Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Strasburgo). Caso JANOSEVIC contro SVEZIA Sentenza del 23 Luglio 2002 Ricorso n° 34619/97. Violazione dell’Articolo 6 § 1 della Convenzione riguardo al diritto di accesso ad un tribunale ed alla durata dei procedimenti aventi natura di “accusa penale” con riferimento all’opposizione del ricorrente alla immediata esecutività delle ingiunzioni fiscali (tasse e gravose soprattasse), nelle more dei quali procedimenti era intervenuto anche il fallimento del ricorrente. Equa soddisfazione liquidata in euro 15.000(quindicimila) per il danno non patrimoniale ed euro 35.000(trentacinquemila) per costi e spese.
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO (STRASBURGO)
PRIMA SEZIONE
La sentenza così motiva
(Traduzione non ufficiale a cura della dott. Cinzia Giangiacomo)
CASO JANOSEVIC contro SVEZIA
Sentenza del 23 Luglio 2002 Ricorso n. 34619/97
Nel caso di Janosevic contro Svezia
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (precedente Prima Sezione), nella seduta della Camera composta da:
W.THOMASSEN, Presidente, E. PALM, GAUKUR JORUNDSSON, R. TURMEN, C. BIRSAN, J. CASADEVALL, R. MARUSTE, giudici,
e M. O’BOYLE, Cancelliere di Sezione,
Dopo averla deliberata in camera di consiglio il 10 giugno e il 9 luglio 2002,
Rende la seguente sentenza, che è stata adottata in quest’ultima citata data:
PROCEDURA
1§ All’origine del caso vi è un ricorso (n. 34619/97) contro il Regno di Svezia con il quale un cittadino svedese , sig Velimir Janosevic (“il ricorrente”) aveva adito la Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo ( “la Commissione”) in virtù del vecchio articolo 25 della Convezione di Salvaguardia dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”).
2§ Il ricorrente deduceva che i suoi diritti, previsti dall’Articolo 6 della Convenzione, vennero violati poiché le decisioni dell’Amministrazione Fiscale in tema di imposte e soprattasse furono eseguite prima di una determinazione giudiziale sulla controversia.
3§ Il ricorso fu trasmesso alla Corte l’1 novembre 1998, quando il Protocollo n. 11 alla Convenzione entrò in vigore (Articolo 5 § 2 del Prot. n. 11).
4§ Il ricorso fu assegnato alla Prima Sezione della Corte (Articolo 52 § 1 del Regolamento della Corte). In seno a questa Sezione, la Camera che avrebbe dovuto considerare il caso (Articolo 27 § 1 della Convenzione) fu composta come previsto dall’Articolo 26 § 1 del Regolamento della Corte.
5§ Il 26 settembre 2001, presso il Palazzo dei Diritti Umani, Strasburgo, si tenne una pubblica udienza (Articolo 59 § 2). Ivi comparsero di fronte alla Corte:
(a) per il Governo: I. Kalmerborn, Ministero degli Esteri, Agente,
A. Lindgren, Ministero di Giustizia,
A. Lundqvist, Ministero di Giustizia,
P. Kindlund, Ministero delle Finanze,
M. Jönsson, Ministero delle Finanze, Consiglieri;
(b) per il ricorrente:
J. Thörnhammar, Avvocato,
N. Kamtsan, Consigliere. La Corte ascoltò i discorsi di Kalmerborn e Thornhammar.
6§ Con una decisione del 26 settembre 2000, successiva all’udienza, la Camera dichiarava ricevibile il ricorso.
7§ Il ricorrente e il Governo integrarono le loro osservazioni sul merito (Articolo 59 § 1).
FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
A. Le decisioni dell’ Amministrazione Fiscale su imposte e soprattasse
8§ Nell’autunno del 1995, come parte di una indagine su larga scala tra gli operatori di taxi, l’Amministrazione Fiscale(skattemyndigheten) della Contea di Stoccolma eseguì un controllo fiscale sulla ditta di taxi del ricorrente. Avendo scoperto nel corso del controllo certe irregolarità nelle dichiarazioni dei redditi per l’anno di imposta 1994, l’ Amministrazione Fiscale redasse un verbale della verifica il 1 Dicembre 1995 contenente una valutazione supplementare di imposta e invitava il ricorrente a presentare le sue osservazioni. Il ricorrente si oppose al rapporto e richiese che fossero adottate ulteriori misure istruttorie.
9§ Avendo riguardo alle risultanze del controllo e alle osservazioni del ricorrente, l’Amministrazione Fiscale - con una decisione del 22 e del 27 Dicembre 1995 – aumentò l’obbligo del ricorrente circa l’imposta sul reddito a 286.859 Corone Svedesi (SEK), l’imposta sul valore aggiunto (mervärdesskatt) a SEK 192.866 e i contributi a carico dei datori di lavoro (arbetsgivaravgifter) a SEK 253.783. Inoltre, poiché le informazioni rese dal ricorrente nella dichiarazione dei redditi risultarono errate e la rappresentazione data per il volume d’affari fu rivista verso l’alto con una procedura di valutazione discrezionale, l’Amministrazione Fiscale gli ordinò di pagare le soprattasse d’imposta (skattetillägg, avgiftstillägg) ammontanti al 20% o il 40% dell’aumentato obbligo fiscale, a seconda del tipo di imposta in considerazione. Le imposte addizionali gravanti sul ricorrente, che includono interessi e soprattasse, ammontavano ad un totale di 1.020.000 SEK, di cui 161.261 SEK soprattasse. Gli importi relativi all’imposta sul valore aggiunto e ai contributi a carico dei datori di lavoro erano pagabili entro il 5 Gennaio 1996 e quelli relativi all’imposta sul reddito entro il 10 aprile 1996.
B. Richiesta per la sospensione della decisione
10§ Dopo aver asserito che l’informazione sulla quale l’Amministrazione Fiscale faceva affidamento per calcolare il suo volume d’affari era inesatta, il ricorrente, con una lettera dell’8 Marzo 1996 richiese all’Amministrazione di riconsiderare la sua decisione. Dal momento che rischiava la dichiarazione di fallimento, prima che la Corte si fosse pronunciata sulla sussistenza circa una sua responsabilità per il pagamento delle tasse, il ricorrente richiese anche una sospensione della decisione rispetto agli importi accertati. La richiesta fu suggerita dal fatto che né la proposizione dell’appello innanzi alla Corte, né la richiesta di riesame da parte dell’Amministrazione Fiscale avrebbe in sé alcun effetto sospensivo sull’obbligo di pagare le tasse e le soprattasse dovute in base alle decisioni impugnate.
11§ In una lettera del 19 Aprile 1996 indirizzata all’Avvocato del ricorrente, l’Amministrazione Fiscale rispose alla richiesta del ricorrente di sospensione dell’esecuzione come segue:
“… l’Amministrazione Fiscale considera che i presupposti richiesti nella sezione 49, sottosezione 1 (2) o (3) della Legge sulla Riscossione dei Tributi (Uppbordslagen, 1953:272) per ottenere una sospensione dell’esecuzione sono stati soddisfatti.
Secondo la sezione 49, sottosezione 2 della Legge sulla Riscossione dei Tributi, l’Amministrazione Fiscale può, in certi casi, richiedere che la cauzione venga prestata per qualsiasi importo riguardo il quale viene chiesta la sospensione.
Avendo riguardo all’informazione contenuta nella dichiarazione dei redditi (del ricorrente) e considerando le altre circostanze del caso, l’Amministrazione Fiscale ha modo di osservare che la capacità del ricorrente di pagare è da porsi in serio dubbio.
L’Amministrazione Fiscale ritiene che il ricorrente deve garantire il pagamento della cauzione per l’importo di … riguardo al quale viene chiesta la sospensione. Come cauzione potrà essere accettata solo una garanzia bancaria.
Il ricorrente è invitato a fornire la cauzione con lo strumento indicato. Questa dovrà essere fornita entro al più tardi entro l’8 Maggio 1996.
Se il ricorrente mancherà di fornire la cauzione entro la data menzionata sopra, l’Amministrazione Fiscale rigetterà la sua richiesta”.
12§ Con una decisione del 21 maggio 1996 l’Amministrazione Fiscale rigettava la richiesta di sospensione dell’esecuzione avanzata dall’ ricorrente, poiché non fu fornita alcuna garanzia.
13§ Il ricorrente si appellava contro quella decisione davanti alla Corte Amministrativa (länsrätten) della Contea di Stoccolma, affermando che avrebbe dovuto essere esonerato dall’obbligo di pagare la cauzione e che avrebbe dovuto essergli concessa la sospensione dell’esecuzione. Entrambi i reclami erano basati sull’assunto che la decisione sarebbe stata irragionevole come irragionevole sarebbe stato l’importo irrogato con una violazione dell’Articolo 6 della Convenzione mediante una procedura esecutiva contro il ricorrente senza che prima un tribunale avesse accertato la sussistenza di un suo obbligo di pagare l’importo in considerazione.
14§ Con sentenza dell’11 luglio 1996, la Corte Amministrativa della Contea confermava la decisione dell’Amministrazione Fiscale del 21 maggio 1996. In primo luogo la Corte rilevava che le condizioni formali per concedere una sospensione dell’esecuzione secondo la sezione 49, sottosezione 1 (3) della Legge sulla Riscossione dei Tributi risultavano soddisfatte. Comunque, accettando le ragioni dell’Amministrazione Fiscale, concluse che non avrebbe potuto essere concessa al ricorrente una sospensione dell’esecuzione senza il versamento della cauzione.
15§ Il ricorrente, che non fornì la cauzione, propose appello. Il 21 maggio 1997 la Corte Amministrativa di Appello di Stoccolma dichiarava inammissibile l’appello contro la decisione della Corte Amministrativa della Contea. La Suprema Corte Amministrativa, il 3 Novembre 1998, rigettava l’ impugnazione del ricorrente contro le decisioni della Corte Amministrativa di Appello.
C. Procedimenti esecutivi
16§ Nel Febbraio 1996 al ricorrente venne notificato che erano dovuti gli arretrati dell’IVA, dei contributi a carico dei datori di lavoro e le corrispondenti soprattasse e interessi conseguenti alle decisioni dell’Amministrazione Fiscale. Gli importi relativi all’imposta sui redditi non diventavano esigibili fino al 10 Aprile 1996.
17§ Il 29 marzo1996, l’Ufficio Esecuzioni (kronofodge-myndigheten) della Contea di Stoccolma, rappresentante lo Stato, propose un’istanza alla Corte Distrettuale (tingsrätten) di Huddinge, richiedendo che fosse dichiarato il fallimento del ricorrente. Secondo l’attestazione dell’Ufficio Esecuzioni, il debito d’imposta al 22 marzo 1996 ammontava a 653.144 SEK, comprensivo delle penalità per il ritardato pagamento (dröjsmalsavgifter) che aveva accumulato dalla data in cui doveva essere effettuato il pagamento. Tale importo includeva 89.323 SEK in soprattasse, più il 6 % di sanzione per il ritardato pagamento. L ’Ufficio Esecuzioni rilevava che una indagine aveva accertato che l’unica proprietà dichiarata dal ricorrente consisteva in alcuni veicoli, ma di valore insufficiente a pagare il debito.
