Maurizio de Stefano Avvocato in Roma (Segretario della Consulta per la Giustizia Europea dei Diritti dell’Uomo) 1. L'Europa è governata da due organismi internazionali concentrici: il Consiglio d'Europa (1) e l'Unione europea (già denominata Comunità Europea). L'Unione europea conta nel 2001 quindici Stati membri (2) ed il Consiglio d'Europa ne conta quarantatre (3), compresi i quindici Stati membri dell'Unione europea. Molti Stati, già membri del Consiglio d'Europa, aspirano a far parte anche dell'Unione europea. L'Italia è contestualmente membro dell'Unione Europea e membro del Consiglio d'Europa. Ciascuno dei predetti due organismi sopranazionali ha come referente giurisdizionale una sua propria Corte: a Lussemburgo per l'Unione Europea, vi è la Corte di giustizia delle Comunità europee; a Strasburgo, per il Consiglio d'Europa, vi è la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Gli Stati contestualmente membri dei due organismi sopranazionali sono assoggettati ad ambedue le predette Corti europee (4). Il sistema a carattere giudiziario europeo, che ha abbattuto il consuetudinario dovere di non ingerenza negli affari interni di uno Stato, affida alle due predette Corti europee la vigilanza sull'applicazione da parte dei giudici nazionali delle norme dei due predetti organismi sopranazionali, che sono cogenti proprio all'interno degli ordinamenti giuridici nazionali ed invocabili direttamente dalle persone sottoposte alla giurisdizione di tali Stati.
Il sistema a carattere giudiziario dei quindici Stati membri dell'Unione europea.
2. Nell'ambito dell'Unione Europea, il diritto "comunitario" propriamente detto, concerne i Trattati originariamente istitutivi delle Comunità europee, poi i Trattati di Maastricht del febbraio 1992, di Amsterdam dell' ottobre 1997, di Nizza del dicembre 2000 ed inoltre concerne i regolamenti direttamente applicabili in ogni Stato membro, che conferiscono diritti ed obbligazioni ai singoli, sia nei loro rapporti interprivati , sia nelle loro relazioni con gli Stati e le istituzioni comunitarie. Vi sono anche le direttive destinate però ai singoli Stati membri che sono obbligati a raggiungere l'obiettivo ed i risultati fissati dalle medesime direttive con successive leggi nazionali di attuazione. Il singolo può chiedere in qualunque fattispecie l'applicazione diretta dei Trattati e dei regolamenti davanti al giudice nazionale e parimenti può agire davanti al giudice nazionale nei confronti dello Stato che risultasse inadempiente all'obbligo di attuazione di una direttiva, per lamentare il danno sofferto consequenziale a tale inadempimento (5). Nel corso di tale processo davanti ai giudici nazionali, il giudice per risolvere il caso concreto può richiedere incidentalmente alla Corte di Giustizia delle Comunità europee (a Lussemburgo) di fornirgli l'interpretazione pregiudiziale (6) di una direttiva comunitaria o di un regolamento o di una norma dei Trattati, fermo restando che è sempre il giudice nazionale a dover interpretare ed applicare le norme comunitarie. Sempre nell'ambito dell'Unione europea, anche la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo costituisce parte integrante dei principi di diritto (7) dei quali la Corte di Giustizia delle Comunità europee garantisce l'osservanza e, comunque, il rispetto dei diritti dell'uomo costituisce un requisito di legittimità degli atti comunitari (8). Il sistema a carattere giudiziario dei quarantatre Stati membri del Consiglio d'Europa. 3. Nell'ambito del Consiglio d'Europa vi è la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 novembre 1950 ed i suoi Protocolli aggiuntivi. Gli Stati si sono obbligati a tutelare i diritti ivi riconosciuti (diritti politici e civili e taluni diritti economici, sociali e culturali) ed i singoli possono invocarne la tutela davanti ai giudici nazionali. Ricordando che qualsivoglia catalogo di diritti fondamentali, per quanto completo ed avanzato, non ha alcun valore senza una effettiva giustiziabilità, va considerato che oggi in Europa, dal Portogallo alla Russia , dalla Norvegia alla Turchia, da Dublino a Vladivostok, ottocento milioni di persone godono della "giustiziabilità" internazionale dei diritti umani davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha sede a Strasburgo. Ma poiché il primo giudice obbligato ad interpretare ed applicare i diritti dell'uomo è sempre il giudice nazionale (9), a quest'ultimo deve rivolgersi la persona per reclamarne giudizialmente la tutela . Solo in via eccezionale ed ultimativa dovrebbe essere necessario il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo Europea. Infatti, la finalità dell'art. 35 (già 26 ) della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo è quella di consentire agli Stati di rimediare alle violazioni prima che siano sottoposte all'esame della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Pertanto, in tale sistema giudiziario europeo il singolo deve chiedere l'applicazione diretta della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e dei Protocolli aggiuntivi davanti al giudice nazionale, a prescindere da eventuali norme nazionali in contrasto, ma (come spesso è accaduto in Italia), è possibile che il giudice rifiuti l'applicazione diretta della Convenzione , salvo a sollevare la questione della illegittimità costituzionale ove vi sia coincidenza dei principi costituzionali (come spesso sussiste) con i diritti umani riconosciuti dalla predetta Convenzione Europea. Soltanto dopo che le giurisdizioni nazionali (anche costituzionali) abbiano emesso la loro sentenza definitiva, la pretesa vittima della violazione dei diritti umani (perpetrata dallo Stato con l'avallo e la patente di legittimità conferita dai giudici nazionali di quello stesso Stato) può, ma a pena di decadenza, entro i sei mesi dalla decisione interna definitiva, proporre un ricorso diretto alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (a Strasburgo) per ottenere l'accertamento internazionale della violazione ed il risarcimento del danno a carico dello Stato inadempiente (10). 