sentenza 12 febbraio 2002

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo)  CASO  I.P.A. S.R.L.   contro ITALIA SENTENZA del 12 febbraio   2002 Ricorso n° 52957/99 Violazione del termine ragionevole di durata di un processo civile (articolo 6 della Convenzione) avente ad oggetto un’istanza di fallimento presentata da una società commercialeper il recupero dei suoi crediti : sette anni e undici mesi per due gradi di giudizio.  Liquidazione di  6.000 EUR (sei mila euro) per danno morale e 2.000 EUR (due mila euro) per spese legali, a favore della società commerciale ricorrente a Strasburgo.

 

La sentenza così motiva

( traduzione non ufficiale a cura  dell’avv. Maurizio de Stefano)

QUARTA SEZIONE

Sentenza del 12 febbraio   2002
sul ricorso n° 
52957/99
presentato da  I.P.A. S.R.L.

contro Italia

Nel caso I.P.A. S.R.L.  c. Italia,

La Corte europea dei Diritti dell'Uomo (quarta sezione), riunitasi  in una camera composta da 

Nicolas Bratza, presidente, M. Pellonpää,A. Pastor Ridruejo, L. Ferrari Bravo, M.Fischbach, J. Casadevall,  S. Pavlovschi giudici, e da M. O’Boyle, cancelliere di sezione, 

Dopo averla deliberata, nella camera di consiglio del 22 gennaio   2002, rende la seguente sentenza, adottata  nella stessa data:

PROCEDURA

1. All'origine del caso vi è un  ricorso proposto contro la Repubblica italiana da parte di una società italiana, la  I.P.A. S.R.L. ( “la ricorrente”), la quale  aveva adito  la Commissione europea dei Diritti dell'Uomo il 9 luglio  1997  in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, ( “la Convenzione” ). Il ricorso è stato registrato il 26 novembre 1999 con  il numero di fascicolo 52957/99. La ricorrente è rappresentata dall’avv. C. Alvano, avvocato a Napoli. Il Governo italiano (il “Governo”) è  rappresentato dal suo agente  Sig. U. Leanza, e dal suo coagente  Sig. V. Esposito.  

2. La Corte ha dichiarato il ricorso ricevibile il 22 marzo 2001. 

IN FATTO

3.  Con un’istanza depositata in cancelleria il 7 luglio 1992, la ricorrente chiese altribunale di Crotone di dichiarare il fallimento della società M..

4. La trattazione della causa   cominciò il  14 febbraio 1994. L'udienza del 6  giugno 1994 fu dedicata al deposito in cancelleria dei  documenti ed il giudice delegato rinviò la causa al  14 novembre 1994. Dopo  un rinvio d'ufficio, il 21 novembre 1994, l'udienza fu rinviata in conseguenza dell’assenza della  società M. Il 22 dicembre 1994, la società M. chiese la riunione della  presente procedura con un altro processo intentato nei confronti della predetta società e  pendente davanti allo stesso Tribunale. Con  una ordinanza del  23 dicembre 1994, il giudice accolse la predetta istanza e fissò  l'udienza successiva al  20 marzo 1995.  A tale  giorno, la società M. dichiarò di aver pagato  una parte dei  crediti ed il giudice rinvio la causa al  3 ottobre 1995.

5.  Dopo due rinvii , il  17 giugno 1996, il giudice dispose la riunione con un’altra procedura , ordinò al cancelliere di acquisire delle informazioni supplementari e fissò la successiva udienza al  17 febbraio 1997. A tale  giorno, la società M. dichiarò di aver pagato un’altra parte dei crediti ed il giudice rinvio la causa al 4 novembre 1997. Nel frattempo, il 14 aprile 1997 la ricorrente aveva  presentato una istanza  per la  fissazione urgente della data della messa in decisione della causa. Delle tre udienze fissate tra il  4 novembre 1997 ed il  24 novembre 1998, una fu rinviata a motivo dell’assenza della società M. e due riguardarono  un tentativo di composizione amichevole della causa.

