CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA’ EUROPEE (LUSSEMBURGO) SENTENZA 10 luglio 2003. Nei procedimenti riuniti C-20/00 e C-64/00-. Booker Aquaculture Ltd e Hydro Seafood GSP Ltd, .Non sono incompatibili con il diritto fondamentale di proprietà (garantito dall'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) le misure imposte da uno Stato membro al fine della lotta contro le malattie dei pesci, senza indennizzo per gli allevatori. SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA’ EUROPEE (LUSSEMBURGO) 10 luglio 2003 |
SENTENZA DELLA CORTE 10 luglio 2003 «Direttiva 93/53/CEE - Distruzione delle scorte di pesci affetti da setticemia emorragica virale (SEV) e dall'anemia infettiva del salmone (AIS) - Indennizzo - Obblighi dello Stato membro - Tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, del diritto di proprietà - Validità della direttiva 93/53» Nei procedimenti riuniti C-20/00 e C-64/00, aventi ad oggetto domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dalla Court of Session (Scozia) (Regno Unito), nei procedimenti dinanzi ad essa pendente tra Booker Aquaculture Ltd, che opera con la denominazione «Marine Harvest McConnell» (C-20/00), Hydro Seafood GSP Ltd (C-64/00) e The Scottish Ministers, domande vertenti sull'interpretazione dei principi di diritto comunitario relativi alla tutela dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà, nonché sulla validità della direttiva del Consiglio 24 giugno 1993, 93/53/CEE, recante misure comunitarie minime di lotta contro talune malattie dei pesci (GU L 175, pag. 23), LA CORTE, composta dai sigg. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.-P. Puissochet, R. Schintgen e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, C. Gulmann, D.A.O. Edward e A. La Pergola, e dalle sig.re F. Macken (relatore) e N. Colneric, e dai sigg. S. von Bahr e J.N. Cunha Rodrigues, giudici, avvocato generale: sig. J. Mischo
viste le osservazioni scritte presentate: - per la Booker Aquaculture Ltd, dai sigg. P.S. Hodge, QC, e J. Mure, advocate, su incarico di Steedman Ramage, solicitors; - per la Hydro Seafood GSP Ltd, dai sigg. A. O'Neill, QC, e E. Creally, advocate, su incarico di McClure Naismith, solicitors; - per The Scottish Ministers, dalla sig.ra R. Magrill, in qualità di agente, e dal Lord Advocate C. Boyd, QC, assistiti dal sig. N. Paines, QC, nonché dalla sig.ra L. Dunlop, advocate; - per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra R. Magrill, in qualità di agente, assistita dal sig. N. Paines, QC; - per il governo francese, dalle sig.re C. Vasak e K. Rispal-Bellanger, in qualità di agenti; - per il governo italiano, dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra F. Quadri, avvocato dello Stato; - per il governo dei Paesi Bassi, dal sig. M.A. Fierstra, in qualità di agente; - per il governo norvegese della sig.ra M. Djupesland, in qualità di agente; - per il Consiglio dell'Unione europea, dal sig. J. Carbery, in qualità di agente; - per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. G. Berscheid e K. Fitch, in qualità di agenti, vista la relazione d'udienza, sentite le osservazioni orali della Booker Aquaculture Ltd, rappresentata dai sigg. P.S. Hodge e J. Mure, della Hydro Seafood GSP Ltd, rappresentata dai sigg. A. O'Neill e E. Creally, degli Scottish Ministers, rappresentati dal sig. N. Paines e dalla sig.ra L. Dunlop, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra G. Amodeo, in qualità di agente, assistita dal sig. N. Paines, del governo italiano, rappresentato dalla sig.ra F. Quadri, del Consiglio, rappresentato dal sig. J. Carbery, e della Commissione, rappresentata dal sig. K. Fitch, all'udienza del 15 maggio 2001, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 settembre 2001, ha pronunciato la seguente Sentenza1. Con ordinanze 11 gennaio 2000 (C-20/00) e 18 febbraio 2000 (C-64/00), pervenute alla Corte, rispettivamente, il 24 gennaio e il 28 febbraio 2000, la Court of Session (Scozia) ha sottoposto, ai sensi dell'art. 234 CE, diverse questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dei principi di diritto comunitario concernenti la tutela dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà, nonché alla validità della direttiva del Consiglio 24 giugno 1993, 93/53/CEE recante misure comunitarie minime di lotta contro talune malattie dei pesci (GU L 175, pag. 23). 2. Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due controversie che oppongono rispettivamente la Booker Aquaculture Ltd (in prosieguo: la «Booker») e la Hydro Seafood GSP Ltd (in prosieguo: la «Hydro Seatfood») agli Scottish Ministers. 3. Con ordinanza del Presidente della Corte 10 maggio 2000, i procedimenti C-20/00 e C-64/00 sono stati riuniti ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza. Ambito normativo La normativa comunitaria La direttiva 91/67/CEE 4. L'art. 3, nn. 1-3, della direttiva del Consiglio 28 gennaio 1991, 91/67/CEE, che stabilisce le norme di polizia sanitaria per la commercializzazione di animali e prodotti d'acquacultura (GU L 46, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 24 giugno 1993, 93/54/CEE (GU L 175, pag. 34), stabilisce: «1. Gli animali d'acquacultura possono essere immessi sul mercato se soddisfano i requisiti generali seguenti: a) non devono presentare alcun segno clinico di malattia il giorno del carico; b) non devono essere destinati alla distruzione o alla macellazione nel quadro di un piano di eradicazione di una malattia prevista all'allegato A; c) non devono provenire da un'azienda oggetto di un divieto per motivi di polizia sanitaria e non devono essere venuti a contatto di animali di tali aziende, in particolare di aziende oggetto di misure di controllo nel contesto della direttiva 93/53/CEE (...). 3. Per essere immessi sul mercato, i prodotti d'acquacultura destinati al consumo devono provenire da animali che soddisfano i requisiti di cui al paragrafo 1, lett. a)». 5. L'art. 2, sub) 1-3, della direttiva 91/67 modificata e stabilisce: «Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) animali di acquacultura: i pesci (...) vivi provenienti da un'azienda, compresi quelli di origine selvatica destinati ad un'azienda; 2) prodotti dell'acquacultura: i prodotti derivati dagli animali di acquacultura destinati all'allevamento come uova e gameti o al consumo umano; 3) pesci (...): tutti i pesci (...) indipendentemente dal loro stadio di sviluppo». 6. L'allegato A della direttiva 91/67 modificata, intitolato «Elenco di malattie/agenti patogeni dei pesci, molluschi e crostacei», elenca talune malattie nella colonna 1 e indica in corrispondenza, nella colonna 2, le specie sensibili. L'elenco I di questo allegato nella colonna 1 comprende una sola malattia, l'anemia infettiva del salmone (in prosieguo: l'«AIS»), e indica nella colonna 2 il salmone dell'atlantico come specie sensibile. La setticemia emorragica virale (in prosieguo: la «SEV») è una delle malattie elencate nella colonna 1 dell'elenco II di questo allegato e il rombo è menzionato nella colonna 2 dello stesso elenco tra le specie sensibili per questa malattia. 