4. In considerazione del fatto che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo rappresenta ratione temporis l'ultima spiaggia dove può approdare una vittima della violazione dei diritti umani e proprio per questa sua collocazione cronologica dopo l'iter processuale nazionale, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è in grado di vagliare i pronunciamenti dei giudici nazionali ed incidentalmente nell'ambito dell'Unione Europea anche le sentenze che la Corte di Giustizia delle Comunità europee fosse stata chiamata a pronunciare, su invito dei giudici nazionali. Ma la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo non ha gli stessi poteri della Corte costituzionale italiana e pertanto, anche se dichiarasse che una legge nazionale o una sentenza è contraria alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, non può privare di effetti tale legge, né tale sentenza. L'imputato resta condannato alla pena ed il debitore obbligato ad adempiere la sentenza del giudice nazionale. Primato della Corte Europea dei Diritti dell'uomo 5. Per esemplificare questi principi con riferimento alla fattispecie conclusasi con la sentenza Lucà contro Italia del 27.02.2001 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che qui si commenta, si ricorda che nel precedente giudizio davanti ai giudici italiani infruttuosamente gli imputati avevano eccepito l'incostituzionalità dell'art. 513 del codice procedura penale anche per incompatibilità con l'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. In particolare la Corte di cassazione nel rigettare i ricorsi del ricorrente e dei suoi coimputati, osservava che l'art. 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo concerneva « l'interrogatorio dei testimoni, che (...) sono obbligati a dire la verità e non l'interrogatorio degli imputati, che hanno la facoltà di difendersi mantenendo il silenzio o finanche di mentire » e che la materia processuale dell'interrogatorio dei testimoni era riservata alla disciplina interna dello Stato. 6. A fronte di tale statuizione dei giudici nazionali, entro i sei mesi successivi alla definitiva sentenza della Cassazione, il sig. Lucà ha adito la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, per denunciare la violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, sostenendo che, a torto, tutti i giudici nazionali avevano ritenuto insussistente tale violazione e che la sua condanna penale si era fondata unicamente sulle dichiarazioni accusatorie di persone che egli non aveva potuto interrogare. La sentenza Lucà contro Italia nell'affermare che l'imputato non aveva fruito delle garanzie del giusto processo, dimostra la supremazia e la gerarchia nell'interpretazione e nella tutela dei diritti umani da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e quindi denota un conflitto di giudicati, rispetto alla Corte di Cassazione ed alla Corte Costituzionale italiana. 7. Come ho sempre sostenuto, anche con riferimento a tutte le Corti europee (11), essendosi la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo pronunciata per ultima (dopo l'esaurimento delle vie di ricorso ordinarie), essa ha avuto la possibilità di dire... l'ultima parola. È vero che quest'ultima Corte non ha potuto riformare il giudicato, ormai divenuto definitivo nell'ambito dell'ordinamento interno, ma ricordato il carattere vincolante dell'interpretazione data dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo alle norme della Convenzione, per il futuro, i giudici nazionali italiani, dovranno conformarsi a «quella» interpretazione. In difetto, tutti gli interessati nelle stesse condizioni potranno rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo (12) e l'ipotesi non appare inverosimile nel momento in cui il legislatore italiano ha riformato (13) ancora una volta l'art. 513 del codice di procedura penale per renderlo conforme al nuovo art. 111 della Costituzione, che deve a sua volta necessariamente essere conforme all'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Ma la sentenza che quivi si commenta rivendica a sé il primato dell'interpretazione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, alla luce dei principi enunciati dalla stessa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, disattendendo l'interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione italiana (14). Questa sentenza Lucà contro Italia dimostra come la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo può definirsi una vera e propria "Corte Costituzionale sovranazionale europea", in quanto ha un ruolo propulsivo in sede di interpretazione delle norme esistenti, che diviene vincolante anche per i giudici nazionali, i quali come si è detto sono i primi destinatari e tutori dell'applicazione della stessa Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Tra i giudici nazionali vi è compresa anche la Corte Costituzionale italiana. 