6.   Con  una decisione del 25 novembre 1998, notificata alla ricorrente il 6 aprile 1999, il tribunale rigettò l’istanza della ricorrente. Il  20 aprile 1999, quest’ultima presentò un reclamo davanti alla corte d'appello di Catanzaro nei confronti della predetta decisione. Con  una ordinanza del  22 ottobre 1999, il cui testo fu depositato in cancelleria lo stesso giorno , la corte  ordinò la rinnovazione delle prove riguardanti  la società M. e rinviò la causa al  14 dicembre 1999, data in cui  la corte  fissò l’udienza al 26  giugno 2000.

7. Con una decisione dello stesso giorno, il cui testo fu depositato in cancelleria il  27  giugno 2000, la corte d’appello  rigettò il reclamo della ricorrente.

 IN DIRITTO 

I. SULLA PRETESA VIOLAZIONE DELL' ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE 

8 La ricorrente lamenta che la durata del processo non  ha rispettato il principio del <<termine ragionevole>> come previsto  dall'articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato: 

“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) che deciderà (…) delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…)”

9 Il Governo  si oppone a questa tesi. 

10 Il periodo da considerare è iniziato il 7 luglio  1992  ed è terminato il 27 giugno 2000. 

11 Esso dunque è durato più di sette anni e undici mesi per due gradi di giudizio. 

12 La Corte  ricorda di aver constatato in numerose sentenze (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], n° 34884/97, § 22, CEDH 1999-V), l’esistenza in Italia di una prassi contraria alla Convenzione risultante da un cumulo di trasgressioni all’esigenza del « termine ragionevole ». Nella misura in cui la Corte constata una tale trasgressione , questo cumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell’articolo 6 § 1.

13 Avendo esaminato i fatti della causa alla  luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte reputa che la durata del processo non corrisponda all’esigenza del « termine ragionevole » e che quivi sussiste ancora una manifestazione della prassi  precitata.

Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1.

 

II SULL’APPLICAZIONE DELL’ART 41 DELLA CONVENZIONE

14. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,  « Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette che in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di  tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. »

A    DANNO

15 La ricorrente chiede  complessivamente 170.632.523 = di lire italiane (ITL) a titolo di danno materiale e 100.000.000(ITL) a titolo di danno  morale che avrebbe subito.

16 La Corte non ravvisa il nesso di causalità tra la violazione constatata e la richiesta di danno materiale  e rigetta questa domanda. Per contro, la Corte considera che ci siano i presupposti per  concedere alla ricorrente 6.000 euro (EUR)  a titolo del pregiudizio subito. 

B. SPESE LEGALI

17 La ricorrente richiede parimenti 20.360.991 ITL per le spese legali sostenute davanti alle giurisdizioni interne e 11.378,915 EUR per quelle  sostenute davanti alla Corte.

18 Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente non può ottenere il rimborso delle sue spese legali se non nella misura in cui esse siano accertate nella loro realtà, necessità e carattere ragionevole del loro ammontare (vedi ad esempio, la sentenza Bottazzi precitata, § 30). Nel caso di specie, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri predetti, la Corte rigetta  la domanda relativa alle spese della procedura nazionale, reputa ragionevole   la somma di  2 000 EUR  per la procedura davanti alla Corte e la concede alla ricorrente.

.C. INTERESSI MORATORI

19 Secondo le informazioni di cui dispone la Corte, il tasso dinteresse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza era del 3 % annuo.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ, 

Dichiara  che vi è stata violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione; 

Dichiara

a)  che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro i tre mesi a  decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 6.000 EUR (sei mila euro), a titolo di  danno  e 2.000 EUR (due mila euro)  per le spese legali;

b) che questi importi saranno maggiorati dell’interesse semplice del 3% annuo dalla data di  scadenza di questo termine  fino al versamento; 

3 Rigetta per il surplus la domanda di equa soddisfazione .

** Redatta in francese, poi comunicata per iscritto il  12 febbraio  2002, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento.

Sir Nicolas Bratza               Presidente

Michael O’Boyle           Cancelliere