sentenza 11 dicembre 2003

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, Strasburgo, 11 dicembre   2003. CASO Carbonara e Ventura c. Italia. Sentenza sul quantum debeatur Articolo 41 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (equa soddisfazione) (violazione dell'articolo 1 del Protocollo n°1, sul diritto di proprietà, in ipotesi di  accessione invertita = espropriazione indiretta) . Stante la mancata restituzione dell’area acquisita illegalmente e proprio a motivo dell’illiceità dell’acquisizione,  l'indennizzo a carico dello Stato italiano deve necessariamente riflettere il valore pieno ed  integrale del bene.

 

 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
CASO: Carbonara e Ventura contro ITALIA
sentenza del 11 dicembre    2003

ricorso n. 24638/94

Sentenza sul quantum debeatur Articolo 41 Convenzione  (equa soddisfazione) (violazione dell'articolo 1 del Protocollo n°1, sul diritto di proprietà, in ipotesi di  accessione invertita = espropriazione indiretta) . Stante la mancata restituzione dell’area acquisita illegalmente e proprio a motivo dell’illiceità dell’acquisizione,  l'indennizzo deve necessariamente riflettere il valore pieno ed  integrale del bene. Pertanto, il Governo italiano deve versare ai ricorrenti 1.385.394,60 (unmilione trecentottantacinquemila trecentonovanta-quattro) EURO per danno materiale, 200.000 (duecentomila)  EURO per danno morale e 40.000 (quarantamila) EURO per spese legali.

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
VECCHIA  SECONDA SEZIONE 

Ricorso Carbonara e Ventura contro Italia
(ricorso n. 24638/94) 

SENTENZA

(Equa riparazione)

STRASBURGO

Strasburgo, 11 dicembre 2003

(traduzione  non ufficiale a cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

 

Nel ricorso Carbonara e Ventura contro Italia,

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (vecchia Seconda Sezione), riunitasi in una camera composta dai signori:

A.B.Baka,                         Presidente,  L.Ferrari Bravo, G.Bonello, Sig.ra V.Straznicka, P.Lorenzen, Sig.ra M.Tzatza-Nikolovska, E. Levits, giudici,

e da S.Nielsen,                   cancelliere aggiunto,

dopo averla deliberata nella camera di consiglio del 20 novembre 2003,
            rende la seguente sentenza, adottata in questa data:

 

F A T T O 

1. Il caso è stato deferito alla Corte, conformemente alle disposizioni che si applicavano prima dell’entrata in vigore del Protocollo n. 11 alla Convenzione della Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”), dalla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo (“la Commissione”), il 3 novembre 1998 e dalla Sig.ra Elena Carbonara, e dai Sigg. Pasquale Carbonara, Augusto Carbonara e Costantino Ventura (“i ricorrenti”), il 4 novembre 1998. Il 29 gennaio 1999, cioè al di là del termine di tre mesi previsto dai vecchi articoli 32 § 1 e 47 della Convenzione, il Governo Italiano (“Il Governo”) ha inviato una lettera per adire la Corte.

 

2. All’origine del caso, vi è un ricorso (n. 24638/94) diretto contro la Repubblica Italiana, con cui quattro cittadini di questo Stato avevano adito la Commissione il 25 maggio 1994, in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione. I ricorrenti adducevano una lesione ingiustificata al loro diritto al rispetto dei loro beni. La Commissione (Prima Camera) ha dichiarato il ricorso ricevibile il 22 ottobre 1997. Nel suo rapporto del 1 luglio 1998 (vecchio articolo 31 della Convenzione) essa ha espresso all’unanimità l’avviso che vi è  stata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

 

3. Con una sentenza del 30 maggio 2000  (“la sentenza principale”), la Corte ha giudicato che i ricorrenti erano stati vittime di una sottrazione arbitraria del loro terreno e che pertanto vi era stata  violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (CEDH 2000-VI, §§ 72/73, e punto 2 del dispositivo).