7. La distinzione tra gli elenchi I e II di questo allegato nonché la differenza tra il trattamento riservato alle malattie che vi figurano si giustificano col fatto che le malattie di cui all'elenco I (in prosieguo: le «malattie dell'elenco I») erano esotiche nella Comunità, mentre le malattie di cui all'elenco II (in prosieguo: le «malattie dell'elenco II») erano già endemiche in talune parti del territorio della Comunità. 8. L'art. 5 della direttiva 91/67 modificata definisce la procedura da seguire al fine di ottenere il riconoscimento di una zona compresa nel territorio della Comunità dalla quale una o più malattie dell'elenco II sono assenti (in prosieguo: la «zona riconosciuta»). L'art. 6 di questa direttiva istituisce una procedura analoga per le aziende situate in zone non riconosciute (in prosieguo: le «aziende riconosciute»). 9. I criteri che si applicano al riconoscimento di una zona sono definiti nell'allegato B della direttiva 91/67 modificata. L'allegato C di questa direttiva contiene disposizioni analoghe per il riconoscimento di aziende. 10. L'art. 7, n. 1, della direttiva 91/67 modificata è così formulato: «I pesci vivi delle specie sensibili di cui all'allegato A, colonna 2, elenco II, nonché le loro uova o gameti, possono essere immessi sul mercato se soddisfano i requisiti complementari seguenti: a) se sono destinati ad essere introdotti in una zona riconosciuta, devono essere scortati, a norma dell'art. 11, da un documento di trasporto conforme al modello riportato nell'allegato E, capitolo 1 o 2, il quale attesti la loro provenienza da una zona riconosciuta o da un'azienda riconosciuta (...); b) se sono destinati ad essere introdotti in un'azienda che, pur essendo situata in una zona non riconosciuta, risponde ai requisiti dell'allegato C, sezione I, devono essere scortati, a norma dell'art. 11, da un documento di trasporto conforme al modello di cui all'allegato E, capitoli 1 o 2, il quale attesti la loro provenienza, rispettivamente, da una zona riconosciuta o da un'azienda avente la stessa qualifica sanitaria dell'azienda destinataria». 11. Ai sensi dell'art. 9, punto 1, della direttiva 91/67 modificata: «L'immissione sul mercato ai fini del consumo umano, di prodotti d'acquacultura originari di una zona non riconosciuta in una zona riconosciuta è soggetta ai requisiti seguenti: 1) I pesci sensibili alle malattie previste nell'allegato A, colonna 1 elenco II, devono essere uccisi ed eviscerati prima di essere spediti. Tuttavia, in attesa dei risultati del riesame di cui all'articolo 28, l'obbligo dell'eviscerazione non è imposto se i pesci provengono da un'azienda riconosciuta in una zona non riconosciuta. Deroghe a questo principio possono essere adottate secondo le procedure previste all'art. 26. In attesa di questa decisione, le normative nazionali rimangono applicabili, nel rispetto delle disposizioni generali del trattato». 12. Dalle disposizioni della direttiva 91/67 modificata risulta pertanto che il requisito secondo cui i pesci devono essere originari di una zona riconosciuta o di un'azienda riconosciuta per essere immessi vivi sul mercato si applica per quanto riguarda le specie sensibili alle malattie dell'elenco II, ivi compresa la SEV, ma non per quanto riguarda le malattie dell'elenco I, ossia l'AIS. I pesci di specie sensibili alle malattie dell'elenco II che non provengono da una zona riconosciuta o da un'azienda riconosciuta possono essere ammessi in una zona riconosciuta solo se sono stati uccisi ed eviscerati prima di essere spediti. La decisione 92/538/CEE 13. Le zone della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord sono state riconosciute per quanto si riferisce alla necrosi ematopoietica infettiva e alla SEV conformemente alla decisione della Commissione 9 novembre 1992, 92/538/CEE (GU L 347, pag. 67). La direttiva 93/53 14. La direttiva 93/53 si applica alle malattie degli elenchi I e II. Essa al dodicesimo considerando enuncia: «le disposizioni della decisione 90/424/CEE del Consiglio 26 giugno 1990, relativa a talune spese nel settore veterinario (...) e segnatamente l'art. 5, si applicano quando si manifesta una della malattie di cui all'allegato A della direttiva 91/67/CEE». 15. L'art. 3 della direttiva 93/53 impone agli Stati membri la registrazione delle aziende in cui sono allevati o sono presenti pesci sensibili alle malattie di cui agli elenchi I e II. Ai sensi dell'art. 4 di questa direttiva, essi si devono provvedere affinché il sospetto della presenza di una tale malattia sia obbligatoriamente notificato. 16. L'art. 5 della stessa direttiva riguarda la situazione in cui vi è il sospetto che pesci siano colpiti da una malattia dell'elenco I. Esso prevede in tal caso l'adozione di diverse misure, tra le quali un censimento ufficiale di tutte le specie e le categorie di pesci, l'istituzione di un cordone sanitario attorno all'azienda colpita, eliminazione dei pesci morti o delle loro frataglie sotto il controllo di un servizio ufficiale, l'uso di mezzi appropriati di disinfezione agli ingressi e alle uscite dell'azienda nonché un indagine epizoziologica. 17. L'art. 6 della direttiva 93/53 stabilisce: «Non appena la presenza di una delle malattie di cui all'elenco I è ufficialmente confermata, gli Stati membri provvedono affinché, a complemento delle misure elencate all'articolo 5, paragrafo 2, il servizio ufficiale disponga l'applicazione delle seguenti misure: a) Nell'azienda infetta: - tutti gli animali devono essere immediatamente rimossi; - qualora si tratti di aziende di terraferma tutte le vasche devono essere svuotate dell'acqua per essere pulite e disinfettate; - le uova e i gameti, i pesci morti e i pesci che presentano segni clinici di malattia sono considerati materiali a forte rischio e devono tutti essere distrutti sotto il controllo del servizio ufficiale, conformemente alla direttiva 90/667/CEE (...); - tutti i pesci vivi sono uccisi e distrutti sotto il controllo del servizio ufficiale, conformemente alla direttiva 90/667/CEE oppure, per quanto concerne i pesci che abbiano raggiunto le dimensioni commerciali e che non presentino nessun segno clinico di malattia, essi sono abbattuti sotto il controllo del servizio ufficiale ai fini della commercializzazione o trasformazione per il consumo umano; In quest'ultimo caso il servizio ufficiale provvede affinché i pesci siano immediatamente abbattuti ed eviscerati, le operazioni vengano effettuate in condizioni tali da impedire la diffusione di agenti patogeni, le frattaglie e i resti di pesci siano considerati materiali a forte rischio e subiscano un trattamento atto a distruggere gli agenti patogeni conformemente alla direttiva 90/667/CEE e le acque utilizzate siano sottoposte a un trattamento che renda inattivi gli eventuali agenti patogeni; - dopo il ritiro dei pesci, delle uova e dei gameti, le vasche, gli impianti e le sostanze potenzialmente contaminati devono essere puliti e disinfettati il più rapidamente possibile secondo le istruzioni impartite dal servizio ufficiale in modo da eliminare eventuali rischi di propagazione o di sopravvivenza dell'agente della malattia. Le procedure di pulizia e di disinfezione di un'azienda infetta sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 19; - qualsiasi sostanza di cui all'articolo 5, paragrafo 2, lettera d) che possa essere stata