8. Fino ad oggi non si era mai posto un vero conflitto di giudicati. Ad esempio la Corte Costituzionale italiana ha sempre voluto richiamare le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo a fianco ed a sostegno dell'interpretazione delle norme della Carta Costituzionale italiana, anche se la Cassazione aveva negato alle norme europee il rango di norme costituzionali (15). 9. Ma nella sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo Lucà contro Italia, per la prima volta si censura non solo la Corte di Cassazione, ma anche la Corte Costituzionale italiana e ciò costituisce un vulnus per la Corte Costituzionale poiché essa, come tutte le Corti costituzionali nazionali, ha sempre rivendicato, nel proprio ambito di giurisdizione, la sua supremazia rispetto a qualsiasi altra Corte o norma internazionale (16). Con questa odierna sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, il conflitto di giudicato si è manifestato nella sua evidenza, nell'esame della sentenza n. 254 del 1992, dove la Corte Costituzionale aveva dichiarato il secondo comma dell'art. 513 incostituzionale; a tal proposito, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo Europea stigmatizza nel merito che la Corte Costituzionale aveva permesso al giudice del merito l'utilizzazione delle dichiarazioni fatte da un imputato in un procedimento connesso, senza porsi il dubbio di legittimità costituzionale (con i parametri "europei") se la persona contro la quale esse erano utilizzate (ai fini della condanna) avesse avuto mai la possibilità di interrogare o di farne interrogare il testimone a suo carico. Ma la censura più grave è rivolta al modus operandi, cioè al metodo di valutazione della fattispecie, dove la Corte Costituzionale non aveva fatto alcun riferimento alle garanzie d'equità del processo enunciate nell'articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, né ai criteri scaturenti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Nella sostanza la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nel rivendicare a sé il primato della tutela dei diritti fondamentali, ha raccomandato alle Corti nazionali di "leggere" innanzitutto e poi di applicare le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo secondo i principi ermeneutici espressi nella giurisprudenza (17) della stessa Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. 10. Ma tornando alla finalità dell'art. 35 (già 26 ) della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che è quella di consentire agli Stati di rimediare alle violazioni prima che siano sottoposte all'esame della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, si pone il problema della diretta applicabilità dei diritti umani nell'ordinamento giuridico italiano, così come si era posto quello della diretta applicabilità del diritto "comunitario", propriamente detto, nell'ordinamento giuridico italiano. Diretta applicabilità nell'ordinamento giuridico italiano del diritto "comunitario" 11. Giova ricordarne l'evoluzione storica. A seguito di molteplici delle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee (18), finalmente la Corte costituzionale (19) e poi la Cassazione italiana hanno riconosciuto la diretta applicabilità del diritto "comunitario", ivi comprese le regole generali dell'ordinamento "comunitario", ricavate in sede di interpretazione dell'ordinamento stesso dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, affermando il seguente principio. Nel contrasto tra diritto interno e diritto "comunitario", la prevalenza spetta al diritto "comunitario" anche se la norma interna confliggente sia stata emanata in epoca successiva, con la conseguenza che l'applicazione del diritto "comunitario" avviene in via diretta in luogo di quello interno da disapplicare ad opera non solo del giudice, ma anche degli organi della Pubblica Amministrazione nello svolgimento della loro attività amministrativa, e cioè anche d'ufficio, indipendentemente da sollecitazioni o richieste di parte (20). È vero che la Corte Costituzionale, pur riconoscendo il primato del diritto "comunitario" propriamente detto, si è sempre riservata il primato sulla tutela dei principi fondamentali della persona umana (21). Ma questa riserva dovrebbe essere oggi superata dal fatto che i diritti umani formano ormai parte essenziale ed integrante del diritto "comunitario". Diretta applicabilità nell'ordinamento giuridico italiano della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo 12. Circa la diretta ed immediata applicabilità nell'ordinamento giuridico italiano della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo si potrebbe riproporre lo stesso percorso logico-giuridico, utilizzato per il diritto "comunitario". 13. In passato si affermava che la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo non è fonte di norme costituzionali o costituzionalizzate, ma ha valore di semplice legge ordinaria (22). In una giurisprudenza non troppo lontana, fino al 1987, si affermava che i cittadini italiani erano ancora dei "sudditi" (23) e fino al 1989, erano dei "singoli" (24) che non potevano rivendicare la diretta applicabilità delle norme della Convenzione; tale definizione ci ricorda che nel diritto internazionale, un individuo non poteva intentare un'azione giudiziaria contro uno Stato , in quanto tradizionalmente l'individuo non era né soggetto di diritto internazionale , né titolare di un diritto d'azione. 