 

4. Fondandosi sull’articolo  41 della Convenzione, i ricorrenti reclamavano una equa soddisfazione a titolo di danno materiale  di 364.790.000 di lire italiane (ITL) – corrispondente al valore del terreno al momento dell’occupazione – somma che doveva essere indicizzata e maggiorata d’interessi. A titolo di danno morale, i ricorrenti domandavano 100.000.000 di lire (ITL) ciascuno. Rivendicavano infine il rimborso delle spese di giustizia davanti alle giurisdizioni nazionali per un ammontare di 163.896.627 di lire e il rimborso delle spese per la procedura a Strasburgo per un ammontare di 124.783.114 di lire.

 

5. Poiché la questione dell’applicazione dell’art. 41 della Convenzione non era ancora matura per la decisione, la Corte l’ha riservata ed ha invitato il Governo e la ricorrente a sottoporle per iscritto, entro tre mesi, le loro osservazioni sulla suddetta questione e particolarmente ad informare la Corte di qualsiasi accordo  cui fossero pervenuti (ibidem, § 79 e punto 3 del dispositivo).

6. Il termine, inizialmente fissato al 30 agosto 2000, per permettere alle parti di ricercare un accordo amichevole, è stato prorogato, su loro richiesta, al 30 novembre 2000, poi ancora al 30 maggio 2001 ed è scaduto senza che le parti pervenissero ad un accordo.

 

7. Riunitasi il 15 novembre 2001 su iniziativa del suo Presidente (punto 3 c) del dispositivo della sentenza principale), la Camera ha stimato opportuno effettuare una perizia ed ha deciso che il compito del perito sarebbe consistito nel determinare da una parte, il valore del terreno al momento dell’occupazione, il valore attuale del terreno e il plusvalore apportato dall’esistenza di costruzioni; dall’altra parte, il danno derivante dal mancato  godimento del terreno ed il costo di costruzione degli edifici; infine, le spese di rimessa in pristino nel caso in cui il terreno fosse stato restituito ai ricorrenti.

 

8. Con una lettera del 15 novembre 2001, la Corte ha comunicato questa decisione alle parti ed ha invitato le stesse a fornire il nome di un perito scelto di comune accordo. La Corte ha d’altronde precisato che la Corte ha precisato che le spese e gli onorari della perizia, sarebbero stati a carico del Governo convenuto (art. 38 della Convenzione).

 

9. Con le lettere del 18 e 19 marzo 2002, i ricorrenti ed il Governo hanno rispettivamente informato la Corte che, di comune accordo, avevano scelto il Sig. Antonio Tiso.

10. Su disposizione della Corte, il 28 maggio 2002 la cancelleria ha inviato un mandato al Sig. Antonio Tiso con copia alle parti.

 

Nel testo del mandato si legge:

Signore,

 

Ho l’onore di informarLa che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso di darLe il mandato, conformemente alle indicazioni delle parti, al fine di effettuare una perizia di stima su un terreno che è appartenuto ai ricorrenti.

 

Conformemente alla decisione adottata dalla Camera incaricata di esaminare il ricorso, il Suo compito consisterà nel determinare:

 

-    da una parte, il valore del terreno al momento dell’occupazione, il valore attuale del terreno e il plusvalore apportato dalle costruzioni esistenti;

 

-    dall’altra parte, il danno derivante dal mancato godimento del terreno ed il costo di costruzione dei manufatti edificati;

 

-    infine, le spese di rimessa in pristino nel caso in cui il terreno fosse stato restituito ai ricorrenti.

 

 

Ho l’onore di informarLa che l’ammontare  finale delle spese della perizia e dei Suoi onorari graverà sullo Stato (articolo 38 della Convenzione).

 

11. Il perito ha accettato il mandato in data 20 giugno 2002.

 

12. Con una lettera del 3 luglio 2002, la Cancelleria  ha informato le parti invitandole a prendere le misure necessarie affinché l’esperto potesse espletare il suo incarico.

 

13. Il 5 dicembre 2002, il perito ha depositato un rapporto con allegati unitamente alla sua domanda relativa alle spese ed ai suoi onorari.

 

14. Il Governo e i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni sulla perizia. Queste sono state consultate dalle parti, che hanno in seguito depositato i loro commenti .