contaminata deve essere distrutta o sottoposta a trattamento atto a garantire la distruzione di qualsiasi agente patogeno; - deve essere effettuata un'indagine epizooziologica conformemente all'articolo 8, paragrafo 1 e devono essere applicate le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 4; tale indagine deve includere il prelievo di campioni da sottoporre ad analisi di laboratorio. b) Nel bacino imbrifero o nella zona costiera in cui si trova l'azienda infetta, tutte le aziende sono sottoposte a ispezioni sanitarie; se in occasione di tali ispezioni vengono accertati casi positivi, si applicano le misure di cui alla lettera a) del presente paragrafo. c) Il ripopolamento dell'azienda è autorizzato dal servizio ufficiale previa ispezione delle operazioni di pulizia e disinfezione e una volta trascorso un lasso di tempo ritenuto appropriato dal servizio ufficiale per garantire l'eliminazione completa dell'agente patogeno e l'eradicazione di altre possibili infezioni nel medesimo bacino imbrifero. d) Qualora l'applicazione delle misure di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'articolo 5, paragrafo 2 richiedesse la cooperazione dei servizi ufficiali di altri Stati membri, i servizi ufficiali degli Stati membri interessati forniscono la loro collaborazione per garantire il rispetto delle misure contemplate nel presente articolo. Ove occorra, le misure complementari appropriate sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 19». 18. L'art. 9 della direttiva 93/53 prevede: «1. In caso di sospetto o di conferma di una delle malattie di cui all'elenco II in una zona riconosciuta o in un'azienda riconosciuta situata in una zona non riconosciuta, sarà effettuata un'indagine epizooziologica ai sensi dell'articolo 8. Gli Stati membri che desiderano ristabilire la loro qualifica sanitaria definita a norma della direttiva 91/67/CEE devono conformarsi alle disposizioni degli allegati B e C di detta direttiva. 2. Qualora dall'indagine epizooziologica risulti che la malattia potrebbe essere stata introdotta da una zona riconosciuta o da un'altra azienda riconosciuta o potrebbe essere stata trasmessa ad un'altra azienda riconosciuta in seguito a movimenti di pesci, di uova o di gameti, di veicoli o di persone o in qualsiasi altro modo, tali zone o aziende sono considerate sospette e in tal caso si applicano le misure appropriate. 3. Il servizio ufficiale può tuttavia permettere che i pesci destinati all'abbattimento vengano mantenuti all'ingrasso fino a che abbiano raggiunto le dimensioni commerciali». 19. Le disposizioni dell'allegato B della direttiva 91/67 modificata menzionata dall'art. 9, n. 1, della direttiva 93/53 prevedono che il riconoscimento di una zona può essere ripristinato mediante, in particolare, l'abbattimento di tutti i pesci esistenti nelle aziende infette e l'eliminazione dei pesci malati o contaminati. 20. Ai sensi dell'art. 17 della direttiva 93/53: «Le condizioni per la partecipazione finanziaria della Comunità alle azioni connesse all'attuazione della presente direttiva sono definite nella decisione 90/424/CEE». 21. L'art. 20, n. 2, della stessa direttiva stabilisce: «Tuttavia, a decorrere dalla data prevista al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere o applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva, nel rispetto delle regole generali del trattato. Essi informano la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso». La decisione 90/424/CEE 22. La decisione del Consiglio 26 giugno 1990, 90/424/CEE, relativa a talune spese nel settore veterinario (GU L 224, pag. 19), stabilisce le modalità della partecipazione finanziaria della Comunità, da un lato, ad interventi di urgenza che si impongono qualora si manifestino le malattie elencate all'art. 3, n. 1, nonché, dall'altro, ai programmi di eradicazione e di sorveglianza delle malattie riportate nell'elenco che figura nel suo allegato. Essa prevede per ciascuno di questi due aspetti una partecipazione finanziaria della Comunità ai programmi nazionali di indennizzo degli allevatori. 23. L'elenco delle malattie che figura nell'allegato 3, n. 1, della decisione 90/424 non comprende alcuna malattia dei pesci. Esso tuttavia, secondo quando non stabilisce esplicitamente l'art. 5, n. 2, di questa decisione, può essere completato al fine di includere malattie trasmissibili ai pesci. 24. Inoltre, ai sensi dell'art. 3, n.2, della decisione 94/424, uno Stato membro può beneficiare del contributo finanziario della Comunità per interventi di urgenza che si impongono qualora si manifestino le malattie di cui al n. 1 di questo articolo solo a condizione che le misure immediatamente applicate da esso comprendano almeno, in particolare, l'indennizzo rapido ed adeguato degli allevatori. 25. La sola malattia dei pesci che è menzionata nell'elenco che figura nell'allegato della decisione 90/424 è la necrosi ematopoietica infettiva che è stata aggiunta a questo elenco dalla decisione del Consiglio 21 giugno 1994, 94/370/CE (GU L 168, pag. 31). La normativa nazionale 26. La direttiva 91/67 è stata attuata nel Regno Unito con i Fish Health Regulations 1992 (Statutory Instrument 1992, n. 3300). 27. La direttiva 93/53 è stata attuata in tale Stato membro con i regolamenti intitolati «Diseases of Fish (Control) Regulations 1994» (Statutory Instrument 1994, n. 1447). Tra questi, i regolamenti nn. 4 e 5 attuano le misure minime comunitarie di lotta contro le malattie dell'elenco I. Essi incaricano il ministro competente di adottare decreti che impongono l'applicazione dei provvedimenti stabiliti dalla direttiva 93/53. 28. Al momento dell'adozione dei Diseases of Fish (Control) Regulations 1994, nessuna manifestazione clinica o di altro tipo dell'esistenza delle malattie dell'elenco II era stata riscontrata nel Regno Unito, che beneficiava quindi a tal riguardo dello status di zona riconosciuta. Questo Stato membro ha deciso che qualsiasi manifestazione di una di queste malattie doveva richiedere l'applicazione di provvedimenti analoghi a quelli che la Comunità aveva imposto per le malattie dell'elenco I. 29. Il regolamento n. 7 dei Diseases of Fish (Control) Regulations 1994 incarica quindi il ministro competente di adottare decreti che impongono verso le malattie dell'elenco II gli stessi provvedimenti prescritti per lottare contro le malattie dell'elenco I. Le misure che il ministro è tenuto ad adottare con decreto in caso di epidemia confermata di SEV in una zona riconosciuta comprendono pertanto: «iii) la distruzione delle uova e dei gameti, dei pesci morti e dei pesci che presentano segni clinici di malattia, sotto il controllo del ministro e conformemente alle disposizioni della direttiva 90/667/CEE; iv) aa) l'uccisione e la distruzione di tutti i pesci vivi sotto il controllo del ministro e conformemente alle disposizioni della direttiva 90/667/CEE o bb) l'abbattimento, sotto il controllo del ministro, di tutti i pesci vivi, ai fini della loro commercializzazione o trasformazione per il consumo umano, a condizione che abbiano raggiunto le dimensioni commerciali e che non presentino nessun segno clinico di malattie». I fatti della causa principale e le questioni pregiudiziali Nel procedimento C-20/00 30. La McConnell Salmon Ltd (in prosieguo: «MSL») è una società alla quale la Booker è succeduta nel 1995 e nel 1996. La MSL aveva preso in locazione un allevamento di rombi sull'isola di Gigha (Regno Unito) nel 1993. Contemporaneamente aveva acquistato una partita di rombi delle classi di età 1991 e 1993. Essa ha introdotto successivamente nell'allevamento una nuova partita di rombi, della classe di età 1994. L'azienda era in quel tempo situata in una zona riconosciuta ai sensi della direttiva 91/67 modificata. 