14. La Cassazione nel sostenere la portata non precettiva, ma solo "programmatica" (25) delle norme della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, avente valore di legge ordinaria, ha anche precisato che la Convenzione non poteva collocarsi al di sopra della Costituzione italiana, che restava l'unico parametro di valutazione della conformità delle leggi ai principi costituzionali (26). Da ultimo si è ancora affermato che questa Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo non gode della protezione di cui all'art. 10 Costituzione (norme del diritto internazionale generalmente riconosciute per forza consuetudinaria), ma è semplicemente una norma internazionale di natura pattizia (27). 15. La Convenzione Europea dei diritti dell'uomo in quanto recepita dal legislatore italiano (L. 4 agosto 1955, n. 848) è divenuta parte integrante dell'ordinamento giuridico italiano, ma solo raramente si è detto che essa vive nell'interpretazione fornita dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (28). Ma il lungo cammino della diretta applicabilità inizia con la famosa sentenza della Cassazione (la sentenza Polo Castro) a sezioni unite del 1988 (29) che finalmente definisce la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo parte integrante del diritto italiano. Solo più di recente si è affermato che le norme della predetta Convenzione non sono dotate di efficacia meramente programmatica, in quanto impongono agli Stati contraenti, veri e propri obblighi giuridici immediatamente vincolanti, e, una volta introdotte nell'ordinamento statale interno, sono fonte di diritti ed obblighi per tutti i soggetti; né può dubitarsi del fatto che le norme in questione, introdotte nell'ordinamento italiano con la forza di legge propria degli atti contenenti i relativi ordini di esecuzione, non possono ritenersi abrogate da successive disposizioni di legge interna, poiché esse derivano da una fonte riconducibile ad una competenza atipica e - come tali- sono insuscettibili di abrogazione o di modificazione da parte di disposizioni di legge ordinaria (30). 16. La foglia di fico della mera programmaticità delle norme della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo ha lasciato il campo a talune sentenze dove si è affermato espressamente l'abrogazione di norme interne incompatibili con la Convenzione (31). 17. L'ottusa prudenza tradizionalmente dispiegata dai giudici italiani verso le norme del diritto internazionale dapprima è caduta nei confronti del diritto "comunitario" (sotto i colpi della Corte di Giustizia delle Comunità Europee) ed ora si è attenuata nei confronti della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo. Confidiamo che quest'ultima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nel caso Lucà contro Italia possa considerarsi l'abbattimento dell'ultimo muro, cinquanta anni dopo la firma della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo! 18. Se la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo nella gerarchia delle fonti si fonda sul principio di sussidiarietà, nel senso che in materia di diritti umani, sono gli Stati a doverli proteggere con le loro leggi ed i loro giudici nazionali, il sistema di protezione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo diviene solo accessorio ed eccezionale laddove è fallita la funzione del legislatore e del giudice nazionale. Nella gerarchia delle fonti del diritto, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo assurge al rango di "carta costituzionale europea", ad un livello sussidiario delle norme costituzionali , delle leggi statali o regionali , perché ogni Stato si è obbligato non solo al rispetto dei diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo nell'ambito del proprio ordinamento nazionale, ma ha accettato anche un controllo giurisdizionale internazionale da parte della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. 19. Fino a quando l'Italia manterrà la sua adesione al Consiglio d'Europa ed anche all'Unione Europea, poiché ciascuno dei predetti due organismi sopranazionali ha, come carta costituzionale, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, quest'ultima assume il rango superiore, così come potrà averlo il progetto di una nuova Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, approvata a Nizza nel dicembre 2000, comprendente un testo coordinato e più ampio dei diritti fondamentali, introducendovi anche i diritti civili, politici e sociali. Ma anche in questa futura nuova Carta (32) si ribadisce il valore della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo quale diritto generalmente riconosciuto cui deve farsi riferimento, siccome enunciato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (33). Questa nuova Carta dei Diritti Fondamentali, non solo servirà da stimolo per i paesi non ancora membri dell'Unione Europea per arricchire la vecchia Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ma costituirà una virtuosa spirale di concorrenza tra le varie istituzioni internazionali a livello mondiale. 