18§ Il ricorrente fu citato a comparire davanti alla Corte Distrettuale il 23 aprile 1996. La Corte cominciava il suo esame del caso, ma, di fronte all’insistenza del ricorrente – il quale riferì la circostanza che la sua istanza per ottenere una sospensione dell’esecuzione era ancora pendente di fronte all’amministrazione Fiscale – rinviava i procedimenti fallimentari al 21 maggio 1996, data in cui fu convocata la seconda udienza sul caso. Quando fu ascoltato dalla Corte, il ricorrente affermava che non era in grado di conformarsi alle condizioni previste dall’Amministrazione Fiscale per la concessione di una sospensione dell’esecuzione, vale a dire non era in grado di fornire idonea cauzione. Con la decisione del 10 giugno 1996, dopo il rigetto dell’istanza del ricorrente per ottenere un ulteriore rinvio, la Corte Distrettuale ne dichiarava il fallimento. Così facendo la Corte valutava il fatto che, secondo la sezione 103 della Legge sulla Riscossione dei Tributi, il ricorrente era ancora tenuto a pagare il debito, era incapace di fornire la cauzione richiesta per ottenere la sospensione dell’esecuzione, e che doveva essere considerato insolvente, data l’assenza di beni sequestrabili.
19§ Il ricorrente si appellava di fronte alla Corte di Appello svedese (Svea hovrätt), affermando, inter alia, che la decisione della Corte Distrettuale comportava la violazione dell’Articolo 6 della Convenzione, poiché i procedimenti esecutivi furono fatti continuare senza avere riguardo al fatto che egli si era opposto alle decisioni dell’Amministrazione Fiscale riguardanti la sua responsabilità per le tasse e le soprattasse.
20§ L’appello del ricorrente fu rigettato dalla Corte di Appello il 18 giugno 1996. L’ammissibilità dell’impugnazione della sentenza della Corte di Appello fu negata dalla Corte Suprema (Hogsta domstolen) il 18 settembre 1996.
21§ Secondo la relazione del curatore fallimentare del 30 gennaio 1998, tutti i veicoli del ricorrente, con l’eccezione di una automobile che era stata affittata e che non aveva più alcun valore residuo, furono da lui venduti poco prima della dichiarazione di fallimento. Il valore dei beni rimanenti del ricorrente elencati nella dichiarazione di affari fu stimato in 8.800 SEK, mentre il suo debito ammontava approssimativamente a 1.690.000 SEK.
22§ Il 18 febbraio 1998, la procedura fallimentare venne chiusa per insufficienza dell’attivo.
23§. Secondo la sezione 3 dello Statuto dei termini di Prescrizione per i Reclami di Imposta (Lagen om preskription av skattefordringar m.m., 1982:188), l’intero debito cadeva in prescrizione il 31 dicembre 2001, alla fine del quinto anno seguente il giorno in cui era sorto l’obbligo.
D. Procedimenti penali
24§ Il 30 ottobre 1997 il ricorrente fu condannato dalla Corte Distrettuale a dieci mesi di reclusione per frode fiscale (skattebedrägeri) e illecito contabile (bokföringsbrott). La frode fiscale riguardava la sopra citata IVA. La condanna fu fondata sulle informazioni acquisite dall’Amministrazione Fiscale nel corso del suo controllo sulla società di taxi del ricorrente, e sulle dichiarazioni contenute nella sua denuncia dei redditi.
25§ La sentenza fu confermata dalla Corte di Appello il 16 novembre 1998. L’appello di fronte alla Suprema Corte fu dichiarato inammissibile il 4 marzo 1999.
E. Ulteriori procedimenti concernenti le imposte e le soprattasse di imposta
26§ Come già detto, l’8 marzo 1996, il ricorrente richiese all’Amministrazione Fiscale di riconsiderare i suoi provvedimenti riguardanti le imposte e le soprattasse di imposta applicate. In una lettera del 23 marzo 1996, il ricorrente si rivolse alla Corte Distrettuale affinché questa ordinasse, nello stesso giorno, il differimento temporaneo della procedura fallimentare (si veda sopra il paragrafo 18), e, con la stessa lettera, evidenziava la necessità di un sollecito riesame dei provvedimenti in oggetto da parte dell’Amministrazione Fiscale. Il 24 febbraio 1999, l’Amministrazione Fiscale – dopo aver rilevato che il ricorrente aveva proposto appello contro i provvedimenti riguardanti le imposte e le soprattasse di imposta applicate – confermava i precedenti provvedimenti e rigettava la richiesta di modifica. Di conseguenza, le questioni relative furono rimesse automaticamente alla Corte Amministrativa di Contea per la decisione.
27§ Il 30 agosto 2000 il ricorrente fece istanza per una udienza orale, durante la quale intendeva proporre certe prove testimoniali. In seguito, avendo la Corte Amministrativa di Contea richiesto al ricorrente di specificare la sua istanza, questi affermò che l’udienza non era stata richiesta in merito alla questione della valutazione delle soprattasse di imposta, ma si rendeva comunque necessario che la Corte assumesse la prova (testimoniale) relativa alle informazioni sulle quali i provvedimenti fiscali erano basati. Con una lettera del 5 settembre 2001, la Corte Amministrativa di Contea informò il ricorrente che non si riteneva necessaria un’udienza e gli ordinò di redigere per iscritto le sue osservazioni finali
28§ Con la sentenza del 7 dicembre 2001, la Corte Amministrativa di Contea confermò i provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale del 22 e del 27 dicembre 1995 e rigettava l’istanza del ricorrente per la fissazione di un’udienza orale, considerando che le informazioni sulle quali i provvedimenti impugnati erano basati risultavano attendibili e mostravano come i redditi del ricorrente e le imposte in questione non potessero essere ritenute congrue con le risultanze pervenute dalla dichiarazione dei redditi. In questo modo, l’Amministrazione Fiscale aveva avuto ragione di fare valutazioni fiscali discrezionali basate sulle informazioni. Inoltre, le imposte irrogate al ricorrente non potevano essere considerate troppo alte. Con riferimento alle soprattasse, la Corte Amministrativa di Contea fece ampi riferimenti alle sentenze della Suprema Corte del 29 Novembre 2000 e della Suprema Corte Amministrativa del 15 Dicembre 2000 (vedi sotto paragrafi 51-55) e concluse che le disposizioni svedesi sulle soprattasse erano conformi alla Convenzione. Veniva considerato che c’erano state sufficienti ragioni per imporre le soprattasse in questione e che nessun argomento giuridico era stato fornito per giustificare il loro condono. In relazione a ciò, veniva respinta la tesi del ricorrente secondo cui l’eccessiva durata della procedura costituiva di per sé motivo per condonare le soprattasse.
29§ Il ricorrente ha impugnato la sentenza di fronte alla Corte Amministrativa di appello, dove la causa è al momento ancora pendente.
II. DIRITTO INTERNO E PRASSI PERTINENTI
A Imposte e soprattasse di imposta
30§ Le norme in materia di imposte e soprattasse di imposte applicabili al caso in oggetto erano in origine contenute nella Legge Fiscale (Taxeringslagen, 1990:324), nelle due Leggi sull’IVA (Lagen om mervärdeskatt, 1968:430, sostituite da Mervärdesskattelagen, 1994:200), e nella Legge sulla Riscossione dei Contributi di Previdenza Sociale a carico dei Datori di Lavoro (Lagen om uppbörd av socialavgifter från arbetsgivare,1984:688). Fattispecie concernenti tasse e imposizione di soprattasse di imposta furono regolate in modo analogo in varie leggi. Nella sezione seguente, perciò, viene fatto riferimento solo alla Legge Fiscale. La Legge sulla Riscossione dei Contributi di Previdenza Sociale a carico dei Datori di Lavoro e alcune parti della Legge IVA del 1994 furono sostituiti dalla Legge sul Pagamento delle Imposte (Skattebetalningslagen, 1997:483) dal 1 novembre 1997. Poiché non risultano apportate modifiche essenziali né dalla promulgazione della Legge sul Pagamento delle Imposte, né dalle riforme alla Legge Fiscale, l’esposizione che segue descriverà sia il sistema attuale, sia quello applicabile al tempo dei fatti.
31§ L’imposta sui redditi, l’IVA e i contributi a carico dei datori di lavoro vengono fissati dalle Amministrazioni Fiscali di Contea alle quali i contribuenti sono tenuti a presentare tutte le informazioni per il calcolo delle imposte. Allo scopo di garantire informazioni tempestive, sufficienti e corrette, alcune norme prevedono che, in certe circostanze, le Amministrazioni Fiscali possano comminare al contribuente sanzioni nella forma di soprattasse di imposta.
32§ Tali soprattasse furono introdotte dalla legislazione svedese nel 1971. La nuova normativa entrò in vigore il 1 gennaio 1972, come anche la nuova legge sui reati fiscali. Secondo gli atti preparatori (Decreto Governativo 1971:10), lo scopo principale della riforma era quello di creare un sistema di sanzioni più efficiente e giusto rispetto a quello precedente, il quale era basato interamente su reati penali accertati dalle corti ordinarie a seguito delle indagini di polizia. Diversamente dalle sanzioni per i reati fiscali, le nuove soprattasse d’imposta dovevano essere comminate unicamente sulla base di elementi oggettivi, e, perciò, senza riguardo agli elementi soggettivi di responsabilità (dolo o colpa) dei contribuenti. Si riteneva che il vecchio sistema non funzionava più in modo soddisfacente dal momento che un gran numero di dichiarazioni dei redditi contenevano informazioni inesatte, mentre poi relativamente poche persone venivano accusate di reati fiscali. Ora che è stato introdotto il nuovo sistema, vengono perseguiti esclusivamente reati fiscali gravi.
33§ Una soprattassa di imposta può essere comminata al contribuente in due casi: se il contribuente, nella dichiarazione dei redditi, o in qualsiasi altra dichiarazione scritta, abbia fornito informazioni rilevanti per il calcolo delle imposte che si siano rivelate errate ( capitolo 5, sezione 1 della Legge Fiscale) o se, in base ad una valutazione discrezionale, l’Amministrazione Fiscale ritiene di non poter fare affidamento sulla dichiarazione dei redditi dello stesso contribuente (capitolo 5, sezione 2). Una soprattassa di imposta può essere la conseguenza non solo di dichiarazioni espresse, ma anche dell’occultamento, in tutto o in parte, di fatti rilevanti. Tuttavia, talvolta eventuali dichiarazioni inesatte fornite dal contribuente non vengono sanzionate; se lo stesso ha fornito una chiara spiegazione delle circostanze di fatto, ma ciò nonostante ha fatto una valutazione sbagliata delle loro conseguenze sul piano legale nessuna soprattassa di imposta gli verrà inflitta. L’onere di provare che la dichiarazione non è corretta incombe sull’Amministrazione Fiscale. Un controllo discrezionale può essere posto in essere qualora il contribuente abbia fornito informazioni così inadeguate che l’Amministrazione Fiscale non possa basare il suo accertamento su di esse, oppure se il contribuente non ha compilato la dichiarazione dei redditi nonostante gli sia stato ricordato di farlo ( capitolo 4, sezione 3). In tale ultimo caso, la sanzione potrà essere revocata se il contribuente redige la dichiarazione entro un certo termine. La soprattassa di imposta ammonta al 40% di ciascuna imposta che l’Amministrazione Fiscale avrebbe omesso di pretendere se avesse accettato le informazioni inesatte fornite dal contribuente, oppure dell’imposta sui redditi accertata nel corso del controllo discrezionale. Le corrispondenti previsioni sull’IVA e sui contributi a carico dei datori di lavoro prevedono che le soprattasse di imposta arrivino ad un 20% dell’imposta supplementare accertata nei confronti del contribuente. In certe circostanze, le aliquote applicate sono del 20% o del 10%, rispettivamente, a seconda dei vari tipi di imposta.