31. Nell'agosto 1994, è stato accertato un focolaio di SEV in questa azienda e, nel settembre 1994, il Secretary of State for Scotland ha notificato alla MSL un decreto (in prosieguo: il «decreto del 1994») adottato in applicazione del regolamento n. 7 dei Diseases of Fish (Control) Regulations 1994. 32. In base all'art. 4 del decreto del 1994: «Salvo quanto disposto al n. 5, tutti i pesci verranno uccisi e le loro carcasse distrutte ai sensi della direttiva del Consiglio 90/667/CEE, essendo inteso che le carcasse o i residui dei detti pesci dovranno essere eliminati con modalità o in un luogo soggetti alla previa approvazione del Secretary of State». 33. L'art. 5 dello stesso decreto prevede: «I pesci che, alla data della presente ordinanza, abbiano raggiunto le dimensioni commerciali possono essere uccisi al fine di essere successivamente commercializzati o trasformati per il consumo umano, alle seguenti condizioni: a) non devono presentare, a parere dell'ispettore, un segno clinico di malattia; b) devono essere eviscerati prima della commercializzazione o della trasformazione; c) l'abbattimento, l'eviscerazione e la preparazione ai fini della commercializzazione o trasformazione per il consumo umano devono essere effettuati conformemente alla normativa in materia; (...)». 34. I pesci delle classi di età 1993 e 1994 non avevano raggiunto una dimensione commerciale al momento della notifica del decreto del 1994 e si è dovuto quindi ucciderli e distruggerli ai sensi dell'art. 4 di questo decreto. I pesci della classe di età 1991, che avevano allora una taglia commerciale, sono stati abbattuti al fine di essere commercializzati o trasformati per il consumo umano, ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto. 35. La decisione 92/538 è stata modificata a causa di questo focolaio di SEV dalla decisione della Commissione 15 dicembre 1994, 94/817/CE (GU L 337, pag. 88), in modo da ridefinire le zone riconosciute per quanto riguarda l'SEV nel senso che comprendono «il territorio della Gran Bretagna, escluso il territorio dell'isola di Gigha». 36. La MSL ha chiesto al Secretary of State un indennizzo per le perdite assertivamente subite a causa dell'abbattimento e della distruzione delle classi di età 1993 e 1994, nonché a causa dell'abbattimento e della commercializzazione prematura e forzata dei pesci della classe di età 1991. Nel maggio 1996, il Secretary of State ha comunicato alla ricorrente nella causa principale che essa non aveva diritto ad un indennizzo e che inoltre sarebbe inopportuno che essa beneficiasse di un indennizzo a titolo benevolo, in quanto costituisce politica consolidata del governo non concedere indennizzi ai destinatari di misure adottate nell'ambito della lotta contro le malattie dei pesci. 37. La Booker ha avviato contro il Secretary of State un'azione intesa al controllo giurisdizionale del regolamento n. 7 dei Diseases of Fish (Control) Regulations 1994 e della decisione di rifiuto di indennizzo adottata dal Secretary of State nel maggio 1996. In primo grado, il Lord Ordinary della Court of Session (Scozia) (Regno Unito) ha dichiarato che il Secretary of State aveva agito illegittimamente non prevedendo la concessione di alcun indennizzo, per via legislativa o amministrativa, all'atto dell'adozione delle decisioni di abbattimento in esecuzione del detto regolamento. 38. Il Secretary of State ha interposto appello contro questa decisione. Gli Scottish Ministers, che sono succeduti per legge al Secretary of State, hanno ribadito la posizione di quest'ultimo per quanto riguarda la domanda di indennizzo ed hanno continuato il procedimento d'appello. 39. Ritenendo che la soluzione della causa principale dipendesse da un'interpretazione del diritto comunitario, la Court of Session (Scozia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Nel caso in cui uno Stato membro adotti, nell'adempimento dell'obbligo sancito dalla direttiva 93/53/CEE di disporre misure di controllo dirette a far fronte ad un'epidemia di cui all'elenco II in un'azienda riconosciuta ovvero in una zona riconosciuta, misure di diritto interno la cui applicazione comporti la distruzione e l'abbattimento di pesci, se i principi del diritto comunitario relativi alla tutela dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà, debbano essere interpretati nel senso che impongono a tale Stato membro l'obbligo di prevedere la corresponsione di un indennizzo: a) al proprietario dei pesci distrutti e b) al proprietario dei pesci di cui sia stato ingiunto l'abbattimento immediato, cosicché egli debba procedere immediatamente alla loro vendita. 2) Nel caso in cui gli Stati membri siano obbligati a prevedere un indennizzo, in base a quali criteri il giudice nazionale debba stabilire se i provvedimenti disposti siano compatibili con i diritti fondamentali, in particolare con il diritto di proprietà, di cui la Corte di giustizia assicura il rispetto e che sono sanciti, in particolare, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. 3) In particolare, se tali criteri impongano che i provvedimenti distinguano tra l'ipotesi in cui l'epidemia sia imputabile a colpa del proprietario dei pesci interessati e l'ipotesi in cui non sussista alcuna colpa del medesimo». Nel procedimento C-64/00 40. La Hydro Seafood esercita l'attività di allevamento di salmoni in diverse aziende situate nella Scozia occidentale. Nel 1998, queste aziende sono state colpite dall'AIS. In esecuzione del regolamento n. 5 dei Diseases of Fish (Control) Regulations 1994, il Secretary of State ha notificato alla Hydro Seafood, da maggio a luglio 1998, diversi decreti (in prosieguo: i «decreti del 1998») con cui si ordinava la distruzione dei pesci in suo possesso che non avevano ancora raggiunto una dimensione commerciale nonché la commercializzazione dei pesci in suo possesso pervenuti a tale dimensione. 41. La Hydro Seafood si è conformata ai decreti del 1998. Essa ha sostenuto tuttavia che oltre al danno derivante direttamente dalla distruzione e dalla commercializzazione prematura dei pesci in suo possesso, aveva dovuto sostenere rilevanti costi supplementari a causa delle misure pratiche restrittive imposte da questi decreti. La Hydro Seafood ha quindi chiesto al Secretary of State l'indennizzo per le perdite da essa valutate in GBP 14 milioni. Quest'ultimo ha respinto la domanda ed ha rifiutato qualsiasi indennizzo. 42. Nel marzo 1999, la Hydro Seafood ha avviato contro il Secretary of State un'azione intesa al controllo giurisdizionale di questa decisione di rifiuto di indennizzo. Gli Scottish Ministers, che sono succeduti al Secretary of State, hanno adottato la stessa posizione di quest'ultimo. 