 

15. In data 1 novembre 2001, la Corte aveva nel frattanto modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 § 1 del regolamento). Il presente ricorso ha tuttavia continuato ad essere esaminato dalla Camera della vecchia sezione seconda, quale esisteva prima di questa data.

 

D I R I T T O

 

16. A sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

 

    <<Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa >>.

 

 

I.  Validita’ della perizia

 

17. Le parti non hanno contestato la validità della perizia.

 

18. La Corte ritiene valido il rapporto dell’esperto e lo prende in considerazione per rendere  la sua decisione.

 

II.         Danno

 

A.          Danno materiale

 

1.           Riassunto della perizia e delle conclusioni del perito.

 

19. Il rapporto della perizia, esteso ventiquattro pagine e con diversi allegati, contiene una stima del valore del terreno oggetto di controversia al 30 luglio 1970, al momento dell’occupazione e nel 2002, allorché la perizia è stata effettuata. Poi figura la stima dell’edificio costruito dall’amministrazione comunale dopo l’occupazione del terreno e che è in parte situato sul terreno dei ricorrenti.

 

La stima del perito si riferisce  ad un’estensione di 2.649 metri quadri, censiti al catasto del comune di Noicattaro alla particella 590, foglio 34.

 

Per redigere il suo rapporto, il perito si è basato su dei documenti forniti dal comune di Noicattaro, su elementi forniti dai ricorrenti così come in base ad informazioni provenienti dal mercato immobiliare. Egli ha inoltre tenuto conto dell’evoluzione del tasso d’inflazione e dei prezzi nel periodo interessato.

 

20. Il perito ha constatato che nel 1970, al momento dell’occupazione del terreno, il comune di Noicattaro non aveva un piano urbanistico generale, ma solo un regolamento edilizio risalente al 9 marzo 1928. Il detto regolamento non adibiva il terreno in contestazione ad un uso specifico. Si limitava a fissare l’altezza massima delle costruzioni, identica per le costruzioni private e pubbliche.

 

    Per conoscere se all’epoca il terreno fosse edificabile, era necessario esaminare se la zona nella quale il medesimo è situato era passibile di sviluppo urbano e cioè se si prestava per sua natura o per una sua situazione ad uno sviluppo urbano. Il perito risponde affermativamente su questo punto e indica che ciò è confermato dalle sue infrastrutture (esistenza di fogne, acqua, elettricità).

 

21. Il perito ne deduce che il terreno dei ricorrenti nel 1970 era potenzialmente edificabile. L’edificabilità del terreno era d’altronde confermata dalla scelta delle autorità di costruirvi una scuola.

22. Per determinare il valore del terreno nel 1970, al momento della sua occupazione, il perito ha preso in considerazione due contratti di vendita riguardanti due particelle di terreni limitrofi, regolarmente censiti in catasto e ne ha calcolato il prezzo medio.

Il perito ha concluso che nel 1970 il valore del terreno era di 13.842,38 euro.

23. Questa somma rivalutata al mese di agosto 2002, secondo il tasso di inflazione in Italia nel periodo interessato è di 200.449 euro (secondo il coefficiente di rivalutazione dell’ISTAT pubblicato nel “Consulente Immobiliare”).

24. Per determinare il valore del terreno nel 2002, il perito ha considerato da una parte il piano urbanistico adottato posteriormente al 1970 e il fatto che questo ha consentito un indice di edificabilità dei suoli di 3 metri cubi per metro quadrato. D’altra parte, il perito ha preso in esame due contratti di vendita e una donazione di tre terreni limitrofi, datati rispettivamente 2001, 1998 e 1999 ed ha calcolato il prezzo medio per questi tre terreni.

Il perito ha concluso che il valore del terreno nel 2002 era di 62,15 euro per metro quadro, cioè un totale di 493.906,05 euro.

25. Il perito ha poi volto la propria attenzione al plusvalore apportato al terreno dall’esistenza di parti di un edificio, precisamente una scuola.

Data l’inesistenza di un mercato immobiliare di costruzioni adibite ad uso scolastico, il perito ha indicato che il valore della costruzione corrisponde in questo caso al costo di costruzione di questo, fatta una deduzione del 20% a causa della vetustà dell’immobile.