34§ Nonostante il fatto che il contribuente abbia fornito informazioni inesatte, in alcune circostanze non gli potrà essere inflitta alcuna soprattassa d’imposta, per esempio quando l’Amministrazione Fiscale abbia corretto evidenti errori di calcolo o annotato errori dei contribuenti, qualora le informazioni siano state corrette o avrebbero potuto essere corrette con l’ausilio di documentazione che avrebbe dovuto essere disponibile all’Amministrazione Fiscale, come un certificato sui redditi del datore di lavoro, o qualora il contribuente abbia volontariamente rettificato le dichiarazioni effettuate (capitolo 5, sezione 4).
35§ Inoltre, in certi casi, la soprattassa d’imposta inflitta potrà venire condonata. Difatti, i contribuenti non saranno tenuti a pagare alcuna soprattassa se le informazioni inesatte o la mancata compilazione della dichiarazione dei redditi dipendono da un errore scusabile causato dall’età, malattia, mancanza di esperienza e altre situazioni simili. La soprattassa d’imposta potrà venire condonata anche quando l’omissione appare scusabile a causa della natura dell’informazione in questione o per altre speciali circostanze, o quando sarebbe manifestamente irragionevole infliggerla (capitolo 5, sezione 6). L’espressione “la natura dell’informazione” primariamente riguarda situazioni in cui un contribuente abbia dovuto valutare una questione fiscale oggettivamente complicata. Secondo i documenti preparatori (Decreto Governativo 1991/92:43, p. 88), l’espressione “manifestamente irragionevole” si riferisce a situazioni in cui l’imposizione di una soprattassa d’imposta sarebbe sproporzionata rispetto all’errore commesso dal contribuente. In linea di principio, dunque, spetta al contribuente provare che sia sussistente la causa per il condono della multa.
36§ Il contribuente, qualora non si ritenga soddisfatto dalla decisione dell’Amministrazione Fiscale sull’imposta e sulla soprattassa d’imposta inflitta, può, entro il quinto anno decorrente dall’anno della dichiarazione dei redditi, richiedere alla stessa Amministrazione di riconsiderare la sua decisione(capitolo 4, sezione 7 e 9). Una decisione concernente le soprattasse d’imposta potrà essere riesaminata a richiesta del contribuente anche dopo che sia spirato tale termine, ciò qualora la decisione non sia ancora divenuta definitiva (capitolo 4, sezione 11). L’Amministrazione Fiscale, di sua iniziativa, può anche riesaminare la sua decisione. Una revisione in senso peggiorativo per il contribuente deve essere adottata entro la fine dell’anno seguente all’anno di imposta, a meno che il contribuente, inter alia, abbia sottoposto informazioni inesatte durante il corso del procedimento fiscale o abbia omesso di redigere di compilare la dichiarazione dei redditi o di fornire le informazioni richieste, nel qual caso il termine spirerà normalmente al quinto anno dall’anno della dichiarazione dei redditi (capitolo 4, sezione 7 e 14-19).
37§ La decisione dell’Amministrazione Fiscale può essere impugnata di fronte alla Corte Amministrativa della Contea. Come per le richieste di riesame, l’appello deve essere proposto entro 5 anni dall’anno dell’accertamento fiscale (capitolo 6, sezione 1 e 3), a meno che esso riguardi una soprattassa inflitta in base ad una decisione non ancora definitiva (capitolo 6, sezione 4). In seguito all’appello, l’ Amministrazione Fiscale è tenuta a riconsiderare la sua decisione il prima possibile e, se viene deciso di modificare la decisione conformemente alla richiesta del contribuente, il processo di impugnazione si estinguerà (capitolo 6, sezione 6). Se invece la decisione non viene emendata, il processo di appello viene rimesso innanzi alla Corte Amministrativa della Contea. Se sussistono speciali ragioni, il processo di appello può essere promosso dalla Amministrazione Fiscale presso la Corte Amministrativa della Contea senza che essa abbia riesaminato la sua decisione (capitolo 6, sezione 7). Ulteriori impugnazioni sono proponibili di fronte la Corte di Appello e, in quanto sussistano le condizioni per ottenere l’ammissibilità dell’impugnazione, alla Suprema Corte Amministrativa.
38§ La soprattassa d’imposta è connessa all’imposta rispetto alla quale viene inflitta in modo che l’opposizione che risulti fondata riguardo all’imposta sottostante produce un effetto immediato sulla soprattassa, la quale viene ridotta corrispondentemente (capitolo 5, sezione 1). Alla soprattassa può, perciò, essere fatta opposizione in via autonoma, se esistono motivi per una sua riduzione o remissione (si veda sopra).
39§ Se i procedimenti davanti alla Corte Amministrativa della Contea o alla Corte Amministrativa di Appello concernono la soprattassa d’imposta, l’appellante ha il diritto ad una udienza orale (capitolo 6, sezione 24).
B. Riscossione dei tributi
40§ Al tempo della caso, la riscossione delle imposte e delle soprattasse d’imposta era regolata dalla Legge sulla Riscossione dei Tributi, dalla Legge sull’IVA del 1994 e dalla Legge sulla Riscossione dei Contributi di Previdenza Sociale a carico dei Datori di Lavoro. Le previsioni di queste leggi, applicabili nel caso in questione, erano molto simili fra loro e, per questa ragione, solo le previsioni della Legge sulla Riscossione dei Tributi verranno esposte di seguito. Dal 1 Novembre 1997 la riscossione dei tributi è stata oggetto di disciplina dalla Legge sul Pagamento delle Imposte, la quale contiene essenzialmente le stesse regole della Legge sulla Riscossione dei Tributi.
41§ La richiesta di riesame, o l’impugnazione contro la decisione riguardante tasse e soprattasse d’imposta, non hanno effetti sospensivi sull’obbligo del contribuente di pagare gli importi in questione (sezione 103 della Legge sulla Riscossione dei Tributi e capitolo 5, sezione 13 della Legge Fiscale).
42§ Tuttavia, l’Amministrazione Fiscale può concedere una sospensione dell’esecuzione della decisione riguardante tasse e soprattasse d’imposta, a patto che ricorra una delle seguenti tre condizioni: (1) se è presumibile che gli importi che il contribuente deve versare verranno ridotti o condonati, (2) se il risultato della causa è incerto, (3) se il pagamento dell’importo in considerazione risultasse considerabilmente dannoso per il contribuente o se diversamente risultasse ingiusto (sezione 49, sottosezione 1 della Legge sulla Riscossione dei Tributi). Secondo la relazione introduttiva alla legge, la seconda condizione risulta soddisfatta non solo quando è probabile per il contribuente tanto un esito favorevole del giudizio quanto uno sfavorevole, ma anche nei casi in cui è più probabile che non, che i procedimenti si concluderanno con il rigetto delle richieste del contribuente. Comunque, una sospensione non potrà essere concessa se la richiesta di riesame o l’impugnazione hanno poche probabilità di successo (Decreto Governativo 1989/90: 74, p.340). L’esempio di una situazione in cui può verificarsi un “considerevole danno” è la vendita forzata dell’azienda, dei beni e delle altre proprietà del contribuente determinanti sulla sua situazione finanziaria e sul suo tenore di vita.
43§ Se, nei casi in cui ricorra la seconda o la terza delle condizioni appena citate, può presumersi – a causa della situazione in cui versa il contribuente o per altre circostanze- che l’importo per il quale viene richiesta la sospensione dell’esecuzione non venga pagato a tempo debito, allora la richiesta non potrà essere accolta senza che il contribuente fornisca garanzia bancaria o altra cauzione per l’importo dovuto. Anche in questi casi, comunque, una sospensione può essere concessa senza cauzione se il relativo importo è relativamente insignificante o se sussistono altre ragioni particolari (sezione 49, sottosezione 2).
44§ L’applicazione della sezione 49 della Legge sulla Riscossione dei Tributi fu esaminata dalla Suprema Corte Amministrativa nel sentenza del 17 Novembre 1993 (caso n. 2309/1993, pubblicata nel Regeringsrättens Årsbok (RÅ) 1993 ref. 89). In quella caso, il Ministero delle Finanze (Riksskatteverket) e la Corte Amministrativa di Appello rilevarono che alla società del ricorrente – la quale aveva proposto appello contro la decisione del Ministero delle Finanze di irrogare con una certa energia nei suoi confronti tasse e interessi per un ammontare totale pari approssimativamente a 6.400.000 SEK - non poteva essere concessa una sospensione dell’esecuzione. La Suprema Corte Amministrativa rilevava, tuttavia, che vi era una certa incertezza riguardo alla questione principale della caso – se il reddito in questione fosse tassabile per intero- e che l’ imposta accertata era di importo considerevole. Per queste ragioni, fu dichiarato che sarebbe stato irragionevole chiedere il pagamento dell’importo prima che una Corte avesse accertato la responsabilità della società di taxi del ricorrente. La Suprema Corte Amministrativa rilevando che in linea di principio la società avrebbe dovuto fornire la cauzione, tuttavia considerava il fatto che la Corte Amministrativa di Appello, dal canto suo, riteneva di risolvere la questione della responsabilità fiscale in poco tempo e che, d’altronde, esistevano anche speciali motivi per non richiedere la cauzione. Di conseguenza, alla società dell’ ricorrente fu concessa una sospensione dell’esecuzione senza cauzione fino al mese successivo al sentenza della Corte Amministrativa di Appello.
45§ Un contribuente può chiedere che l’Amministrazione Fiscale riconsideri la sua decisione concernente la questione della sospensione dell’esecuzione e può impugnare la relativa decisione di fronte alla Corte amministrativa di Contea. La procedura è essenzialmente identica a quella seguita riguardo alle richieste di riesame e alle impugnazioni concernenti importanti questioni fiscali (sezione 84, 96 e 99 della Legge sulla Riscossione dei Tributi; si vedano sopra i paragrafi 36-37). Ulteriori impugnazioni di fronte alla Corte Amministrativa di Appello e alla Suprema Corte Amministrativa sono soggette alla verifica di ammissibilità dell’impugnazione (sezione 102).
C Esecuzione e fallimento
46§ Gli Uffici Esecuzioni sono obbligati a procedere al sequestro nei confronti del debitore dietro richiesta, anche se il provvedimento dell’Amministrazione Fiscale riguardante imposte e soprattasse d’imposta non è definitivo (capitolo 3, sezione 1 e capitolo 4, sezione 1 del Codice dell’Esecuzione (Utsökningsbalken), in combinato disposto con le sezione 59 e 103 della Legge sulla Riscossione dei Tributi; le disposizioni da ultimo citate sono state sostituite da disposizioni analoghe contenute nella Legge sul Pagamento dei Tributi). Se il debitore non possiede beni sequestrabili sufficienti, l’organo esecutivo può chiedere alla Corte distrettuale di dichiararne il fallimento. Il debitore sarà di regola considerato insolvente se si scopre, nel corso dei tentativi di effettuare il sequestro dei beni, effettuati nei sei mesi precedenti la presentazione dell’istanza di fallimento, che gli stessi beni del debitore sono insufficienti a coprire per intero il debito (capitolo 2, sezione 8 della Legge Fallimentare (Konkurslagen, 1987:672)). Se il patrimonio fallimentare non è sufficiente a pagare tutto il debito, con le spese procedurali e gli altri oneri che la procedura fallimentare comporta, il procedimento verrà chiuso (capitolo 10, sezione 1 della Legge Fallimentare).
