorso notificato il 18 febbraio 1991, diretto ad ottenere l'annullamento di un atto che aveva disposto il recupero, nei suoi confronti, di somme in precedenza corrisposte a titolo retributivo come assegno perequativo ex lege n. 734/1973.

La ricorrente dichiarò che in tale controversia, alla data di deposito del ricorso proposto a norma della legge n. 89 del 2001, non risultava ancora fissata 1'udienza di discussione e chiese che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata, a titolo di equa riparazione, al pagamento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito, con vittoria di spese.

L’amministrazione  convenuta si costituì per resistere alla domanda.

La Corte di appello di Roma, con decreto depositato il 22 maggio 2002, richiamata la disposizione di cui all'art. 3, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, osservò che la speciale competenza ex art. 11 c.p.p. (cui il citato art. 3 rinvia) era prevista soltanto per procedimenti nei quali era coinvolto un magistrato dell'ordine giudiziario, mentre nella specie la dedotta violazione del termine di ragionevole durata riguardava un processo dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania. Pertanto dichiarò di ufficio la propria incompetenza per territorio, ritenendo competente la Corte di appello di Napoli, e compensò tra le parti le spese del procedimento.

La D'Amato ha impugnato il suddetto decreto con istanza per regolamento di competenza, adducendo che l'art. 3, comma 1, della legge n. 89 del 2001, e il criterio attributivo di competenza in esso stabilito, andrebbero applicati in via analogica anche ai processi dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali, deponendo in tal senso la ratio legis sottesa alla normativa in questione, che dovrebbe condurre ad una disciplina uniforme per tutti i processi celebrati nell'ambito di un distretto.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato memoria, concludendo per ii rigetto del ricorso, con le pronunzie conseguenti.

Il P.G. ha chiesto che sia dichiarata, alternativamente, la competenza della Corte di appello di Napoli o della Corte di appello di Roma (quest'ultima come giudice del luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione), con le conseguenze di legge.

Ritenuto:

Ai sensi dell'art. 3, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89,"la domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell’art. 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati, nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata".

Come si vede, il testuale dettato normativo identifica ii giudice territorialmente competente per la domanda di equa riparazione nella corte d'appello del distretto in cui ha sede ii giudice competente ai sensi dell'art. 11 c.p.p. (come modificato dalla legge 2 dicembre 1998, n.420).

II riferimento al distretto - sia per indicare l'appartenenza del giudice che si è occupato o si occupa del procedimento, in relazione al quale l'equa riparazione è chiesta, sia per individuare il giudice competente - comporta l’applicazione del criterio di competenza stabilito dall'art. 3, comma 1, della legge n. 89 del 2001 soltanto ai magistrati appartenenti all'ordine giudiziario, cioè ai magistrati ordinari (RD. 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni) per i quali è prevista l’articolazione

su base distrettuale quanto alle sedi di Corte d'appello (art. 52 R.D. n. 12/1941 cit.).

I tribunali amministrativi regionali, invece, sono articolati in circoscrizioni regionali, che comprendono le province facenti parte delle singole regioni, ed hanno sede nei capoluoghi di regione (art. 1 legge 6 dicembre 1971, n. 1034).

I giudici amministrativi, pertanto, non fanno parte di alcun distretto di code d'appello, al di là di coincidenze territoriali di mero fatto e, dunque, inidonee a radicare un criterio legale di competenza territoriale. Il che è sufficiente per escludere l’applicabilità ai detti giudici del precetto recato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 89 del 2001.

II risultato ermeneutico desumibile dall'esame testuale di tale norma trova poi conferma nella ratio della medesima.

Invero, poiché i giudizi sulle domande di equa riparazione sono affidati ai giudici appartenenti alla giurisdizione ordinaria, la norma in questione ha inteso derogare ai criteri ordinari di competenza allo scopo di evitare che quei giudizi, nei quali comunque può venire in rilievo (anche) il comportamento del giudice del procedimento (art. 2, comma 2, legge n. 89/200 1), fossero decisi da magistrati del medesimo ordine ed operanti nello stesso distretto. Il legislatore, cioè, ha dato veste normativa ad un profilo d'imparzialità che non viene in discussione nei rapporti tra magistrati appartenenti ad ordini giurisdizionali distinti.

Da quanto esposto consegue che non può farsi luogo all'applicazione analogica invocata dall'istante, appunto perché l'art. 3, comma 1, della legge n. 89/2001 - stante il suo carattere derogatorio rispetto alle generali regole di competenza - non è suscettibile di applicazione oltre i casi in esso considerati (art. 14 disp. sulla legge in generale).

Ne deriva, altresì, che nei giudizi per equa riparazione, in relazione ad (asserita) durata irragionevole di processi celebrati davanti a giudici non articolati su base distrettuale, la competenza per territorio deve essere individuata secondo i principi generali, e quindi, essendo convenuta in giudizio l'Amministrazione dello Stato, con riferimento all'art. 25 c.p.c. (Foro della P.A.), alla stregua del quale la competenza appartiene alla Corte d'appello nel distretto della quale si trova il luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione.

Nel caso di specie l'obbligazione azionata dalla ricorrente riguarda un procedimento davanti al Tribunale amministrativo regionale della Campania, sicché deve ritenersi che in Napoli, sede del detto Tribunale amministrativo, sia sorta l'obbligazione correlata alla (dedotta) irragionevole durata di quel procedimento (art. 25, seconda parte, c.p.c.). Per conseguenza il ricorso – diretto ad ottenere la declaratoria di competenza della Corte di appello di Roma - deve essere respinto e va dichiarata la competenza della Corte di appello di Napoli.

Quanto al forum destinatae solutionis, come questa Corte ha più volte affermato, nelle cause relative ad obbligazioni aventi per oggetto somme di denaro dovute dalla PA. dello Stato, ancorché si tratti di obbligazioni risarcitorie da fatto illecito (e principio analogo vale per obbligazioni di natura indennitaria, non sussistendo ragioni per un trattamento differenziato), per l'individuazione del luogo in cui l'obbligazione deve essere eseguita occorre avere riguardo al luogo in cui ha sede l'ufficio di tesoreria tenuto ad effettuare il pagamento in base alle norme sulla contabilità generale dello Stato (art. 54 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440; artt. 278, left. d, 287 e 407 R.D. 23 maggio 1924, n. 827), luogo che si identifica col domicilio del creditore (Cass., 9 aprile 2001, n. 5270; 24 marzo 2000, n. 3540; 29 maggio 1997, n. 4750; 14 giugno 1995, n. 6692).

Nel caso in esame, in base alle risultanze del ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, la D'Amato è domiciliata in Eboli (SA), alla via S.Cataldo n. 13.

Pertanto in via alternativa deve essere dichiarata la competenza della Corte di appello di Salerno.

Si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e dichiara la competenza della Corte di appello di Napoli e, in alternativa, della Corte di appello di Salerno. Compensa le spese giudiziali del presente procedimento.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2003, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione.

Il Presidente

Depositato in Cancelleria

Il 16 Maggio 2003
Il Cancellerie