20. Ad esempio, in Italia ritengo che i principi del "giusto processo" affermati dal nuovo art. 111 della Costituzione non possano essere applicati in maniera meno favorevole per la persona rispetto all'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, proprio perché questa Convenzione ha ormai acquisito il rango previsto dall'art. 10 della Costituzione italiana, in quanto norma generalmente riconosciuta in Europa. 21. Circa la diretta ed immediata applicabilità nell'ordinamento giuridico italiano della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, si ripropone lo stesso percorso logico-giuridico, utilizzato per il diritto "comunitario", agevolato dal fatto che i diritti umani sono coessenziali al diritto "comunitario", ma la problematica permane nel momento in cui la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo riguarda gli stessi principi di rango costituzionale italiano e sui quali è sempre latente il potenziale conflitto di giudicato tra le due Corti (quella Europea dei Diritti dell'Uomo e quella Costituzionale italiana) . 22. È vero anche che la Costituzione italiana offre un livello di protezione normalmente più elevato rispetto a quello della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ma vi sono alcune materie per cui accade l'inverso, oppure allorquando vi siano norme di pari livello di protezione, l'interpretazione giurisprudenziale può fare la differenza. 23. Abbiamo sempre sostenuto che l'art. 2 della Costituzione italiana, pur riconoscendo e garantendo i diritti inviolabili dell'uomo, non ne elenca il contenuto e nessuna legge ordinaria li ha mai classificati, salvo quelle di ratifica dei trattati internazionali; questo "rinvio in bianco" sicuramente alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, unitamente alla constatazione storica che ormai essa è divenuta ai sensi dell'art. 10 della Costituzione una norma consuetudinaria internazionalmente riconosciuta (a nostro sommesso avviso) consentirebbe di affermarne la diretta ed immediata applicabilità ove dalla stessa Convenzione risultasse un trattamento individuale più favorevole alla persona, così come per l'inverso l'art. 53 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo contiene, a sua volta, la clausola di salvaguardia del trattamento individuale più favorevole previsto dalle norme interne. 24. Come è stato autorevolmente affermato «il livello di protezione raggiunto sul piano nazionale e sul piano europeo da un diritto dell'Uomo, costituisce un minimum incomprimibile sul quale non è consentito di regredire, in modo che soltanto una protezione più ampia sia possibile... » (34). (1) Statuto firmato a Londra il 5 Maggio 1949 in base al quale solo gli Stati democratici sarebbero potuti entrare a far parte dell'organizzazione. (2) Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, Spagna , Svezia. (3) Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaidjan, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, LERY-Macedonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldova, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito Gran Bretagna ed Irlanda del Nord , Repubblica Ceca, Romania, Russia, San Marino, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria. (4) Maurizio de Stefano, Vocabolario delle Comunità Europee e dei Diritti dell'Uomo, in "Impresa", anno 1993, n. 12, pag. 1686). (5) Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 19 novembre 1991, causa 6/90 Francovich, in "il fisco", anno 1992, pag. 379, con nota di Maurizio de Stefano. (6) Rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 177, del Trattato CE, ora art. 234 nel testo coordinato del vigente Trattato di Amsterdam del 1997. (7) Trattato sull'Unione Europea firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, con le modifiche apportate dal Trattato sull'Unione Europea firmato ad Amsterdam il 7 ottobre 1997, la nuova formulazione dell'articolo F (delle disposizioni comuni) (divenuto ora art. 6, nel testo consolidato) del Trattato sull'Unione Europea è la seguente : (nuovo) comma 1 «L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri». comma 2 «L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 , e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali di diritto comunitario» (invariato). L'importanza dei Diritti dell'Uomo è posta al vertice dell'Unione Europea fino al punto che il rispetto di questi diritti costituisce condizione primaria ed essenziale per gli Stati terzi per essere ammessi a far parte dell'Unione Europea. Vedi l'art. 49 (ex art. 0) : «Ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell'articolo 6, paragrafo 1 può domandare di diventare membro dell'Unione. Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono. Le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l'Unione, da essa determinati, formano oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali». (8) La Corte di Giustizia delle Comunità Europee con la sua giurisprudenza ha sempre affermato che i diritti fondamentali facevano parte integrante dei principi generali di diritto di cui essa avrebbe garantito il rispetto e poi apertis verbis si è riferita anche alla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo del 1950, che tutti gli Stati aderenti alle Comunità Europee avevano singolarmente ratificato . Vedi: G.Tesauro, I diritti fondamentali nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in "Rivista Internazionale diritti dell'uomo", vol. 2, Milano, 1992, pagg. 438 e seguenti. (9) Maurizio de Stefano, L'Europa nasce davanti al Pretore, in "La Previdenza Forense", anno 1989, n. 