47§ Se un’istanza di fallimento è fondata su un debito di imposta fissato da un provvedimento dell’Amministrazione Fiscale non ancora divenuto definitivo, alla Corte, chiamata ad esaminare l’istanza, viene richiesto di fare un accertamento indipendente del debito d’imposta allegato, avendo riguardo alle prove addotte nel procedimento fallimentare. La Corte perciò deve fare una previsione sul risultato dei procedimenti di accertamento fiscale pendenti (sentenza della Suprema Corte dell’8 giugno 1981, caso n. Ö 734/80).
48§ Poiché le imposte e le soprattasse d’imposta sono pagabili finché il provvedimento dell’Amministrazione Fiscale non diventa definitivo, lo stesso provvedimento potrebbe essere modificato o annullato dopo che gli importi relativi sono stati già versati. Se è così, l’importo pagato in più verrà restituito con gli interessi (capitolo 18, sezione 2 e capitolo 19 sezione 1 e 12 della Legge sulla Riscossione dei Tributi). Se già si è proceduto al sequestro dei beni del contribuente oppure se già è stato dichiarato il fallimento a causa del debito di imposta, l’ordine di sequestro o la sentenza di fallimento verranno annullati in appello. Qualora l’ordine di sequestro o la sentenza di fallimento fossero diventati definitivi, il contribuente può, previa istanza, ottenere la riapertura del caso e l’annullamento dell’ordine o della sentenza (capitolo 58 del Codice di Procedura Giudiziale (Rättegångsbalken)). Qualsiasi bene che sia stato sequestrato in precedenza sarà, se possibile, restituito al contribuente (capitolo 3 sezione 22 del Codice dell’Esecuzione). Lo stesso procedimento si applica a quei beni rientranti nel patrimonio fallimentare sottoposto a sequestro che non sono necessari per coprire le spese e gli altri debiti del fallimento (capitolo 2 sezione 25 della Legge Fallimentare). Se i beni del contribuente sono stati venduti e la somma ottenuta dalla vendita è stata usata per saldare il debito di imposta allegato, il contribuente riceverà un indennizzo finanziario. In aggiunta, il contribuente ha la facoltà di intentare un’azione per danni contro lo Stato per la perdita finanziaria causata dal sequestro o dal fallimento (capitolo 3 sezione 2 della Legge sulla Responsabilità per Danni (Skadeståndslagen, 1972:207)), sulla base del fatto che le autorità o le Corti hanno agito ingiustamente o negligentemente.
D. Reati fiscali
49§ Azioni penali possono essere intentate contro il contribuente che abbia fornito all’Amministrazione Fiscale informazioni inesatte o che, con l’obiettivo di evadere le tasse, abbia omesso di compilare la dichiarazione dei redditi o altri documenti similari. Se il contribuente ha agito con dolo e le sue azioni erano mirate a pagare meno tasse, verrà condannato per frode fiscale. La possibile sentenza varia da una multa per i piccoli illeciti, alla reclusione per un massimo di sei anni per casi di frode fiscale aggravata (sezione 2-4 della Legge sui Reati Fiscali (Skattebrottslagen, 1971:69)). Se si ritiene che il contribuente sia stato gravemente negligente nel sottoporre informazioni inesatte, potrà essere condannato, a titolo di colpa, per aver sottoposto all’Amministrazione Fiscale una dichiarazione falsa (vårdslös skatteuppgift) (sezione 5). Una azione penale, secondo la Legge sui Reati Fiscali, è proponibile in conformità con le norme governanti i procedimenti penali in generale, il che significa, inter alia, che ci può essere soltanto una condanna penale in base al processo e alle prove delle corti della generale giurisdizione.
50§ Secondo la legge svedese, il fatto che una soprattassa d’imposta sia già stata inflitta per gli stessi motivi di quelli che sono alla base dell’ accusa penale non è di ostacolo al procedimento penale. Inoltre, il provvedimento amministrativo di irrogazione della soprattassa non ha né effetto vincolante, né qualsiasi altro effetto, che possa pregiudicare la sentenza penale. Perciò, era nell’intenzione del legislatore che la Corte venisse informata nel caso in cui una soprattassa fosse imposta, allo scopo di promuovere l’azione penale (Decreto Governativo1971:10 p. 351 e 364).
E. Soprattasse e la Convenzione nella giurisprudenza svedese
51§ Nella sentenza del 29 novembre 2000, la Suprema Corte valutava se una persona potesse essere condannata per un reato fiscale in un procedimento penale di seguito all’imposizione di una soprattassa in un procedimento di natura fiscale (caso n. B 868-99, pubblicato su NJA Nytt juridiskt arkiv 2000, p. 622). Avendo notato che, secondo la legge svedese, una soprattassa non viene considerata una sanzione penale e perciò non impedisce il giudizio e la condanna per un reato penale relativamente allo stesso atto, la Suprema Corte andava ad esaminare la materia sotto il profilo della Convenzione. Si considerò in primo luogo, alla luce della giurisprudenza della Corte Europea, che c’erano pesanti argomenti per ritenere l’Articolo 6 nella sua sezione penale fosse applicabile ai procedimenti coinvolgenti soprattasse d’imposta. Assumendo che questo caso fosse uguale a quello in esame, si ritenne, quindi, che il principio del ne bis in idem, come stabilito dall’Articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione, non ostacolasse il fatto che fossero intentati procedimenti penali nei confronti di qualcuno per un atto rispetto al quale una soprattassa d’imposta fosse stata già applicata.
52§ Il 15 Dicembre 2000 la Suprema Corte Amministrativa emise due sentenze nelle quali fu presa in considerazione l’applicabilità dell’Articolo 6 della Convenzione sulle soprattasse d’imposta secondo il sistema fiscale svedese. In una di queste sentenze (caso n. 1990-1998, RA 2000 ref. 66), osservando i criteri stabiliti dalla Corte Europea per determinare quando una infrazione possa essere qualificata come “penale”, la Suprema Corte Amministrativa fornì una interpretazione estensiva circa l’applicazione di questi criteri sulle soprattasse in questione. Fu deciso, inter alia, come segue:
“ La legislatura svedese configura la soprattassa d’imposta come una sanzione amministrativa simile ad una ammenda… . Le norme sulle udienze orali nel capitolo 6, sezione 24 della Legge Fiscale dovrebbero essere viste come una manifestazione dell’intento di condurre il procedimento fiscale entro i confini della salvaguardia legale predisposta dall’Articolo 6 della Convenzione. Altresì, secondo la giurisprudenza (RA 1987 ref.42), le regole di voto contenute nel capitolo 29 del Codice di Procedura Giudiziale (nella parte del Codice dedicata alla procedura penale) sono applicabili ai casi riguardanti soprattasse secondo la precedente Legge Fiscale (1956:623). La soprattassa d’imposta sembra che sia stata considerata in prevalenza come una sanzione penale anche in altri contesti. Per esempio, fu statuito nei documenti preparatori alla legislazione fissante la norma che vieta le leggi ex post facto nel capitolo 2, sezione 10, sottosezione 1 dello Strumento Governativo [Regeringsformen] – il quale Strumento include ammende, altre sanzioni penali e altri effetti legali speciali di reato penale – che la norma proposta fosse applicata anche alle sanzioni amministrative simili ad ammende, come le soprattasse, oneri per ritardato pagamento di imposte o per ritardato pagamento di tasse secondo varie leggi fiscali….. Comunque, secondo la legge svedese, ai fini dell’imposizione della soprattassa non è richiesto, da parte del contribuente, né il dolo né la colpa. Quindi, la soprattassa, in un certo senso ha il carattere della multa convenzionale [vitesfunktion] e può essere rimessa in base a motivi puramente oggettivi. Inoltre, non può essere convertita in condanna alla reclusione. Perciò, va concluso che la soprattassa non è classificabile come pena secondo il sistema legale svedese ma piuttosto come sanzione fiscale di natura amministrativa. Di conseguenza, la sua classificazione all’interno del sistema legale svedese non costituisce ragione sufficiente per considerarla alla stregua di una sanzione penale così come inteso dalla Convenzione.
In riferimento agli altri due criteri applicati dalla Corte Europea – cioè la natura del reato e la natura il grado di severità della sanzione - il (criterio) seguente dovrà essere preso in considerazione. Le norme svedesi in materia di soprattasse d’imposta sono generali e applicabili a tutti i contribuenti. Lo scopo del sistema delle sanzioni amministrative è di esercitare pressione sui contribuenti attraverso considerevoli sanzioni finanziarie e di ottenere l’osservanza degli obblighi prescritti dalle leggi su tasse e soprattasse. Va inoltre rilevato che la soprattassa d’imposta nel sistema svedese, nella sua attuale forma, sostituisce i precedenti procedimenti di natura puramente penale. Riguardo alle caratteristiche che sono state fissate dalla Corte Europea in riferimento alla natura e al livello di severità della sanzione, dovrebbe riportarsi alla mente che la soprattassa viene imposta in proporzione alla tassa evasa a causa dell’inoltro di informazioni inesatte (all’Amministrazione Fiscale). Ciò significa che le soprattasse possono, in linea di principio, arrivare ad importi veramente elevati senza nessun limite massimo.
Secondo l’opinione della Suprema Corte Amministrativa, l’aspetto da ultimo menzionato indica in modo concludente che l’Articolo 6 è da considerare applicabile alla soprattassa d’imposta così come applicata in Svezia. In un recente sentenza, la Suprema Corte ha anche statuito, alla luce della giurisprudenza della Corte Europea, che “ ci sono pesanti argomenti per ritenere l’Articolo 6 applicabile ai procedimenti svedesi concernenti soprattasse” (Suprema Corte sentenza del 29 novembre 2000, si veda sopra il paragrafo 51). D’altronde, però, una affermazione che ancora può causare qualche dubbio è che la soprattassa svedese differisce da quella francese riguardo a uno dei quattro fattori ai quali la Corte Europea attribuisce importanza nella sua relazione finale nel caso Bendenoun (Bendenoun c. Francia, sentenza del 24 febbraio 1994, serie A n. 284): e cioè che la soprattassa non può essere convertita in una condanna alla reclusione. Inoltre, contrariamente alle norme francesi, le norme svedesi sulle soprattasse difettano di un elemento soggettivo nel vero senso della parola…
Comunque, il fatto che la soprattassa svedese non possa essere convertita in una condanna alla reclusione non è, secondo l’opinione della Suprema Corte Amministrativa, un argomento decisivo per escludere l’applicabilità dell’Articolo 6. Non c’è dubbio che una sanzione irrogata secondo la legge penale ricada nell’ambito della previsione dell’Articolo 6, senza riguardo al fatto che possa essere convertita in una condanna alla reclusione o meno. D’altronde la sentenza Bendenoun deve essere presa in considerazione per dimostrare che le sanzioni finanziarie, diversamente da una multa, possono anche cadere nell’ambito di previsione dell’Articolo 6, almeno se sono di una qualche importanza. Inoltre, secondo la sentenza della Corte Europea nei casi Lauko… e Kadubec (Lauko e Kadubec c. Slovacchia, sentenze del 2 settembre 1998, Reports of Judgements and Decisions 1998 – VI, pp. 2492 e 2518), entrambe concernenti multe imposte per reati minori, deve attualmente essere considerato come assodato che l’imposizione di una condanna alla reclusione non è un presupposto perché un atto possa considerarsi come reato penale secondo la Convenzione. Nel caso di specie, neanche può essere attribuito un significato autonomo e decisivo alla mancanza di elementi soggettivi (invece, c’è motivo per porre in essere un giudizio per verificare la compatibilità tra una responsabilità stringente con una presunzione di innocenza…).