43. Ritenendo che la causa principale sollevasse questioni analoghe ma non identiche a quelle sottoposte alla Corte nella causa C-20/00 la Court of Session (Scozia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Nel caso in cui uno Stato membro adotti, nell'adempimento dell'obbligo sancito dalla direttiva 93/53/CEE di disporre misure di controllo dirette a far fronte ad un'epidemia di cui all'elenco I, misure di diritto interno la cui applicazione comporti la distruzione e l'abbattimento di pesci, se i principi del diritto comunitario relativi alla tutela dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà, debbano essere interpretati nel senso che impongono a tale Stato membro l'obbligo di prevedere la corresponsione di un indennizzo a) al proprietario dei pesci distrutti e b) al proprietario dei pesci di cui sia stato ingiunto l'abbattimento immediato, cosicché egli debba procedere immediatamente alla loro vendita. 2) Nel caso in cui gli Stati membri siano obbligati a prevedere un indennizzo, in base a quali criteri il giudice nazionale debba stabilire se i provvedimenti disposti siano compatibili con i diritti fondamentali, in particolare con il diritto di proprietà, di cui la Corte di giustizia assicura il rispetto e che sono sanciti, in particolare, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. 3) In particolare, se tali criteri impongano che i provvedimenti distinguano tra l'ipotesi in cui l'epidemia sia imputabile a colpa del proprietario dei pesci interessati e l'ipotesi in cui non sussista alcuna colpa del medesimo. 4) Se la direttiva 93/53/CEE sia illegittima per violazione del diritto fondamentale di proprietà nella parte in cui non prevede, qualora un'epidemia di AIS risulti confermata, la corresponsione di un indennizzo a) al proprietario dei pesci distrutti e b) al proprietario dei pesci di cui sia stato ingiunto l'abbattimento immediato, cosicché egli debba procedere immediatamente alla loro vendita». Sulla prima e seconda questione nei procedimenti C-20/00 e 64/00, nonché sulla quarta questione nel procedimento C-64/00 44. In via preliminare, occorre rilevare che la direttiva 93/53 prevede che, nelle aziende colpite da talune malattie, gli Stati membri controllino che siano adottate tra l'altro le misure seguenti: - per quanto riguarda le malattie dell'elenco I, da un lato, tutti i pesci che presentano segni clinici di malattia sono considerati materiali a forte rischio e devono essere distrutti sotto il controllo del servizio ufficiale, dall'altro, tutti i pesci vivi sono uccisi e distrutti sotto il controllo del servizio ufficiale oppure, per quanto concerne i pesci che abbiano raggiunto le dimensioni commerciali e che non presentino nessun segno clinico di malattia, essi sono abbattuti sotto il controllo del servizio ufficiale ai fini della commercializzazione o trasformazione per il consumo umano [art. 6, primo comma, lett. a), della direttiva 93/53]; - per quanto riguarda le malattie dell'elenco II, il ripristino del riconoscimento di una zona previsto da una direttiva 91/67 modificata è subordinato ai requisiti posti dall'allegato B di quest'ultima direttiva, in particolare all'abbattimento di tutti i pesci esistenti nelle aziende infette e all'eliminazione dei pesci colpiti o contaminati; il servizio ufficiale può tuttavia permettere che i pesci destinati all'abbattimento vengano mantenuti all'ingrasso fino a che abbiano raggiunto le dimensioni commerciali [art. 9 della direttiva 93/53]. 45. In tale contesto, le due prime questioni poste in ciascuna delle cause C-20/00 e C-64/00 nonché la quarta questione posta nella causa C-64/00 mirano ad accertare, da un lato, se la direttiva 93/53, in quanto impone misure minime di lotta contro le malattie dell'elenco I, non sia invalida a causa di una violazione del diritto fondamentale di proprietà e, dall'altro, se le misure adottate da uno Stato membro contro le malattie degli elenchi I e II, nell'ambito dell'applicazione della detta direttiva, non siano incompatibili con lo stesso diritto, allorché né questa direttiva né le misure nazionali adottate per la sua applicazione prevedono la concessione di un indennizzo per i proprietari colpiti. Osservazioni presentate alla Corte 46. Tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte rilevano che i diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario. Essi indicano inoltre che le esigenze collegate alla tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento giuridico comunitario vincolano anche gli Stati membri allorché questi danno attuazione a normative comunitarie e che tali diritti comprendono il diritto di proprietà, che è anch'esso sancito dall'art. 1 del protocollo aggiuntivo n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia deidiritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). 47. La Booker e la Hydro Seafood sostengono che i principi di diritto comunitario concernenti la tutela dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà, devono essere interpretati nel senso che richiedono un indennizzo dei proprietari i cui pesci sono stati distrutti, o uccisi e distrutti, o abbattuti in circostanze quali quelle delle fattispecie di cui alle cause principali. Esse richiamano a tal riguardo in particolare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cour eur. D. H., sentenze Sporrong e Lönnroth/Svezia del 23 settembre 1982, serie A n. 52; James e a./Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie A n. 98, e Pressos Compania Naviera SA e a./Belgio del 20 novembre 1995, serie A n. 332). 48. Secondo i ricorrenti nelle cause principali, l'esistenza ed il livello di un tale indennizzo sono elementi importanti nell'equilibrio tra l'interesse generale e i diritti individuali e consentono di garantire che la tutela riconosciuta dall'art. 1 del protocollo aggiuntivo n. 1 della CEDU contro l'espropriazione e la privazione dell'uso dei beni non sia illusorio o del tutto inefficace. 49. Esse fanno valere che non sostengono che le restrizioni apportate nelle fattispecie della cause principali al loro diritto di proprietà non rispondono ad obiettivi d'interesse generale perseguiti dalla Comunità nell'ambito dell'organizzazione comune del mercato dell'acquacultura. Tuttavia, in assenza di qualsiasi forma d'indennizzo, le misure adottate dal governo del Regno Unito costituirebbero un intervento eccessivo e inammissibile che pregiudicherebbe la sostanza stessa di questo diritto. 50. La Booker e la Hydro Seafood sostengono anche che, l'assenza di qualsiasi indennizzo a favore di coloro che sono stati colpiti da misure di diritto interno con cui si da attuazione ad una direttiva, in quanto lede un diritto fondamentale quale il diritto di proprietà, costituisce una violazione del principio di proporzionalità. 51. La Hydro Seafood fa valere inoltre che non vi è alcuna circostanza eccezionale tale da giustificare un rifiuto assoluto di concederle un indennizzo per il danno subito a causa delle misure di cui trattasi nella causa principale. 52. Gli Scottish Ministers, i governi del Regno Unito, francese, italiano, dei Paesi Bassi e norvegese nonché il Consiglio e la Commissione sostengono invece, da un lato, che la Corte di giustizia non ha mai dichiarato che i principi generali del diritto comunitario impongono il versamento di indennizzi in circostanze quali quelle di cui alla fattispecie della causa principale e, dall'altro, che una tale assenza di indennizzo è compatibile con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. 