Così il plusvalore del terreno apportato dall’esistenza della costruzione su questo è di 891.488,55 euro.

26. Quanto al pregiudizio derivante dal mancato godimento del terreno, il perito l’ha valutato in 192.342,65 euro, sulla base del valore del terreno nel 1970; ed a 253.874,21 euro, sulla base del valore medio del terreno durante il periodo interessato.

27. Infine, quanto alla questione di sapere a che prezzo il terreno potrebbe essere rimesso in pristino stato in caso di restituzione, il perito ha indicato che questa operazione verrebbe a costare 48.442,39 euro. Ha aggiunto che la restituzione del terreno sarebbe molto onerosa per l’amministrazione poiché la scuola è soltanto in parte situata sul terreno in contestazione.

28. Per riassumere le conclusioni del perito:

valore del terreno nel 1970 rivalutato:

200.449 euro

valore del terreno nel 2002:

493.906,05 euro

plusvalore apportato dalla costruzione = costo di costruzione:

891.488,55 euro

mancato godimento del terreno:

A. 192.342,65 euro
 B. 253.874,21 euro

 2.  Argomentazioni  del Governo

29. Il Governo fa in primo luogo osservare che la restituzione del terreno è improbabile visto che la medesima comporterebbe la demolizione parziale della scuola costruita sul terreno.

30. Il Governo contesta poi la valutazione del terreno nel 1970 e sostiene che quello era agricolo. In base a ciò, in luogo di 10.118 ITL a metro quadrato stimato dal perito, il terreno sarebbe valso all’epoca 5.267,16 ITL a metro quadrato.

31. Il Governo contesta parimenti la valutazione del terreno nel 2002, e sostiene che il valore di questo è tutt’al più di 49.244,91 euro.

32. Infine, il Governo sostiene che nessuna somma per il mancato godimento del terreno sia dovuta ai ricorrenti, dato che, secondo la giurisprudenza della Corte, il valore del terreno da indennizzare è calcolato al giorno d’oggi.

3.  Argomentazioni  dei ricorrenti

33. I ricorrenti fanno osservare che il perito  ha sottostimato la potenzialità edificatoria del terreno, poiché egli si è basato sul volume di occupazione del suolo stabilito dal piano regolatore adottato dopo l’occupazione del terreno.

      Essi sostengono che, ai sensi del regolamento in vigore al momento dell’occupazione del terreno, quest’ultimo avrebbe potuto essere edificato con una volumetria molto maggiore, il che avrebbe determinato un valore più di tre volte superiore a quello stabilito dal perito.

4. Decisione della Corte

34. La Corte ricorda che una sentenza che constati una violazione  comporta per lo Stato convenuto l’obbligazione giuridica di mettere fine alla violazione e di eliminarne le conseguenze in modo da garantire in quanto possibile  il ripristino della situazione antecedente (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).

35. Gli Stati contraenti parti del caso sono in linea di principio liberi di scegliere i mezzi da utilizzare per conformarsi ad una sentenza che constati una violazione. Tale potere discrezionale in ordine alle modalità di esecuzione di una sentenza implica la libertà di scelta in relazione all’obbligazione principale imposta dalla Convenzione agli Stati contraenti: assicurare il rispetto dei diritti e delle libertà garantite (art. 1).  Se la natura della violazione permette la restitutio in integrum, incombe allo Stato convenuto realizzarla, non avendo la Corte la competenza né la possibilità pratica di provvedervi essa stessa. Se, al contrario, il diritto nazionale non permette o non permette che in maniera imperfetta di eliminare le conseguenze della violazione, l’art. 41 abilita la Corte ad accordare, se del caso, alla parte lesa, la soddisfazione che le sembri appropriata (Brumarescu c. Romania (equa soddisfazione) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).

36. La Corte, nella sua sentenza principale, ha dichiarato che l’ingerenza oggetto del contendere non soddisfaceva alla condizione di legalità ed era arbitraria (paragrafi 72 e 73 della sentenza principale). L’atto del Governo italiano che la Corte ha ritenuto contrario alla Convenzione non era una espropriazione che sarebbe stata legittima se fosse stato pagato un indennizzo, ma un illegale impossessamento sui beni dei ricorrenti.