In vista del precedente la Suprema Corte Amministrativa rileva che, avendo riguardo a tutte le circostanze, la soprattassa svedese non va considerata come rientrante nell’ambito dell’Articolo 6 della Convenzione…”.
53§ La Suprema Corte Amministrativa giunse al punto di esaminare la compatibilità della soprattassa d’imposta con la presunzione di innocenza prevista dall’Articolo 6 della Convenzione. Fu data la seguente interpretazione:
“E’ probabile che, nel determinare se una responsabilità strettamente penale sia compatibile con la Convenzione, la Corte Europea applicherà essenzialmente lo stesso metodo usato nel caso Salabiaku (Salabiaku c. Francia, sentenza del 7 ottobre 1998, serie A n. 141) riguardo alla responsabilità stabilita sulla base di presunzioni. Ciò significa che la responsabilità non deve per intero e automaticamente derivare da prove di fatti oggettivi. Però, per non creare conflitti con la presunzione d’innocenza, il singolo deve avere la possibilità di una qualche forma di difesa basata su elementi soggettivi.
Come si è detto sopra, una soprattassa viene imposta con un procedimento amministrativo senza necessità alcuna di provare il dolo o la colpa. L’ appello contro una decisione concernente una soprattassa d’imposta è di competenza della corte amministrativa. Se sono dimostrati il dolo o la colpa aggravata, la responsabilità secondo la legge penale può essere ascritta dopo un processo e la valutazione delle prove di una corte con giurisdizione generale.
Il sistema impositivo in Svezia è largamente basato su informazioni fornite dal singolo e sue certificazioni di informazioni ricevute da altre fonti. Lo scopo della soprattassa d’imposta è di sottolineare, inter alia, che al singolo viene richiesto di essere meticoloso nel compito di compilare la dichiarazione dei redditi e nel correlato obbligo di sottoporre le informazioni. In linea di principio, la negligenza non è accettabile. Inoltre, il contribuente deve avere conoscenza di quale informazione sia importante nell’esame della pratica per evitare il rischio che una informazione inesatta sia considerata per data e una soprattassa imposta. In altre parole, viene richiesto al contribuente di avere una certa conoscenza delle leggi fiscali.
Imprecisioni e difetti del tipo di quelli che possono provocare l’imposizione di soprattasse ricorrono in un gran numero di casi. Le richieste di uniformità nell’imposizione di soprattasse hanno imposto un sistema in cui le soprattasse dovessero imporsi secondo regole relativamente semplici e standardizzate. Perciò, le regole e il regolamento devono anche andare incontro all’esigenza di una valutazione ragionevolmente sfumata… e provvedere a garantire la certezza del diritto. Perciò, una soprattassa non può essere imposta automaticamente quando viene fornita una informazione inesatta. In primo luogo, certi tipi di imprecisioni sono esentati e, in secondo luogo, le autorità e le corti devono considerare se ci sono motivi per la remissione della soprattassa, anche se non sono state avanzate specifiche richieste al riguardo.
Di seguito si farà particolare riferimento ai motivi di remissione della soprattassa. Le richieste di chiarimenti e la mancanza di meticolosità devono essere proporzionate alla capacità e alla abilità del contribuente di comprendere le norme fiscali e di applicarle alla situazione concreta. Le regole sulla remissione sono finalizzate ad evitare l’imposizione di soprattasse quando gli errori sono conseguenza, ad esempio, di ignoranza scusabile o di un errata interpretazione di una norma fiscale. Le stesse regole sono anche tenute a prevenire l’imposizione di una soprattassa quando vengono posti in essere altri errori scusabili nell’assolvimento del compito di compilare la dichiarazione dei redditi. Le norme sulla remissione sono, inoltre, redatte in un modo da consentire alle autorità e alle corti una certa latitudine nel valutare la questione della remissione, avendo riguardo alla posizione soggettiva del contribuente. In realtà, i motivi di remissione- insieme con le regole che stabiliscono, sulla base di elementi oggettivi, che in certe circostanze le soprattasse non vengano imposte o siano rigettate – possono in certi casi consentire valutazioni che conducono ad una più frequente esenzione dalle soprattasse rispetto al caso in cui la medesima imposizione fosse condizionata ad azioni dolose o colpose del contribuente. Sebbene i motivi di remissione non siano interamente paragonabili alle cause di responsabilità che introducono elementi soggettivi nel procedimento penale, essi devono essere considerati, quando esaminati insieme ai casi in cui le soprattasse vengono escluse sulla base di elementi puramente oggettivi, come procuranti al contribuente, quando è il caso, una opportunità sufficiente ad evitare l’imposizione delle stesse, ciò al fine di prevenire un conflitto insorgente con la presunzione di innocenza come prevista dall’Articolo 6 della Convenzione. In generale, perciò, ciò richiede che le corti, applicando le regole in materia di soprattasse d’imposta, debbano invero effettuare un giudizio elastico e non troppo ristretto in ogni singolo caso come se ci fossero motivi per rigettare o rimettere la soprattassa.
54§ La Suprema Corte Amministrativa giudicava anche che la soprattassa d’imposta svedese rispettava la prescrizione generale della Convenzione circa la proporzionalità delle misure. Si ritenne che un sistema sanzionatorio, predisposto contro l’inadempimento dell’obbligo di fornire alle autorità le dichiarazioni dei redditi e relative informazioni, risponde ad un importante interesse pubblico. Inoltre, si notava, inter alia, che l’esigenza di proporzionalità era rispecchiata nelle regole in materia di soprattasse poiché, nel capitolo 5, sezione 6 della Legge Fiscale, le soprattasse dovevano essere rimesse nei casi in cui apparivano “manifestamente irragionevoli” (si veda sopra il paragrafo 35).
55§ In un’altra sentenza del 15 dicembre 2000 (caso n. 2922-1999), la Suprema Corte Amministrativa fu chiamata a valutare se l’avvio di un procedimento esecutivo per il pagamento di una soprattassa d’imposta, prima di qualsiasi accertamento da parte del giudice circa la sussistenza di responsabilità, fosse in contrasto con la presunzione di innocenza dell’Articolo 6 § 2 della Convenzione. Fu deciso come segue:
“ L’Articolo (6 n.d.t.) stabilisce che la presunzione di innocenza dovrà essere osservata finché la responsabilità venga accertata secondo la legge. Non si deduce dalla parole dell’articolo che una sanzione penale che sia stata irrogata non possa essere eseguita prima che la decisione sia divenuta definitiva. Ci sono, inoltre, esempi, sia in Svezia che in altri Stati europei, di normali sanzioni penali esecutive nonostante il fatto che la decisione in merito non sia divenuta definitiva…
Inoltre, non c’è nulla nella giurisprudenza della Corte Europea per supportare l’idea che l’ Articolo 6 § 2 impedisca l’esecutività di decisioni concernenti sanzioni penali non ancora divenute definitive. A questo proposito, dovrebbe notarsi che la Commissione Europea dei Diritti Umani riconobbe espressamente l’immediata esecutività delle soprattasse nel caso Källander c. Svezia (ricorso N. 12693/ 87, decisione del 6 marzo 1989, non pubblicata).
La conclusione della Suprema Corte Amministrativa è che l’Articolo 6 § 2 non impedisce l’esecutività per il solo motivo che una decisione in materia di soprattasse non sia ancora divenuta definitiva.
Rimane da stabilire se l’esecutività di una decisione dell’autorità amministrativa in materia di soprattasse richiede che la materia sia prima esaminata da un tribunale.
Consegue dall’Articolo 6 § 1 che ciascuno che sia accusato di un reato penale ha diritto a che la sua causa sia esaminata da un tribunale. Perciò, le norme contenute nell’Articolo 6 non precludono l’esame da parte dell’autorità amministrativa delle questioni ricadenti nell’ambito dell’ Articolo, posto che il singolo può, successivamente, portare il caso di fronte ad un tribunale che offrirà salvaguardia legale in modo completo stabilita dall’Articolo…
Secondo l’opinione della Suprema Corte Amministrativa, è poco chiaro in che misura la presunzione di innocenza dovrebbe essere considerata per richiedere che la decisione di un’autorità amministrativa concernente una sanzione penale, contro la quale è stato proposto appello, non dovrebbe essere eseguita prima che il giudice esamini l’appello. Sembra che la questione non sia stata risolta dalla Corte Europea. Perciò, appare ragionevole concludere che l’esecutività può non aver luogo se, nel caso in cui in seguito all’esame giudiziale la decisione dell’autorità venga variata, fosse impossibile reintegrare la situazione legale iniziale.
Per quanto riguarda le soprattasse, un contribuente può proporre appello contro una decisione dell’autorità che imponga una qualche soprattassa. Se l’appello del contribuente è accolto, ogni importo che è stato pagato sarà restituito con gli interessi. E’ anche possibile per il contribuente chiedere una sospensione durante la pendenza dell’appello. E’ improbabile che durante l’esame da parte della corte della richiesta di sospensione venga adottata una misura esecutiva (Decreto Governativo, 1996/97:100, p. 352). Secondo le norme applicabili al caso urgente, una sospensione può essere garantita se può essere assunto che l’importo imposto al contribuente sarà ridotto o che lo stesso sarà sollevato dall’obbligo di pagare l’importo, se il risultato della causa è incerto o se il pagamento dell’importo imposto risulta arrecare un considerevole danno al contribuente o altrimenti appare ingiusto. In certi casi, la sospensione può essere concessa solo a condizione che venga garantita la cauzione (sezione 49, sottosezione 1 e 2 della Legge sulla Riscossione dei Tributi; ora ci sono norme corrispondenti nella Legge sul Pagamento dei Tributi).
Le norme sulla sospensione consentono al contribuente di avere un esame preliminare da un tribunale circa il risultato finale della causa concernente le soprattasse. Se il contribuente si astiene dall’esercitare questa facoltà o se la corte, in seguito all’esame, rileva che non può assumersi che l’appello del contribuente nel merito verrà accolto, o anche che il risultato è incerto e che, inoltre, non c’è motivo di supporre che dal pagamento della soprattassa derivi un danno considerevole, non può, dal punto di vista della Suprema Corte Amministrativa, essere in contrasto con l’Articolo 6 § 2 la richiesta di immediata esecuzione”.