53. Gli Scottish Ministers, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione ritengono inoltre che le perdite subite dalle ricorrenti nella causa principale risultino meno dalla distruzione e dall'abbattimento prescritti che dal manifestarsi di malattie contro le quali la Comunità dovrebbe legittimamente poter lottare. 54. Secondo i governi francese, italiano, dei Paesi Bassi e norvegese nonché il Consiglio e la Commissione, quando la distruzione e l'abbattimento dei pesci sono giustificati da un'obiettivo di interesse generale della Comunità e queste misure non sono sproporzionate rispetto all'obiettivo perseguito al punto da pregiudicare la sostanza stessa del diritto di proprietà, esse non devono necessariamente essere accompagnate da un indennizzo. 55. Per quanto riguarda la validità della direttiva 93/53, la Hydro Seafood sostiene che questa direttiva, anche se non prevede specificamente un regime d'indennizzo a favore degli allevatori colpiti dalle misure che essa impone, lo prevede implicitamente. Anche supponendo che gli Stati membri non abbiano avuto il potere o l'obbligo di istituire un regime d'indennizzo a favore di questi allevatori, le disposizioni pertinenti della detta direttiva dovrebbero essere considerate illegittime. 56. Secondo i governi italiano e dei Paesi Bassi, nonché il Consiglio e la Commissione, il fatto che la direttiva 93/53 non contenga alcuna disposizione che prevede l'indennizzo degli allevatori non comporta che essa viola il diritto di proprietà e sia viziata da illegittimità. 57. Il governo dei Paesi Bassi fa valere anche che, in assenza di disposizioni comunitarie che disciplinano la questione, il principio e la forma di questo indennizzo rientrano nella competenza di ciascuno Stato membro. Valutazione della Corte 58. Nell'adottare la direttiva 93/53, il legislatore comunitario ha definito le misure di ordine sanitario e profilattico che gli Stati membri devono adottare per prevenire e eliminare talune malattie dei pesci nel loro territorio. 59. Occorre considerare innanzi tutto che un diritto all'indennizzo a favore dei proprietari i cui pesci sono stati distrutti o abbattuti in seguito all'attuazione di queste misure non risulta né dalla struttura né dalla formulazione della direttiva 93/53. 60. Certo, l'art. 17 della direttiva 93/53 prevede che le condizioni per la partecipazione finanziaria della Comunità alle azioni connesse all'attuazione di questa direttiva sono definite nella decisione 90/424. Quest'ultima istituisce un contributo finanziario della Comunità a favore degli Stati membri che hanno, in particolare, sostenuto spese per l'indennizzo dei proprietari i cui animali sono stati abbattuti o distrutti al fine della lotta contro talune malattie nell'ambito d'interventi d'urgenza o di programmi di eradicazione e di sorveglianza. 61. Tuttavia, l'elenco che figura all'art. 3, n. 1, della decisione 90/424, che enumera le malattie interessate dagli interventi d'urgenza, non menziona alcuna malattia dei pesci. 62. Inoltre, in forza dell'art. 3, n. 2, della decisione 90/424, uno Stato membro può beneficiare della partecipazione finanziaria della Comunità agli interventi d'urgenza che s'impongono qualora si manifestino malattie di cui al n. 1 di questo articolo solo a condizione che le misure da esso immediatamente applicate comportino almeno, in particolare, l'indennizzo rapido ed adeguato degli allevatori. Solo se lo Stato membro decide di procedere ad un tale indennizzo e soddisfa i detti requisiti può beneficiare della partecipazione finanziaria della Comunità. 63. Per quanto riguarda l'azione finanziaria della Comunità che l'art. 24 della decisione 90/424 prevede per l'eradicazione e la sorveglianza delle malattie, essa può riguardare solo quelle menzionate nell'elenco che figura nell'allegato di questa decisione. La sola malattia dei pesci riportata in questo elenco è, dall'entrata in vigore della decisione 94/370, la necrosi ematopoietica infettiva. 64. Occorre quindi verificare se, in assenza d'indennizzo dei proprietari colpiti, la direttiva 93/53 sia compatibile con il diritto fondamentale di proprietà. 65. A tal riguardo occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce l'osservanza e che, a tal fine, quest'ultima s'ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali in materia di tutela dei [32703mdiritti dell'uomo cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito (v., in tal senso, sentenza 13 dicembre 1979, Hauer, causa 44/79, Racc. pag. 3727, punto 15). La CEDU riveste, a tal riguardo, un significato particolare (v., in particolare, sentenze 6 marzo 2001, Connolly/Commissione, causa C-274/99 P, Racc. pag. I-1611, punto 37, e 22 ottobre 2002, Roquette Frères, causa C-94/00, Racc. pag. I-9011, punto 25). 66. I principi sviluppati da tale giurisprudenza sono stati riaffermati dal preambolo dell'Atto unico europeo, poi dall'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea (sentenza 15 dicembre 1995, Bosman, causa C-415/93, Racc. pag. I-4921, punto 79). Essi sono ormai ripresi dall'art. 6, n. 2, UE, in base al quale «l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, (...) e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario». 67. Tra i diritti fondamentali tutelati dalla Corte figura il diritto di proprietà (sentenza Hauer, sopra menzionato, punto 17). 68. Tuttavia, i diritti fondamentali non risultano essere prerogative assolute, ma vanno considerati in relazione alla funzione da essi svolta nella società. E' pertanto possibile operare restrizioni all'esercizio di detti diritti, in particolare nell'ambito di un'organizzazione comune dei mercati, purché dette restrizioni rispondano effettivamente a finalità d'interesse generale perseguite dalla Comunità e non si risolvano, considerato lo scopo perseguito, in un intervento sproporzionato ed inammissibile che pregiudicherebbe la sostanza stessa di tali diritti (v. sentenza 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf, Racc. pag. 2609, punto 18; 10 gennaio 1992, causa C-177/90, Kühn, Racc. pag. I-35, punto 16; e 15 aprile 1997, causa C-22/94, Irish Farmers Association e a., Racc. pag. I-1809, punto 27). 69. Alla luce di questi criteri occorre valutare la compatibilità del regime di cui trattasi nella causa principale con i requisiti derivanti dalla tutela del diritto fondamentale di proprietà. 70. Occorre innanzi tutto identificare gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 93/53 e, in secondo luogo, valutare se, tenuto conto di questi obiettivi, le misure di distruzione e di abbattimento previste dalla detta direttiva costituiscano, in assenza di un indennizzo a favore dei proprietari colpiti, un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà. 71. Le disposizioni della direttiva 93/53 devono essere considerate nel contesto dell'organizzazione comune del mercato degli animali e dei prodotti di acquacultura, la quale è strettamente collegata alla politica strutturale della Comunità in questo settore. Taluni obiettivi perseguiti in materia risultano dalla direttiva 91/67 modificata. 