3/4 pag. 27. (10) Maurizio de Stefano, La riforma della procedura davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo: Protocollo n. 11 aggiuntivo alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (giurisprudenza in materia fiscale), in "il fisco" n. 35/1997, pag. 10129. Per ulteriori istruzioni pratiche circa la procedura davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo, si rinvia alla consultazione del sito Internet http://www.dirittiuomo.it/ . (11) Maurizio de Stefano, La gerarchia delle due Corti di Giustizia Europee, in "Affari Sociali Internazionali", (atti del Congresso Internazionale del Movimento Internazionale dei Giuristi Cattolici, Strasburgo 22/24 novembre 1991) ed. Franco Angeli, n. 1/1992, pagg. 273 e seguenti in "La Previdenza Forense" n. 4/1191, pag. 27. Maurizio de Stefano, Roma , Strasburgo, Lussemburgo, Maastricht, in "I diritti dell'uomo, cronache e battaglie", 1992, n.2, p.63; Maurizio de Stefano, L'Unione Europea e la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, in "I diritti dell'uomo, cronache e battaglie", n.1/1996, pag. 69. Maurizio de Stefano, L'Unione europea e la Convenzione di salvaguardia. Ipotesi sui futuri rapporti Corte europea - Corte di Giustizia: una Corte costituzionale per l'Europa?, in "Rivista Internazionale dei diritti dell'Uomo" n. 2/1998, pag. 448; Maurizio de Stefano "I Diritti dell'Uomo nell'Unione Europea dopo il Trattato di Amsterdam", in "I diritti dell'uomo, cronache e battaglie" n. 2/1997, pag. 58. (12) Ricordo ancora che per l'esercizio di tale azione individuale non è necessario il filtro o l'assenso del giudice nazionale, come avviene per l'accesso alla Corte Costituzionale italiana oppure alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con l'istituto del rinvio pregiudiziale ai sensi dell' art. 177 Trattato CEE oggi art. 234 del vigente Trattato sull'Unione Europea. (13) «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'articolo 111 Costituzione» (definitivamente approvato dalla commissione Giustizia della Camera, in sede legislativa, il 14 febbraio 2001). (14) Cass., sez. I, 27-03-1996. Dorigo Repertorio Foro It.: 1996, Dibattimento penale , n. 154, «Non contrasta con l'art. 6, 1º e 3º comma, lett. d), della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva in Italia con l. 4 agosto 1955 n. 848, il disposto di cui all'art. 513, 2º comma, c.p.p., quale risulta dalla declaratoria di parziale incostituzionalità pronunciata dalla corte costituzionale con sentenza 3 giugno 1992 n. 254 (secondo cui può darsi lettura delle dichiarazioni precedentemente rese dai soggetti indicati nell'art. 210 c.p.p. anche quando questi si avvalgano, in dibattimento, della facoltà di non rispondere), trattandosi di disciplina che non riguarda i «testimoni» (cui si riferisce il cit. art. 6, 3º comma, lett. d), della convenzione), ma riguarda imputati di reati connessi o collegati e deriva come logica conseguenza dalla facoltà di non rispondere che a questi ultimi, anche in ossequio a principi di rilevanza costituzionale, deve essere riconosciuta». (15) Cass., 03-12-1982. Strappolatini, Giust. pen., 1983, II, 507 (m), Repertorio Foro It.: 1983, Diritti politici e civili [2170], n. 20. «I principi sanciti nella convenzione europea dei diritti dell'uomo, pur potendo rappresentare validi criteri interpretativi della norma interna e correttivi di applicazione in sede interpretativa, non assurgono al valore di norme costituzionali.» (16) Maurizio de Stefano, La pena di morte: dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo alla Corte Costituzionale - il caso Pietro Venezia, in "I diritti dell'uomo, cronache e battaglie", anno 1996, n. 2, pag. 66); ivi abbiamo plaudito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 27 giugno 1996 , nel caso promosso dal sig. Pietro Venezia avverso il decreto del 14 dicembre 1995 del Ministero di Grazia e Giustizia, con cui si era concessa al Governo degli Stati Uniti l'estradizione con l'imputazione di omicidio di primo grado. Ivi , la Corte Costituzionale rivendicava alla nostra civiltà giuridica il divieto della pena di morte che definisce, «un principio che in molti sensi può dirsi italiano», che ribadito nelle fasi e nei regimi di libertà del nostro Paese, è stato rimosso nei periodi di reazione e di violenza, configurandosi nel sistema costituzionale quale proiezione della garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti dall'art. 2 della Costituzione. Tale ultimo principio non può soffrire neppure il rischio di potenziali limitazioni, delegando a terzi il compito di garantirlo, quale lo Stato che richiede l'estradizione del reo. Il bene essenziale della vita richiede una garanzia assoluta che non può essere rimessa a valutazioni discrezionali sul grado di affidabilità e di effettività delle garanzie accordate dal paese richiedente l'estradizione. Questa sentenza può definirsi storica, non soltanto per la tutela del bene essenziale della vita, ma soprattutto perché la Corte Costituzionale ha affermato che i diritti inviolabili dell'uomo, di cui l'art. 2 della Costituzione, non possono subire limitazione da parte di alcuna norma né interna né internazionale, di talché nessun trattato internazionale (cui l'Italia fosse vincolata) può attentare ai diritti inviolabili dell'uomo. (17) Purtroppo lo Stato italiano si è ben guardato dal fornire ai giudici italiani un testo tradotto in lingua