DIRITTO
I - AMBITO DEL CASO
56§ Nel suo primo ricorso alla Commissione, il ricorrente addusse violazioni degli Articoli 6 e 14 della Convenzione e dell’Articolo 1 del Protocollo n. 1 alla stessa, in relazione alla esecutività di imposte e soprattasse prima di una determinazione giudiziale sulle questioni fiscali. Il 26 settembre 2000, nell’udienza di fronte alla Corte, il ricorrente ulteriormente domandava se fossero anche ravvisabili violazioni del principio del ne bis in idem. Nelle osservazioni (scritte n.d.t.) depositate il 18 dicembre 2000, egli allegava che, da ultimo, ci furono violazioni dell’Articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione.
57§ Il Governo chiese alla Corte di non esaminare nel contesto del presente caso la doglianza di cui all’art 4 del Protocollo n. 7 poiché essa era stata proposta fuori termine.
58§ La Corte rileva che la questione del ne bis in idem fu sollevata nell’ultima fase del procedimento e che formale doglianza ex Articolo 4 del Protocollo n.7 della Convenzione non era stata proposta fino alla sua decisione di dichiarare il ricorso ricevibile. La Corte statuisce che l’ulteriore doglianza era stata proposta troppo tardi per essere esaminata nel processo già pendente. L’ambito del caso di fronte alla Corte è così determinato dalla decisione sulla ricevibilità che riguarda la doglianza sotto il profilo dell’Articolo 6 della Convenzione.
II – SULLE PRETESE VIOLAZIONI DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
59§ Il ricorrente denunciava il fatto che la decisione dell’ Amministrazione Fiscale in materia di imposte e soprattasse d’imposta fosse stata eseguita prima di una determinazione giudiziale sulla controversia. In particolare, sostenne che i procedimenti di accertamento fiscale non erano stati conclusi in un arco di tempo ragionevole e che perciò non era stato in grado di ottenere un’udienza durante la pendenza dei suddetti procedimenti. Inoltre, affermava di essere stato privato del suo diritto di essere considerato presunto innocente fino alla prova della sua colpevolezza secondo la legge. Il ricorrente faceva affidamento sull’Articolo 6 della Convenzione, il quale, per quanto riguarda l’oggetto dell’istanza, prevede:
“1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità puó pregiudicare gli interessi della giustizia.
2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata….”
A. Applicabilità dell’Articolo 6 della Convenzione
1. Le tesi delle parti
(a) Il Governo
60§ Il Governo sostiene che “i diritti e doveri di carattere civile ” del ricorrente, secondo il significato dell’Articolo 6 della Convenzione, non erano in gioco nei procedimenti in questione. Facendo riferimento alla sentenza della Corte nel caso Ferrazzini (Ferrazzini c. Italia [GC], n. 44759/98, pubblicato in ECHR 2001- VII), e ad altri precedenti sentenze della Corte concernenti i procedimenti di natura fiscale, il Governo conclude che le controversie fiscali non ricadono nell’ambito dell’Articolo 6, la cui previsione non era applicabile ai procedimenti esecutivi in materia fiscale.
61§ Circa l’applicabilità dell’Articolo 6 nella sua parte avente natura penale, il Governo preferisce lasciare questa questione alla discrezionalità della Corte. Comunque, furono indicati certi aspetti concernenti le soprattasse svedesi che suggerivano che la loro imposizione non corrispondeva ad una “accusa penale” secondo il significato dell’Articolo 6. In primo luogo, secondo il sistema legale svedese, le soprattasse venivano regolate dalla legge amministrativa. In secondo luogo, il loro scopo non era principalmente deterrente o punitivo, come mostrato, inter alia, dal fatto che venivano irrogate esclusivamente per motivi oggettivi, senza che fosse necessario provare la colpa o il dolo (del contribuente). Viceversa, lo scopo principale delle soprattasse era di proteggere gli interessi finanziari dello Stato e della comunità intera, enfatizzando l’importanza di fornire all’Amministrazione Fiscale informazioni adeguate e corrette come base per gli accertamenti fiscali. In questo modo, le stesse venivano finalizzate ad avere effetti preventivi di natura fondamentalmente fiscale. In terzo luogo, sebbene le soprattasse nel caso in esame fossero state di notevole importo, l’imposizione di una grave sanzione pecuniaria non necessariamente avrebbe condotto alla conclusione che si trattasse di una “accusa penale”. Infatti, le soprattasse non avrebbero potuto essere convertite in una condanna alla reclusione. E d’altronde neppure l’importo delle soprattasse variò in relazione alla natura e alla serietà della condotta del contribuente.
(b) Il ricorrente
62§ Il ricorrente dichiarava che i procedimenti in questione comportavano una decisione che avrebbe coinvolto i suoi “diritti e doveri di carattere civile ”. Si appellava, inter alia, alle conseguenze disastrose che i provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale gli avevano provocato, inclusa la dichiarazione di fallimento dovuta alla sua insolvenza rispetto proprio al debito fiscale, al quale debito fu riconosciuta immediata esecutività. Nonostante il loro enorme impatto sulla vita del ricorrente, i provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale non erano ancora stati esaminati da un tribunale. In questo modo, gli accertamenti fiscali erano stati di cruciale importanza per i suoi personali diritti e doveri.
63§ Oltre a ciò, le soprattasse imposte al ricorrente costituirono una “accusa penale” ai sensi dell’Articolo 6. Il ricorrente indicava il fatto che esse avevano sostituito i precedenti procedimenti penali, il che rendeva chiaro che venivano classificate secondo la legge svedese come sanzioni penali. Egli asseriva anche che le soprattasse erano basate su una presunzione di colpevolezza che avrebbe potuto essere confutata solo in casi eccezionali. Inoltre, furono imposte secondo la regola generale per cui devono avere effetto deterrente e punitivo. Sussistevano in questo modo sufficienti ragioni per ritenere applicabile l’Articolo 6, e, d’altronde, il fatto che le soprattasse non potrebbero essere convertite in una condanna alla reclusione non dovrebbe essere considerato un fattore decisivo.
2. La valutazione della Corte
64§ La Corte ha sostenuto in modo fermo che, generalmente, le controversie di natura fiscale ricadono fuori dalla portata dei “diritti e doveri di carattere civile” previsti dall’ Articolo 6 della Convenzione, nonostante gli effetti pecuniari che esse producono per il contribuente (si veda, come la più recente decisione, Ferrazzini c. Italia sentenza citata sopra, § 29). I fatti del presente caso non costituiscono motivo di rivedere quella conclusione.
65§ Avuto riguardo al fatto che le soprattasse furono imposte al ricorrente, la questione è se invece i procedimenti del caso in esame comportino una decisione relativa ad una “accusa penale”. La Corte ripete che il concetto di “accusa penale” nell’ambito di previsione dell’Articolo 6 ha rilievo autonomo. Nel determinare se un illecito è qualificabile come di rilevanza penale, tre sono i criteri da applicare: la classificazione legale dei reati nella legge nazionale, la natura dell’illecito e la natura e il grado di severità della possibile sanzione (si veda, tra le altre decisioni, la sentenza Öztürk c. Germania del 21 febbraio 1984, serie A n. 73, p. 18, §50, e Lauko c. Slovacchia citata sopra, p. 2054, §56).
66§ Per quel riguarda la classificazione nazionale in materia di soprattasse, la Corte rileva che le stesse non sono applicate nell’ambito delle previsioni di diritto penale , ma conformemente a varie leggi fiscali. Inoltre, sono determinate da Amministrazioni Fiscali e da Corti Amministrative. Ulteriormente risulta che la legislazione svedese e le Corti hanno considerato che, secondo il sistema legale svedese, le soprattasse non sono caratterizzate come sanzioni penali, ma piuttosto come sanzioni amministrative (si veda la sentenza della Suprema Corte Amministrativa, citata al paragrafo 52). Conseguentemente, sebbene sotto alcuni aspetti le soprattasse sono state collocate sullo stesso piano delle sanzioni penali, la Corte conclude che le soprattasse non possono dirsi appartenenti al diritto penale secondo il sistema legale nazionale.
67§ E’ perciò necessario esaminare le soprattasse alla luce del secondo e terzo criterio menzionati sopra. Questi criteri sono alternativi e non cumulativi: per applicare l’Articolo 6 in virtù delle parole “accusa penale” è sufficiente che il reato in questione sia di natura penale dal punto di vista della Convenzione, o abbia reso la persona interessata passibile di una sanzione, che per la sua natura e grado di severità, appartenga in generale alla sfera “penale”. Ciò non esclude che un approccio cumulativo possa essere adottato qualora l’analisi separata di ciascun criterio non consente di raggiungere una chiara conclusione sull’esistenza di una “accusa penale”(si veda la sentenza Lauko c. Slovacchia citata sopra, pp. 2504-05, §57).
68§ Per quel che concerne la natura della condotta imputabile al ricorrente, la Corte nota che l’Amministrazione Fiscale e la Corte Amministrativa di Contea rilevarono che il ricorrente aveva fornito informazioni inesatte nella sua dichiarazione dei redditi. Le risultanti soprattasse furono imposte in conformità alla legislazione fiscale- inter alia, capitolo 5, sezione 1 e 2 della Legge Fiscale- diretta verso tutte le persone tenute a pagare le tasse in Svezia e non verso un dato gruppo con uno status speciale.
Inoltre, sebbene ci sia, come argomentato dal Governo, un interesse pubblico di natura finanziaria nel garantire che l’Amministrazione Fiscale abbia una adeguata e corretta informazione ai fini degli accertamenti fiscali, questa informazione è garantita per mezzo di certe prescrizioni stabilite dalla legislazione fiscale svedese, alla quale è collegata la minaccia di una sanzione finanziaria considerevole per mancato adeguamento. E’ vero che le soprattasse furono imposte al ricorrente sulla base di motivi oggettivi senza la necessità di stabilire da parte sua alcuna forma di dolo né di colpa. Perciò, la mancanza di elementi soggettivi non necessariamente priva l’illecito del suo carattere penale; invero, esempi di reati penali basati esclusivamente su elementi oggettivi possono essere trovati nella legislazione degli Stati Membri (si veda Salabiaku c. Francia sentenza del 7 ottobre 1988, serie A n. 141-A, p. 15, §27). In questo rapporto, la Corte rileva che il sistema attuale in materia di soprattasse ha preso il posto del procedimento penale precedente. Sembra che la sostituzione dal precedente sistema al nuovo sistema basato su elementi oggettivi fu consigliato dall’esigenza di maggiore efficienza (si veda sopra paragrafo 32).
Inoltre, le attuali soprattasse non sono intese come un risarcimento pecuniario per ogni spesa che possa essere subita, come risultato, alla condotta del contribuente. Piuttosto, il più importante obiettivo dei provvedimenti in materia di soprattasse è di esercitare pressione sui contribuenti affinché rispettino le loro obbligazioni e punirne le violazioni. Le sanzioni in questo modo sono contemporaneamente deterrenti e punitive (si veda la sentenza Öztürk c. Germania citata, p.20, § 53).
Secondo l’opinione della Corte, il carattere comune delle previsioni legali in materia di soprattasse e l’obiettivo delle sanzioni, le quali sono deterrenti e punitive, è sufficiente a mostrare che ai fini dell’Articolo 6 della Convenzione il ricorrente fu accusato di un reato penale.
