STRASBURGO “BOCCIA” LA LEGGE PINTO (a cura dell’avv. Alessandra Mari) |
- Con la decisione del 27 marzo 2003, resa pubblica il 20 maggio 2003, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Sezione I^, nel caso Scordino ed altri contro Italia è stata dichiarato ricevibile il ricorso, che fra le altre doglianze, riguardava la applicazione della legge Pinto (n. 89/2001) fatta dai giudici italiani (Corti d’appello e Cassazione), con riferimento alla dedotta violazione dell’art.6 della Convenzione, diritto ad un processo in tempi ragionevoli. Segnaliamo in particolare che la Corte Europea ha affrontato ex professo il tema del fondamentale diritto umano ad un processo in tempi ragionevoli di cui all’art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali alla luce delle prime cento decisioni della Sezione I^ della Corte di Cassazione in materia di equa riparazione e Legge Pinto. Nell’evidenziare l’erroneità, dal punto di vista del diritto convenzionale, dei principi emergenti dalle decisioni della Corte di Cassazione, la Corte Europea ha affermato i seguenti importanti principi di carattere generale in materia di vincolatività della Convenzione e della giurisprudenza della Corte medesima e di interpretazione della Legge Pinto: - anche se gli Stati contraenti non hanno l’obbligazione formale di incorporare la Convenzione nel sistema giuridico interno, dal principio di sussidiarietà che è alla base della Convenzione discende che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto interno in modo conforme alla Convenzione; - se spetta innanzitutto alle autorità nazionali interpretare ed applicare il diritto interno, la Corte Europea è comunque chiamata a verificare se il modo in cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce effetti conformi ai principi della Convenzione, della quale la giurisprudenza della Corte costituisce parte integrante; - l’esame delle prime cento sentenze della Corte di Cassazione fa constatare che tale Corte applica in modo ormai consolidato costantemente due principi: mancato riconoscimento, al diritto ad un processo in tempi ragionevoli, dello status di diritto fondamentale dell’uomo e negazione della applicabilità diretta della Convenzione e della giurisprudenza di Strasburgo in materia di equa soddisfazione; - tenuto conto di tale orientamento consolidato della Corte di Cassazione, e poiché il diritto ad un processo in tempi ragionevoli riconosciuto dall’art.6 della Convenzione, è un diritto fondamentale ed un imperativo per tutte le procedure contemplate dall’art.6, il ricorso in cassazione previsto dalla Legge Pinto non può essere considerato rimedio effettivo ed adeguato e i ricorrenti non avevano, in base alla Convenzione, l’obbligo di proporlo al fine di soddisfare la regola del previo esaurimento dei rimedi interni disponibili; - queste conclusioni, tuttavia, non rimettono in discussione l’obbligo di proporre la domanda di equa riparazione ai sensi della Legge Pinto davanti alle Corti d’Appello e alla Corte di Cassazione, nel caso in cui i giudici italiani dimostrino, attraverso la loro giurisprudenza, di voler applicare la suddetta Legge in conformità allo spirito della Convenzione; - i giudici italiani sono tenuti a conformarsi alla giurisprudenza della Corte anche con riferimento all’ammontare dell’equa riparazione concessa. La Corte si pronuncerà con separata sentenza sul merito delle violazioni dedotte. |