italiana della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Il primo manuale di "massime di giurisprudenza" tradotte in italiano è stato pubblicato in Italia nell'anno 2000 e non figura obbligatoriamente in alcuna biblioteca dei magistrati. Ci riferiamo a: de Salvia Michele, Compendium della CEDU. Le linee guida della giurisprudenza relativa alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, (Editoriale Scientifica, 2000, Napoli). (18) Corte Giustizia Comunità Europee, 22-10-1998, n. 10/97. Min. fin. c. Soc. Incoge '90, "il fisco", 1999, 10769, Repertorio Foro It.: 1999, Unione europea e Consiglio d'Europa [6915], n. 1445. Corte giustizia Comunità europee, 16-07-1998, n. 264/96 Imperial Chemical Industries plc c. Kenneth Hall Colmer, Guida al dir., 1998, fasc. 31, 91, n. SCIAUDONE , Repertorio Foro It.: 1998, Unione europea e Consiglio d'Europa [6915], n. 761. (19) Corte Costituzionale vedi sentenza n. 170 dell'8 giugno 1984 e successive sentenze 18 aprile 1991 n. 168, 47/1985, 48/1985, n. 113 del 23 aprile 1985 113/1985, 232/89, 389/89. (20) Giurisprudenza consolidata. Cass., 23-01-1987, n. 634. Min. fin. c. Soc. cons. emiliano-romagnolo produttori latte, Repertorio Foro It.: 1987, Comunità europee e Consiglio d'Europa, n. 297.- Cass., sez. un., 18-11-1998, n. 11620, Soc. Tarros Terminal c. Min. trasp. Foro it., 1999, I, 3592, l Repertorio Foro It.: 1999, Lavoro portuale [3870], n. 3. - Cass., sez. lav., 03-02-1995, n. 1271, Parti: Allegra c. Soc. Sgs Thomson micro elettronica, Dir. lav., 1995, II, 8, Riv. giur. lav., 1995, II, 275, n. Bellomo, Impresa, 1995, 1931, Repertorio Foro It.: 1995, Unione europea e Consiglio d'Europa , n. 638. - Cass., 12-02-1987, n. 1532, Min. fin. c. Soc. Bi-Emme Riv. legisl. fisc., 1987, 1205, l Repertorio Foro It.: 1987, Dogana , n. 61. (21) Corte costit., 21-04-1989, n. 232. Soc. Fragd c. Min. fin. Cons. Stato, 1989, II, 557, Impresa, 1989, 1402, Riv. amm., 1989, 950, Riv. dir. internaz., 1989, 103, Repertorio Foro It.: 1989, Corte costituzionale [1850], n. 55, «La corte costituzionale può verificare, attraverso il sindacato di costituzionalità della legge di esecuzione, se le norme del trattato CEE, come sono interpretate ed applicate dalle istituzioni e dagli organi comunitari, siano in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o attentino ai diritti inalienabili della persona umana.» (22) Cass., 09-07-1982 Signorelli, Riv. pen., 1983, 637 (m), Repertorio Foro It.: 1983, Diritti politici e civili [2170], n. 21. (23) Cass., 22-12-1987. Lagolio Riv. pen., 1989, 207 (m) Repertorio Foro It.: 1989, Diritti politici e civili [2170], n. 66 «Le norme della convenzione europea dei diritti dell'uomo hanno carattere meramente programmatico ed efficacia vincolante solo per gli stati contraenti e non per i relativi sudditi, ancorché sia consentito a questi ultimi adire la commissione europea per i diritti dell'uomo dopo la decisione interna avente carattere definitivo; ne deriva la preclusione della deduzione, nei motivi di ricorso, di violazioni concernenti disposizioni della convenzione.» Conformi Cass., 18-12-1986. Di Mauro, Riv. pen., 1987, 976 (m), Giust. pen., 1987, III, 581, l Repertorio Foro It.: 1987, Cassazione penale [1150], n. 6. Cass., 24-10-1983. Bonazzi, Cass. pen., 1985, 2056, n. PITTARO, Repertorio Foro It.: 1986, Diritti politici e civili [2170], n. 19, Cass., 23-03-1983, Fignagnani, Giust. pen., 1984, III, 226, Giur. it., 1984, II, 222, Cass. pen., 1984, 1453, Repertorio Foro It.: 1984, Cassazione penale, n. 38. (24) Cass., 10-03-1989. Vermiglione , Cass. pen., 1990, I, 1953, Repertorio Foro It.: 1991, Cassazione penale [1150], n. 26, «Non sono deducibili come motivi di ricorso in cassazione le violazioni delle norme della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in quanto non sono applicabili ai rapporti giuridici interni, avendo efficacia vincolante solo per le parti contraenti e non per i singoli.» (25) Cass., sez. III, 12-01-1999, n. 254. Gregorio c. Pres. Cons. Giust. civ., 1999, I, 2363, Gazzetta giur., 1999, fasc. 5, 45, Repertorio Foro It.: 1999, Diritti politici e civili, n. 72. Cass., sez. I, 16-04-1996. Persico Repertorio Foro It.: 1996, Misure cautelari personali [4255], n. 398. (26) Cass., 14-11-1985. Andriani , Giust. pen., 1986, III, 654 (m), Repertorio Foro It.: 1987, Diritti politici e civili [2170], n. 46. (27) Corte Costituzionale, 30-07-1997, n. 288, Ruggerini, Cons. Stato, 1997, II, 1183, Repertorio Foro It.: 1997, Corte costituzionale [1850], n. 44. Cass., 28-09-1999: Taboni, in Repertorio Foro It.: 2000, Indagini preliminari, n. 11. (28) Cass., 27-10-1984. Venditti Giust. pen., 1985, III, 601, Riv. pen., 1986, 179, Repertorio Foro It.: 1986, Prova penale [5320], n. 23 «Nel nostro sistema processuale, alla luce dei princìpi sanciti dagli art. 3, 24 e 111 della carta costituzionale e dagli art. 1, 6 e 13 della convenzione europea dei diritti dell'uomo, quali essi concretamente vivono in virtù della loro interpretazione da parte, rispettivamente, della corte costituzionale e della corte europea dei diritti dell'uomo, sussiste un diritto dell'imputato alla utilizzazione ed alla valutazione delle prove; sussiste, cioè, un diritto, da parte dell'imputato, di "difendersi provando"; diritto che si estrinseca attraverso la sua facoltà di presentare memorie ed istanze nel corso dell'istruzione (art. 145 del codice di procedura