69§ Il carattere penale del reato è ulteriormente evidenziato dalla severità della sanzione potenziale ed attuale. Le soprattasse svedesi vengono imposte in proporzione all’importo della tassa evasa a causa delle informazioni inesatte ed inadeguate fornite dal contribuente. Le soprattasse, fissate normalmente al 20% o al 40% della tassa evasa, a seconda del tipo di tassa coinvolta, non hanno un limite superiore e possono arrivare ad importi veramente notevoli. Invero, nel presente caso la soprattasse imposte in seguito alla decisione dell’Amministrazione Fiscale furono veramente considerevoli, per un totale di 161.261 SEK. E’ vero che le soprattasse non possono essere convertite in una condanna alla reclusione in caso di mancato pagamento; tuttavia, questo non è decisivo per la classificazione di un reato come “penale” secondo l’Articolo 6 (si veda sentenza Lauko c. Slovacchia citata sopra, p.2505, §58).
70§ La Corte rileva inoltre che la Suprema Corte Amministrativa considerò nella sua sentenza del 29 novembre 2000 (si veda il paragrafo 51 sopra) che c’erano argomenti pesanti per considerare l’Articolo 6 come applicabile nel suo capo penale ai procedimenti riguardanti le soprattasse. Ulteriormente, la Suprema Corte Amministrativa, nella sentenza del 15 dicembre 2000 ( si vedano i paragrafi 52-55), sostenne che le soprattasse svedesi sono da considerare come rientranti nell’ambito dell’Articolo 6.
71§ Per riassumere, la Corte conclude che i procedimenti concernenti le soprattasse imposte al contribuente implicavano la decisione sopra un capo di “accusa penale” secondo il significato dell’Articolo 6 della Convenzione. Questa previsione pertanto è applicabile al presente caso.
B. Conformità con l’Articolo 6 della Convenzione
1. Le tesi delle parti
(a) Il Governo
72§ Il Governo lasciava che la Corte decidesse se c’era stata violazione della Convenzione per quanto riguardava la durata dei procedimenti di accertamento fiscale. Rilevando che una verifica complessiva della ragionevolezza della durata di questi procedimenti non potrebbe essere fatta dal momento che gli stessi non risultavano ancora conclusi, il Governo non negava che i procedimenti fossero durati così a lungo. Ciò fu dovuto, secondo quanto asserito, in parte al gran numero di casi similari che dovettero essere trattati simultaneamente dall’Amministrazione Fiscale, ed inoltre al fatto che era attesa la decisione sulla richiesta di sospensione dell’esecuzione.
73§ Il Governo, perciò, sosteneva che il ricorrente aveva avuto accesso ad un tribunale che gli garantiva un giusto processo che soddisfaceva le condizioni dell’Articolo 6 della Convenzione ed in cui il suo diritto di essere presunto innocente, secondo quanto prescritto dal paragrafo 2 di questo Articolo, fu rispettato. Affermava che, anche nei procedimenti di fronte alla Amministrazione Fiscale, il ricorrente aveva goduto di molta della protezione legale riconosciuta dall’Articolo 6. Ulteriormente, il ricorrente aveva fatto ricorso alle corti amministrative le quali avevano la competenza – sia per il fatto che per il diritto – di esaminare la materia in tutti i suoi aspetti. Attraverso tutti i procedimenti di accertamento fiscale, risultò sufficientemente provato per l’Amministrazione Fiscale che erano state fornite informazioni inesatte e che, conseguentemente, sussistevano motivi per l’imposizione di soprattasse. Riguardo al fatto che l’immediata esecutività del debito fiscale, come determinato dall’Amministrazione Fiscale, potrebbe aver limitato l’accesso del ricorrente ad un tribunale, il Governo affermava che quella limitazione era stata proporzionata. L’esecutività serviva per proteggere gli interessi finanziari dello Stato e la comunità nel suo complesso. Dato il tempo considerevole riconosciuto per poter impugnare il provvedimento sulle imposte- normalmente cinque anni dopo la verifica- un sistema che garantisce il diritto alla sospensione dell’esecuzione, senza che sia stata versata la cauzione, probabilmente conduce ad un notevole incremento del numero di impugnazioni con lo scopo di evitare o posticipare il pagamento delle tasse. Il Governo argomentava , inoltre, che il ricorrente aveva avuto un esame preliminare da parte delle Corti riguardo ai provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale in materia di tasse e soprattasse nel corso dei procedimenti sulla sospensione dell’esecuzione; in entrambi questi procedimenti ed in quelli di fallimento, le corti dovevano condurre un sommario riesame nel merito della causa fiscale del ricorrente. Le corti fecero anche notare che il ricorrente era stato dichiarato fallito a causa del debito d’imposta rispetto al quale la soprattassa era solo una parte minore. Poiché egli di fatto non aveva beni, sarebbe stato dichiarato fallito anche se non fosse stata imposta alcuna soprattassa. Oltre a ciò, nel caso di un appello vittorioso contro i provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale, la posizione avrebbe potuto essere risarcita attraverso l’annullamento della sentenza di fallimento e la richiesta di risarcimento allo Stato per ogni danno economico in conseguenza di questa decisione.
74§ Inoltre, con riguardo al diritto del ricorrente di essere considerato presunto innocente, il Governo, con riferimento alla decisione della Commissione Europea nel caso Källander sopra-citata (si veda il paragrafo 55), asseriva che i concetti di innocenza e colpevolezza non erano rilevanti ai fini dell’imposizione delle soprattasse d’imposta, che non c’erano state prove nei procedimenti fiscali che il ricorrente aveva commesso reati, e che nessuna decisione era stata presa sul fatto che il ricorrente avrebbe dovuto pagare le soprattasse. Inoltre, l’onere di provare che il ricorrente aveva inoltrato informazioni inesatte nella sua dichiarazione dei redditi gravava interamente sull’Amministrazione Fiscale.
(b) Il ricorrente
75§ Il ricorrente faceva notare che la sua causa fiscale, la quale concerneva la dichiarazione per l’anno 1994 e quindi i suoi redditi per il 1993, fu esaminata in prima istanza il 7 dicembre 2001 ed era ancora in corso. Affermava che la “durata ragionevole” prevista dall’Articolo 6 della Convenzione era stata superata , specialmente in considerazione delle misure che già erano state prese contro di lui e del fatto che non c’era più nessun dettaglio a conferma da chiamare, come del fatto che non sarebbero potute essere fornite prove circa la situazione del 1993.
76§ Il ricorrente ulteriormente affermava che non aveva avuto accesso ad un tribunale che gli garantisse un’udienza ai sensi dell’Articolo 6. In aggiunta agli effetti della durata eccessiva dei procedimenti, rilevava, a tale proposito, i seguenti argomenti. I procedimenti di fronte all’Amministrazione Fiscale non garantivano un provvedimento che era in grado soddisfare i requisiti previsti dall’Articolo 6. Né era, secondo quanto asserito, la Corte Amministrativa di Contea il “tribunale stabilito per legge”, così come le corti amministrative non erano autorizzate ad occuparsi di reati penali. Inoltre, in ordine al fatto che al ricorrente fosse riconosciuto un effettivo diritto ad impugnare, l’esecuzione dei provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale avrebbe dovuto essere sospesa. Il ricorrente ancora asseriva che non aveva avuto un esame preliminare delle questioni fiscali nel corso dei procedimenti fallimentari, poiché le corti che avevano esaminato l’istanza di fallimento non avevano esaminato i provvedimenti fiscali che ne erano alla base, né tantomeno le indagini della Amministrazione Fiscale. Oltre a ciò, l’immediata esecutività della decisione sulle imposte e la dichiarazione di fallimento avevano causato un danno irreparabile al ricorrente, come le sue risorse private e professionali furono rovinate, così il suo volume d’affari durante il fallimento risultava ostacolato. Il ricorrente, perciò, diceva che ogni futura riparazione che egli riceverà non costituirà rimedio effettivamente sufficiente per il danno subito.
77§ Il ricorrente ancora dichiarava che, in generale, un contribuente andava incontro ad un onere della prova quasi insormontabile alla richiesta che la soprattassa non fosse imposta o fosse annullata. Affermava che la giurisprudenza mostrava che gli ordini di rimessione di soprattasse venivano resi solo raramente. Inoltre, le misure esecutive, incluse le procedure fallimentari, avevano pregiudicato la posizione del ricorrente nei procedimenti in corso di accertamento fiscale. Certe misure, se prese prima di un giudizio della corte, si ponevano, in tal modo, in conflitto con le clausole di salvaguardia legale predisposte dalla Convenzione. Per queste ragioni, il principio di presunzione di innocenza non era stato rispettato nei procedimenti di accertamento fiscale. Piuttosto, secondo la tesi del ricorrente ci fu una presunzione di colpevolezza proprio con riguardo alle soprattasse d’imposta.
2. Valutazione della Corte
78§ La Corte, in primo luogo, rileva che i procedimenti di accertamento fiscale sono ancora pendenti; le sentenze della Corte Amministrativa di Contea furono emesse il 7 dicembre 2001 e, da allora, il ricorrente ha proposto appello innanzi alla Corte Amministrativa di Appello. La Corte, perciò, dovrà determinare se, come affermato dal ricorrente, i procedimenti condotti e le misure adottate finora abbiano comportato violazioni dei suoi diritti previsti dall’Articolo 6 della Convenzione.
79§ E’ ulteriormente da notare che i relativi procedimenti nazionali hanno riguardato sia le tasse che le soprattasse. Alla luce delle sue conclusioni per cui l’Articolo 6 non è applicabile alla controversia fiscale in sé (si veda il paragrafo 64 sopra), la Corte considererà i procedimenti fino al punto in cui determinarono una “accusa penale” nei confronti del ricorrente, sebbene quell’esame necessariamente riguarderà l’accertamento fiscale “puro” fino a un certo punto.
(a) Accesso ad un tribunale
80§ La Corte ripete che l’Articolo 6 § 1 della Convenzione esprime il “diritto ad un tribunale ” – del quale il diritto di accesso è un aspetto – come un elemento costitutivo del diritto ad un equo processo. Questo diritto non è assoluto, ma può essere soggetto a limitazioni ammesse implicitamente. Però, queste limitazioni non devono ridurre o restringere l’accesso di una persona in un modo o fino al punto che la vera essenza del diritto risulta danneggiata. Inoltre, esse non saranno considerate compatibili con l’Articolo 6 § 1 se non perseguono uno scopo legittimo o se non c’è una ragionevole relazione di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito ( si veda, tra le altre decisioni, la sentenza Deweer c. Belgio del 27 febbraio 1980, serie A n. 35, pp. 24-25, §§ 48-49, e Aït – Mouhoub c. Francia del 28 ottobre 1998, Reports 1998- VIII, p.3227, §52).
81§ La Corte osserva che la base per i vari procedimenti riguardanti il caso in esame è la decisione dell’Amministrazione Fiscale del 22 e 27 dicembre 1995, la quale imponeva imposte addizionali e soprattasse al ricorrente. Le Amministrazioni Fiscali sono organi amministrativi i quali non possono essere considerati soddisfacenti le condizioni dell’Articolo 6 §1 della Convenzione. La Corte considera, perciò, che gli Stati Contraenti devono essere liberi di conferire alle Amministrazioni Fiscali il potere di imporre sanzioni come soprattasse anche se arrivano ad importi elevati. Tale sistema non risulta incompatibile con l’Articolo 6 § 1, a condizione che il contribuente possa impugnare ogni tipo di provvedimento che lo riguarda di fronte ad un organo giudiziario che ha piena giurisdizione, incluso il potere di annullare in ogni aspetto, sia di fatto che di diritto, la decisione impugnata (si veda la sentenza Bendenoun c. Francia del 24 febbraio 1994, serie A n.284, pp. 19- 20, § 46 e la sentenza Umlauft c. Austria del 23 ottobre 1995, serie A n. 328-B, pp. 39-40, §§37-39).