37. Il carattere illecito di un simile spossessamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adottare per determinare la riparazione dovuta dallo Stato convenuto, non potendo le conseguenze patrimoniali di un impossessamento lecito essere assimilate a quelle di uno spossessamento illecito (Ex Re di Grecia ed altri c. Grecia, [GC], n. 25701/94, §75, CEDH 2002).

38. La Corte ha adottato una posizione molto simile nel caso  Papamichalopoulos c. Grecia (Papamichalopoulos c. Grecia (articolo 50) del 31 ottobre 1995, serie A n.330-B, p. 59, §§ 36 e 39). La Corte ivi ha concluso per la violazione in relazione ad una espropriazione di fatto irregolare (occupazione di terreni da parte della marina greca, dal 1967) che durava da più di venticinque anni alla data della sentenza resa il 24 luglio 1993.

La Corte ingiunse in conseguenza allo Stato greco di versare ai ricorrenti, “per il danno e per la perdita del godimento a decorrere da quando le autorità avevano preso possesso di questi terreni nel 1967, il valore attuale dei loro terreni incrementato dal plusvalore derivante dall’esistenza” di alcuni edifici che erano stati costruiti dopo l’occupazione, così come  dal costo di costruzione di questi edifici.

39. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Corte stima che nel presente caso la natura della violazione constatata nella sentenza principale le consente di partire dal principio di una  restitutio in integrum.

     In mancanza di restituzione del terreno, l’indennizzo da stabilire nella fattispecie dovrà, come quello concesso nella causa Papamichalopoulos sopra citata e riguardante spossessamenti illeciti di per sé, riflettere l’idea di una totale eliminazione delle conseguenze della ingerenza oggetto della lite .

40. Trattandosi di danno materiale, la Corte stima di conseguenza che l’indennità da accordarsi ai ricorrenti non si limiti al valore che aveva la loro proprietà alla data della sua occupazione. Per questo motivo, ella ha invitato il perito a stimare anche il valore attuale del terreno oggetto della lite. Questo valore non  dipende dalle condizioni ipotetiche, il che accadrebbe se si trovasse oggi nello stesso stato del 1970. Scaturisce chiaramente dalla relazione di perizia che, da allora, il detto terreno e le sue immediate prossimità - che disponevano per la loro situazione di una potenzialità di sviluppo urbanistico – sono stati valorizzati dalla costruzione di edifici, fra cui la scuola.

41. La Corte decide che lo Stato dovrà versare agli interessati, per danno o per perdita di godimento a decorrere da quando la pubblica amministrazione ha preso possesso del terreno nel 1970, il valore attuale del terreno aumentato del plusvalore apportato dall’esistenza dell’edificio.

Quanto alla determinazione dell’ammontare di tale indennizzo, la Corte ratifica le conclusioni del rapporto peritale per la valutazione esatta del pregiudizio subito. Questo ammonta a 1.385.394,60 euro.

B.          Danno morale

42. I ricorrenti richiedono anche 100.000.000 ITL ciascuno (pari a  51.645,69 euro) per il pregiudizio morale che sostengono di aver subito.

43. Il Governo fa osservare che nella fattispecie l’accertamento della violazione costituisca una soddisfazione sufficiente.

44. La Corte ritiene che la violazione della Convenzione ha comportato per i ricorrenti un sicuro danno morale, risultante da un senso di impotenza e di frustrazione di fronte allo spossessamento illegale dei loro beni.

La Corte accorda a ciascuno dei ricorrenti 50.000 euro per questo capo, cioè 200.000 euro in totale.

III.  SPESE LEGALI

45. I ricorrenti sollecitano il rimborso delle spese legali, precisamente per gli onorari, parcelle di avvocato e spese di giustizia, per un ammontare complessivo di 288.679.741 ITL (149.090,64 euro), somma includente l’imposta sul valore aggiunto e così ripartita:

a) procedura nazionale: 163.896.627 ITL, vale a dire 84.645,54 euro, di cui gli onorari ammontano a 129.956.640 ITL, vale a dire 67.110 euro;

b) procedura a Strasburgo: 124.783.114 ITL, vale a dire 64.445,10 euro, di cui gli onorari ammontano a 83.208.000 ITL, pari a 42.973 euro.