penale) e di chiedere l'ammissione della prova e, comunque, di sollecitare i poteri del giudice tesi all'accertamento della verità, sia nell'istruzione che nel giudizio di primo e di secondo grado (ex artt. 299 e 420, comma 1; artt. 457, 469 e 520 del codice di procedura penale) e che è tutelato, all'interno stesso del procedimento, in maniera specifica dal suo diritto di impugnazione: all'obbligo di motivazione delle ordinanze e delle sentenze, fa infatti riscontro un potere di impugnazione, che sia pur limitato dai princìpi che lo regolano, è così vasto e penetrante, da consentire di individuare, al di là dell'affermazione di un dovere funzionale del giudice teso all'accertamento della verità (e non già solo a provare il contenuto dell'accusa), l'esistenza di un diritto soggettivo dell'imputato all'esercizio effettivo di tale dovere.» (29) Cass., 23-11-1988. Polo Castro in Cass. pen., 1989, 1418, n. Bazzucchi, Riv. internaz. diritti dell'uomo, 1990, 419, Riv. giur. polizia locale, 1990, 59, Repertorio Foro It.: 1990, Diritti politici e civili [2170], n. 54, «Le norme della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, salvo quelle il cui contenuto sia da considerarsi così generico da non delineare specie sufficientemente puntualizzate, sono di immediata applicazione nel nostro paese e vanno concretamente valutate nella loro incidenza sul più ampio complesso normativo che si è venuto a determinare in conseguenza del loro inserimento nell'ordinamento italiano; la "precettività" in Italia delle norme della convenzione consegue dal principio di adattamento del diritto italiano al diritto internazionale convenzionale per cui ove l'atto o il fatto normativo internazionale contenga il modello di un atto interno completo nei suoi elementi essenziali, tale cioè da poter senz'altro creare obblighi e diritti, l'adozione interna del modello di origine internazionale è automatica (adattamento automatico), ove invece l'atto internazionale non contenga detto modello le situazioni giuridiche interne da esso imposte abbisognano, per realizzarsi, di una specifica attività normativa dello stato». (30) Cass., sez. I, 08-07-1998, n. 6672 Galeotti Ottieri c. Min. fin.Repertorio Foro It.: 1998, Diritti politici e civili [2170], n. 32. Vedi anche in precedenza Cass., sez. I, 12-05-1993. Medrano, Cass. pen., 1994, 439, n. Raimondi, Riv. internaz. diritti dell'uomo, 1993, 580, Riv. dir. internaz., 1994, 530, Repertorio Foro It.: 1994, Stupefacenti [6550], n. 156 «Va annullata, con rinvio allo stesso giudice per una nuova deliberazione, la decisione della magistratura di sorveglianza che, nell'applicare allo straniero condannato per reato in materia di stupefacenti la misura di sicurezza dell'espulsione ai sensi dell'art. 86 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, non ne valuti la compatibilità con le esigenze di cui all'art. 8, 2º comma della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; le norme della convenzione europea, in quanto principi generali dell'ordinamento, godono di una particolare forma di resistenza nei confronti della legislazione nazionale posteriore.». (31) Cass., sez. un 10-07-1991, n. 7662. C. c. Min. giust. Repertorio Foro It.: 1991, Ordinamento giudiziario [4630], n. 145 «L'art. 6, convenzione europea «dei diritti dell'uomo», resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848, ove prevede la pubblicità delle udienze, trova applicazione anche nei procedimenti disciplinari a carico di magistrati, e, quindi, implica l'abrogazione dell'art. 34, 2º comma, r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, nella parte in cui dispone che la discussione sulle incolpazioni si svolga «a porte chiuse» (salva restando la possibilità di una deroga a detta pubblicità, nel caso concreto, quando sussistano specifiche esigenze che la richiedano).» (32) Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (carta 4487/00) covent 50 non ancora entrata in vigore, nel capo quinto del Preambolo si statuisce testualmente «La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e dell'Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull'Unione europea e dai trattati comunitari, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dalle Carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d'Europa, nonché dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e della Corte europea dei diritti dell'uomo». (33) Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (carta 4487/00) covent 50 non ancora entrata in vigore: Articolo 52. Portata dei diritti garantiti - Comma terzo «Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono simili a quelli conferiti dalla suddetta convenzione, a meno che la presente Carta non garantisca una protezione maggiore o più estesa. » Articolo 53. Livello di protezione «Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, dal diritto dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali sono parti contraenti l'Unione, la Comunità o tutti gli Stati membri, e in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, come pure dalle costituzioni degli Stati membri.». (34) Risoluzione - Messina 20 / 22 ottobre 2000 - Seminario Europeo organizzato dall'Intercenter su "La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo: 50 anni d'esperienza. Gli Attori e i Protagonisti della Convenzione: Il passato, l'avvenire". |
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