72. Dall'insieme della direttiva 91/67 modificata emerge che la politica attuata dalla Comunità mira a contribuire al completamento del mercato interno degli animali e dei prodotti di acquacultura, evitando al tempo stesso la diffusione delle malattie contagiose dei pesci. 73. Questa direttiva mira quindi a raggiungere, nell'ambito degli orientamenti definiti all'art. 39 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 33 CE) un doppio obiettivo che è, da un lato, assicurare con il completamento del mercato interno lo sviluppo razionale del settore dell'acquacultura nonché di accrescervi la produttività e, dall'altro, di fissare a livello comunitario le norme di polizia sanitaria che disciplinano questo settore. 74. Per raggiungere questo duplice obiettivo la direttiva 91/67 modificata prevede disposizioni generali relative alla commercializzazione di animali d'acquacultura, ivi comprese le specie sensibili alle malattie degli elenchi I e II. Essa prevede un ampio ventaglio di norme che si applicano sia nella fase del riconoscimento delle zone e delle aziende considerate totalmente o parzialmente risparmiate dalla malattie dell'elenco II, ivi comprese la SEV, sia nella fase della commercializzazione di animali e di prodotti d'acquacultura. 75. Per quanto riguarda le malattie dell'elenco II, occorre menzionare in particolare gli artt. 5-7 e 9 nonché l'allegato A della direttiva 91/67 modificata. Considerando che la situazione zoosanitaria degli animali d'acquacultura non è omogenea nel territorio della Comunità, queste disposizioni definiscono e disciplinano zone riconosciute e aziende riconosciute che beneficiano di uno stato zoosanitario particolare, al fine di facilitare la commercializzazione dei pesci che provengono da queste zone e da queste aziende. 76. In particolare, l'art. 7 della direttiva 91/67 modificata prevede che i pesci delle specie sensibili alle malattie dell'elenco II possono essere liberamente trasportati vivi e commercializzati così nella Comunità se provengono da una zona riconosciuta o da un'azienda riconosciuta. Al fine di consentire un tale commercializzazione, questa direttiva definisce le condizioni e la procedura che si applicano al riconoscimento di una zona o di un'azienda nonché al mantenimento, alla sospensione, al ripristino e alla revoca del riconoscimento. 77. In tale contesto è intervenuta la direttiva 93/53. Dal preambolo di questa direttiva risulta che essa adempie anche una duplice funzione. Da un lato, essa deve consentire di adottare misure di lotta non appena si sospetti la presenza, in un'azienda, di una malattia degli elenchi I e II, per poter intervenire immediatamente e in modo efficace non appena confermata la presenza della malattia. Dall'altro, dato che un focolaio può estendersi rapidamente e diventare un'epizootia che provoca la morte di numerosi pesci, nonché perturbazioni di un'ampiezza tale che la reddività dell'acquacultura può essere seriamente ridotta, la detta direttiva mira a prevenire la diffusione della malattia, in particolare istituendo un controllo accurato dei trasporti di pesci e di prodotti che possono favorire la propagazione dell'infezione. 78. La direttiva 93/53 mira quindi a contribuire al completamento del mercato interno degli animali nonché dei prodotti di acquacultura e fa parte di un regime destinato a istituire misure comunitarie minime di lotta contro talune malattie dei pesci. Inoltre, le misure che questa direttiva impone rispondono effettivamente ad obiettivi di interesse generali perseguiti dalla Comunità. 79. Per quanto riguarda l'accertamento se le restrizioni al diritto di proprietà derivanti da queste misure non costituiscano, tenuto conto del fine perseguito e in assenza di un indennizzo, un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà, occorre rilevare innanzi tutto che le dette misure hanno un carattere di urgenza e sono destinate a garantire che un'azione efficace sia posta in essere sin dal momento in cui l'esistenza della malattia è confermata, nonché ad eliminare qualsiasi rischio di diffusione o di sopravvivenza dell'agente patogeno. 80. Inoltre, le misure considerate hanno per effetto non di privare i proprietari delle aziende d'acquacultura dell'uso di queste ultime, ma di consentire loro di continuare ad esercitarvi la loro attività. 81. Infatti, la distruzione e l'abbattimento immediati di tutti i pesci consentono ai detti proprietari di ripopolare al più presto gli allevamenti colpiti. 82. Le dette misure consentono quindi la ripresa del trasporto e la commercializzazione nella Comunità di pesci vivi delle specie sensibili alle malattie degli elenchi I e II, di modo che tutti gli interessati, compresi i proprietari delle aziende d'acquacultura, possono beneficiare dei loro effetti. 83. Infine, occorre rilevare che, come la Booker stessa ha ammesso, l'attività che essa esercita in quanto proprietaria di una azienda di acquacoltura comporta rischi commerciali. Come hanno sostenuto giustamente gli Scottish Ministers, il governo del Regno Unito, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione, le ricorrenti nella causa principale possono attendersi, in quanto allevatori, che una malattia dei pesci si manifesti in qualsiasi momento e causi loro un danno. Questo rischio è inerente all'attività di allevamento e di commercializzazione di animali vivi e costituisce la conseguenza di un evento naturale, per quanto riguarda sia le malattie dell'elenco I sia quello dell'elenco II. 84. Per quanto riguarda l'entità dell'eventuale danno, si deve constatare che i pesci che presentano segni clinici di malattia non hanno, a causa del loro stato, alcun valore. Per quanto riguarda i pesci che hanno raggiunto una dimensione commerciale e avrebbero potuto essere commercializzati o trasformati al fine del consumo umano dato che essi non presentavano, al momento del loro abbattimento, alcun segno clinico di malattia, la perdita eventualmente subita dagli allevatori a causa dell'abbattimento immediato di questo tipo di pesci proviene dal fatto che essi non hanno potuto scegliere il momento più favorevole per la loro commercializzazione. Del resto, occorre rilevare che, a causa del rischio che essi presentino in futuro segni di tale tipo, non è possibile determinare un qualsiasi momento più favorevole per la loro commercializzazione. Per quanto riguarda tutti gli altri tipi di pesci, non è possibile nemmeno accertare se essi abbiano un qualsiasi valore commerciali, a causa del rischio che essi presentino in futuro segni clinici di malattia. 