46. Il Governo si rimette alla saggezza  della Corte.

47. La Corte ricorda che la liquidazione della spese legali ai sensi dell’articolo  41 presuppone che esse siano fissate nella realtà, nella necessità ed in più, nel carattere ragionevole del loro ammontare (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) sopra  citato, § 54). Inoltre, le spese di giustizia sono rimborsabili solo nella misura in cui esse sono connesse alla violazione constatata (Van de Hurk c. Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A n. 288, § 66).

48. La Corte non dubita della necessarietà delle spese richieste né che siano state effettivamente sostenute. Essa ritiene in ogni caso eccessivi gli onorari totali  pretesi a tale titolo. La Corte considera di conseguenza che il rimborso abbia luogo solo in parte.

Tenuto conto delle circostanze della causa, e statuendo secondo equità come prevede  l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole concedere ai ricorrenti congiuntamente un ammontare di 40.000 euro.

III.      Spese della perizia

49. Per i suoi  onorari e le spese relative all’espletamento della perizia, il perito estensore  del rapporto domanda una somma globale di 10.452 Euro, oltre imposta sul valore aggiunto (IVA) e contributi previdenziali (CAP). Il suo calcolo tiene conto sia del lavoro di stima di per sé,  dei sopralluoghi effettuati,   della redazione delle planimetrie.

50. Il Governo non ha fatto commenti a riguardo.

51. Neanche i ricorrenti si pronunciano a riguardo.

52. La Corte ricorda in primo luogo che la concessione dell’indennizzo concerne il suo potere discrezionale e che ad essa compete giudicare se tale indennizzo è necessario o appropriato. La remunerazione del perito si risolve nel caso di specie nelle spese legate alla realizzazione di una perizia che la Corte ha giudicato indispensabile al fine di conferire ai ricorrenti la possibilità di ottenere l’eliminazione della violazione rilevata dalla  sentenza principale.

Sulla base delle istruzioni della Camera, il cancelliere ha del resto informato il Governo ed il perito che le spese ed onorari relativi alla perizia incombevano in definitiva sullo Stato convenuto(vedere § 8).

53. La Corte non dubita della realtà e della necessità delle operazioni che il perito ha compiuto per assolvere al meglio il suo compito. Essa ritiene in conseguenza che la somma richiesta sia ragionevole. La Corte decide, in conseguenza, di accordare integralmente tale somma,  e cioè 10.452,00 euro, maggiorate di IVA e CAP.

V. Interessi moratori

54. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso marginale d’interesse praticato dalla Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE ALL’UNANIMITA’

1. Dichiara, all’unanimità

a) che la perizia è valida;

b) che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’art. 44§ 2 della Convenzione, le somme seguenti:

i. 1.385.394,60 euro (unmilionetrecentottantacinquemilatrecentonovanta-quattro euro e sessanta centesimi) per danno materiale;

ii. 200.000 euro (duecentomila euro) per danno morale;

iii. 40.000 euro (quarantamila euro) per spese legali;

iv. tutto quanto possa essere dovuto a titolo di imposta sulle predette somme;

c) che lo Stato convenuto deve versare al perito, Sig. Tiso, entro tre mesi, 10.452,00 euro (diecimilaquattrocentocinquantadue euro) più IVA e CAP;

d) che a partire dalla scadenza del predetto termine e fino al versamento, tali somme saranno maggiorate di un interesse semplice ad un tasso marginale d’interesse pari a quello praticato dalla Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

2. Rigetta , all’unanimità, la domanda di equa soddisfazione per il surplus.

Redatta in  francese, poi  comunicata per iscritto l’ 11 dicembre  2003 in applicazione dell'articolo  77 §§ 2 e 3 del Regolamento.

Andras Baka (Presidente)

Soren Nielsen    (Cancelliere aggiunto)