85. Certo, il legislatore comunitario, nell'ambito dell'ampio potere discrezionale di cui dispone in materia di politica agricola (v. sentenza 6 aprile 1995, causa C-315/93, Flip e Verdegem, Racc. pag. I-913, punto 26) piò ritenere opportuno indennizzare, parzialmente o totalmente, i proprietari delle aziende in cui sono stati distrutti e abbattuti animali. Tuttavia, non si può dedurre da questa constatazione l'esistenza, in diritto comunitario, di un principio generale che imporrebbe la concessione di un indennizzo in ogni caso. 86. Da tutto quanto precede risulta che le misure minime di distruzione e di abbattimento immediati imposti dalla direttiva 93/53 al fine di lottare contro le malattie dell'elenco I, in assenza di un indennizzo a favore dei proprietari colpiti, non costituiscono un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà. 87. Pertanto, occorre risolvere la quarta questione posta nella causa C-64/00 nel senso che dal suo esame non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva 93/53 in quanto questa impone misure minime di lotta contro le malattie dell'elenco I senza prevedere la concessione di un indennizzo a favore dei proprietari colpiti da queste misure. 88. Per quanto riguarda l'applicazione della direttiva 93/53 da parte degli Stati membri, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze Wachauf, punto 19 e 24 marzo 1994, causa C-2/92, Bostock, Racc. pag. I-955, punto 16), le esigenze inerenti alla tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento giuridico comunitario vincolano parimenti gli Stati membri quando essi danno esecuzione alle disposizioni comunitarie e, di conseguenza, questi sono tenuti, per quanto possibile, ad applicare tali discipline nel rispetto delle esigenze ricordate. 89. Il Regno Unito ha adottato le misure minime di lotta contro le malattie dell'elenco I previste dalla direttiva 93/53. Esso non ha fatto uso della facoltà concessa agli Stati membri dall'art. 9, n. 3 di questa direttiva di autorizzare l'ingrasso dei pesci colpiti da una malattia dell'elenco II, finché questi raggiungono una dimensione commerciale, ma ha imposto relativamente alle malattie dell'elenco II misure equivalenti a quelle previste dalla detta direttiva contro le malattie dell'elenco I. 90. In circostanze quali quelle delle fattispecie di cui alle cause principali, l'attuazione da parte di uno Stato membro di misure obbligatorie di lotta contro le malattie dell'elenco I identiche alle misure minime che la Comunità ha imposto per le dette malattie, senza prevedere la concessione di un indennizzo, non costituisce, in considerazione di quanto osservato ai punti 79-85 della presente sentenza, un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà. 91. D'altra parte, la distruzione e l'abbattimento immediati dei pesci che si trovano in un'azienda colpita da una delle malattie dell'elenco II consentono il ripristino, in uno Stato membro e il più rapidamente possibile, del riconoscimento di una zona compresa in una parte del territorio della Comunità in cui la detta malattia è assente. Un tale ripristino consente al più presto la commercializzazione nella Comunità di pesci vivi delle specie sensibili alle dette malattie ed il divieto, in una zona riconosciuta, della commercializzazione dei detti pesci vivi che non provengono da una zona riconosciuta o da un'azienda riconosciuta. 92. Per considerazioni identiche a quelle svolte ai punti 79-85 e 91 della presente sentenza, in circostanze quali quelle delle fattispecie di cui alle cause principali, l'attuazione da parte di uno Stato membro di misure di lotta contro le malattie dell'elenco II analoghe alle misure minime che la Comunità ha imposto per le malattie dell'elenco I, senza prevedere la concessione di un indennizzo, risponde effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituisce nemmeno un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà. 93. Occorre pertanto risolvere le due prime questioni poste nelle cause C-20/00 e C-64/00 nel senso che le misure di distruzione e di abbattimento immediati di pesci attuate da uno Stato membro al fine della lotta contro le malattie degli elenchi I e II nell'ambito dell'applicazione della direttiva 93/53, rispettivamente identiche e analoghe alle misure minime che la Comunità ha imposto per le malattie dell'elenco I, e che non prevedono la concessione di un indennizzo non sono, in circostanze quali quelle di cui alle fattispecie delle cause principali, incompatibili con il diritto fondamentale di proprietà. Sulla terza questione nelle cause C-20/00 e C-64/00 94. Con la terza questione posta nelle cause C-20/00 e C-64/00, il giudice del rinvio chiede se l'esame della compatibilità con il diritto fondamentale di proprietà delle misure adottate da uno Stato membro al fine della lotta contro le malattie degli elenchi I e II, nell'ambito dell'applicazione della direttiva 93/53, possa variare a seconda che il manifestarsi del focolaio della malattia sia dovuto o meno ad un errore del proprietario dei pesci. 95. In considerazione delle soluzioni date alla prima e seconda questione nelle cause C-20/00 e C-64/00 occorre risolvere la terza questione in queste cause nel senso che il fatto che il manifestarsi del focolaio della malattia sia dovuto o meno ad un errore del proprietario dei pesci è, in circostanze quali quelle delle fattispecie di cui alla causa principale, senza incidenza sulla compatibilità con il diritto fondamentale di proprietà delle misure imposte da uno Stato membro al fine della lotta contro le malattie degli elenchi I e II nell'ambito dell'applicazione della direttiva 93/53. Sulle spese 96. Le spese sostenute dai governi del Regno Unito, francese, italiano, dei Paesi Bassi e norvegese, nonché dal Consiglio e dalla Commissione che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi, LA CORTE pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Court of Session (Scotland), con ordinanze 11 gennaio e 18 febbraio 2000, dichiara: 1) Dall'esame della quarta questione pregiudiziale nella causa C-64/00 non emerge alcun elemento tale da inficiare la validità della direttiva del Consiglio 24 giugno 1993, 93/53/CEE, recante misure comunitarie minime di lotta contro talune malattie dei pesci, in quanto questa impone misure minime di lotta contro le malattie dell'elenco I dell'allegato A della direttiva del Consiglio 28 gennaio 1991, 91/67/CEE, che stabilisce le norme di polizia sanitaria per la commercializzazione di animali e prodotti d'acquacultura, come modificata dalla direttiva del Consiglio 24 giugno 1993, 93/54/CEE, senza prevedere la concessione di un indennizzo a favore dei proprietari colpiti da queste misure. 2) Le misure di distruzione e di abbattimento immediati di pesci che uno Stato membro ha attuato al fine della lotta contro le malattie degli elenchi I e II del detto allegato nell'ambito dell'applicazione della direttiva 93/53, rispettivamente identiche e analoghe alle misure minime che la Comunità ha imposto per le malattie per l'elenco I, e che non prevedono la concessione di un indennizzo non sono, in circostanze quasi quelle di cui alle fattispecie delle cause principali, incompatibili con il diritto fondamentale di proprietà. 3) Il fatto che il manifestarsi del focolaio della malattia sia dovuto o meno ad un errore del proprietario dei pesci, è, in circostanze quali quelle delle fattispecie di cui alla cause principali, senza incidenza sulla compatibilità con il diritto fondamentale di proprietà delle misure imposte da uno Stato membro al fine della lotta contro le malattie degli elenchi I e II del detto allegato nell'ambito dell'applicazione della direttiva 93/53. Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 luglio 2003 Il cancelliere R. Grass Il presidente G.C. Rodríguez Iglesias Lingua processuale: l'inglese. |