82§ Secondo la legge svedese, gli appelli contro i provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale del 22 e 27 dicembre 1995, come pure contro la sua decisione del 21 maggio 1996 concernente la richiesta di una sospensione dell’esecuzione, devono essere indirizzati alle corti amministrative. Invero, il ricorrente ha approfittato lui stesso di tale rimedio. E’ chiaro dunque, secondo tale sistema, che le corti amministrative sono competenti ad esaminare le questioni relative alle soprattasse. E’ d’altronde vero che, di conseguenza, le corti amministrative conoscono procedimenti che hanno natura penale secondo gli obiettivi della Convenzione, nonostante non abbiano giurisdizione generale per trattare questioni che sono classificate come appartenenti alla legge penale secondo il sistema legale svedese. Tuttavia, la Corte osserva che le corti amministrative – come le corti a giurisdizione generale che decidono in materia fallimentare – hanno giurisdizione per esaminare davanti a loro tali materie in tutti i loro aspetti. Il loro esame non è ristretto ai punti di diritto, ma si estende fino ai punti di fatto, inclusa la valutazione delle prove. Se i loro rilievi sono in contrasto con le conclusioni dell’Amministrazione Fiscale, hanno il potere di annullare le decisioni contro le quali è stato proposto appello. Per queste ragioni, la Corte conclude che i procedimenti giudiziali nel caso in questione sono stati condotti dalle corti con rispetto delle garanzie richieste dall’Articolo 6 § 1.
83§ Rimane da stabilire , però, se le norme riguardanti gli appelli contro i provvedimenti delle Amministrazioni Fiscali e, in particolare, l’applicazione di queste norme nel presente caso, hanno impedito al ricorrente di avere effettivo accesso ai tribunali. A questo riguardo, la Corte ribadisce che la Convenzione è finalizzata a garantire non diritti teorici o ipotetici, ma diritti reali ed effettivi. Ciò è tanto vero, in particolare, per il diritto di accesso ai tribunali in vista del ruolo preminente ricoperto in una società democratica dal diritto ad un equo processo (si veda la sentenza Airey c. Irlanda del 9 ottobre 1979, Serie A n.32, pp.13-14, §24).
84§ Secondo le leggi in materia fiscale applicabili al caso di specie, con particolare riguardo al capitolo 6, sezioni 6-7 della Legge Fiscale, quando viene proposto appello alla corte amministrativa di contea, l’Amministrazione Fiscale dovrebbe riesaminare il suo provvedimento. Solo se sussistono motivi speciali, l’appello può essere riferito direttamente alla corte (si veda sopra paragrafo 37). In un caso normale, perciò, il riesame da parte dell’Amministrazione Fiscale è una condizione ai fini dell’esame dell’appello da parte della Corte.
85§ L’8 marzo 1996, il ricorrente richiese alla Amministrazione Fiscale di riesaminare i provvedimenti del 22 e 27 dicembre 1995, con i quali gli erano state imposte tasse addizionali e soprattasse. In tal modo, l’azione adottata dal ricorrente non fu qualificata come appello. La Corte rileva, tuttavia, che la definizione dell’azione del ricorrente non fosse di decisiva importanza per determinare se egli avesse effettivo accesso ai tribunali , così come, d’altronde, l’Amministrazione Fiscale era, in ogni caso, tenuta a riesaminare i suoi provvedimenti, nel caso in cui fossero stati impugnati di fronte ad una corte. Nulla porta a ritenere che la portata o la durata del suo riesame differisca a seconda di come l’azione fosse stata identificata. Oltre a ciò, sembra, dalle allegazioni fatte dal ricorrente durante i procedimenti di esecuzione e di sospensione dell’esecuzione, che la sua intenzione era di ottenere una determinazione giudiziale inerente il suo obbligo di pagare gli importi in questione. Inoltre l’Amministrazione Fiscale, nei provvedimenti successivi il riesame degli accertamenti, affermava che il ricorrente aveva impugnato proprio i provvedimenti concernenti tasse addizionali e soprattasse. Risulta anche che l’azione del ricorrente fu in fatto trattata come un formale atto di appello in modo da riferire automaticamente la questione alla Corte Amministrativa di Contea dopo il riesame dell’accertamento da parte dell’Amministrazione Fiscale, così come previsto dalle norme regolanti la materia dell’impugnazione.
86§ Subito dopo che il ricorrente aveva richiesto alla Amministrazione Fiscale di riesaminare i suoi accertamenti fiscali, sulla base di questi accertamenti, iniziò nei suoi confronti il procedimento esecutivo che alla fine condusse alla sua dichiarazione di fallimento, pronunciata dalla Corte Distrettuale il 10 giugno 1996. Inoltre, la sua richiesta di sospensione del procedimento esecutivo fu rigettata dalla Corte Amministrativa di Contea l’11 luglio 1996, poiché il ricorrente non era stato in grado di fornire le garanzie bancarie richieste.
87§ I fatti di cui sopra dimostrano che le decisioni impugnate dell’Amministrazione Fiscale avevano serie implicazioni per il ricorrente. In realtà, gli stessi fatti implicavano conseguenze non solo per le sue risorse private, ma anche per la sua società di taxi. Alcune di queste conseguenze erano soggette a diventare più serie man mano che i procedimenti andavano avanti; tali effetti, inoltre, sarebbero stati difficili da stimare e da correggere nel caso in cui il ricorrente fosse riuscito nei suoi tentativi di ottenere la riforma dei provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale. In conclusione la Corte Amministrativa di Contea, nella sua sentenza dell’11 luglio 1996, dal momento che ricorrevano le condizioni per una sospensione dell’esecuzione secondo la sezione 49, sottosezione 1 (3) della Legge sulla Riscossione dei Tributi - sarebbe a dire che il pagamento richiesto dell’importo in questione sarebbe risultato dannoso per il ricorrente o altrimenti ingiusto-, riconobbe le difficoltà del ricorrente.
88§ Fu accertato che il ricorrente non aveva disponibilità di denaro alcuna, e che, a causa della assenza di beni sequestrabili, il ricorrente era stato dichiarato fallito a causa del solo debito fiscale. Di conseguenza, la soprattassa d’imposta non è stata mai pagata dal ricorrente. Tuttavia, la Corte rileva che, le misure esecutive adottate – a copertura anche delle soprattasse, che erano ancora da pagare – e la situazione nella quale il ricorrente fu posto, gli rendeva indispensabile un effettivo accesso ai tribunali, che avrebbe messo in moto affinché fosse condotto con sollecitudine. Diversamente, la vera essenza di questo diritto sarebbe stata indebolita. Deve notarsi che il capitolo 6, sezione 6, della Legge Fiscale prescrive che il riesame della Amministrazione Fiscale dovrebbe farsi il prima possibile.
89§ Tuttavia, l’Amministrazione Fiscale non adottò i provvedimenti di riesame degli accertamenti fiscali prima del 24 febbraio 1999, sarebbe a dire almeno tre anni dopo l’istanza del ricorrente. Solo in seguito le questioni furono indirizzate alla Corte Amministrativa di Contea per una sua decisione. Nel frattempo, i procedimenti di esecuzione e di sospensione erano già stati portati a termine. I fatti del caso non rivelano alcuna particolare giustificazione per un tale ritardo. La Corte, inoltre, osserva che il ricorrente era stato dichiarato fallito a causa del mancato pagamento del debito fiscale in oggetto, incluse le soprattasse, non molto dopo che la Corte Amministrativa di Contea fu chiamata a determinare la responsabilità del ricorrente a pagare quel debito, ma ancor prima che fosse presa una decisione sulla sua richiesta di sospensione temporanea.
90§ Avendo riguardo a ciò che si è detto in precedenza, e in particolare a ciò che aveva importanza per il ricorrente, la Corte considera che, essendo stati necessari almeno tre anni per decidere sulle richieste del ricorrente per un riesame degli accertamenti effettuati, l’Amministrazione Fiscale omise di agire con l’ urgenza richiesta dalle circostanze del caso e perciò indebitamente ritardò una decisione giudiziale sulle principali questioni concernenti l’imposizione di tasse addizionali e soprattasse. Di conseguenza, il ricorrente non ebbe effettiva tutela giudiziale.
Pertanto c’è stata una violazione dell’Articolo 6 § 1 riguardo al diritto di accesso ad un tribunale.
(b) Durata della procedura
91§ Il periodo da prendere in considerazione secondo l’Articolo 6 § 1 della Convenzione deve essere determinato in modo autonomo. Esso comincia a decorrere dal momento in cui accuse formali vengono rivolte contro una certa persona o quando quella persona, sostanzialmente, è stata altrimenti interessata da azioni prese da autorità in conseguenza di sospetti contro di essa (si veda, tra l’altro, Eckle c. Germania, sentenza del 15 luglio 1982, Serie A, n. 51, p. 33, §73).
92§ La Corte rileva che il ricorrente fu sostanzialmente interessato dai procedimenti del presente caso quando il 1° dicembre 1995 l’Amministrazione Fiscale tracciò un rapporto di verifica contenente un accertamento fiscale supplementare, il quale includeva le soprattasse. Il rapporto fu immediatamente comunicato al ricorrente. In questo modo, per lo scopo dell’Articolo 6 § 1, il periodo da prendersi in considerazione cominciò il 1° dicembre 1995. Il periodo che qui interessa non è ancora trascorso poiché i procedimenti giudiziali su tasse e soprattasse sono ancora pendenti, attualmente innanzi alla Corte Amministrativa di Appello. Fino ad oggi, i procedimenti sono durati almeno sei anni e otto mesi.
93§ La ragionevolezza della durata dei processi è da valutare alla luce delle particolari circostanze del caso, dovendosi considerare i criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, in particolare la complessità del caso e la condotta del ricorrente e delle autorità (si veda, tra le altre decisioni, Selmouni c. Francia [GC], n. 25803/94, §112, ECHR 1999-V).
94§ Nel caso in esame, l’Amministrazione Fiscale e le corti hanno dovuto valutare il volume d’affari della ditta di taxi del ricorrente e la sua responsabilità per imposte addizionali e soprattasse. La Corte perciò considera che i processi concernono questioni di somma complessità. Tuttavia, la Corte Amministrativa di Contea – il solo organo giudiziario sin qui ad aver deciso queste questioni nel merito– esaminò le impugnazioni proposte dal ricorrente contro le decisioni dell’Amministrazione Fiscale del 22 e 27 dicembre 1995 nelle sue sentenze del 7 dicembre 2001, cioè almeno sei anni dopo. Durante questi sei anni, il caso rimase pendente innanzi alla Amministrazione Fiscale per tre anni e prima di fronte alla Corte Amministrativa di Contea approssimativamente per due anni e nove mesi. Non risulta che il ricorrente contribuì alla durata di questi periodi con la sua condotta. Né la relativa complessità del caso può giustificare così lunghi periodi. Al contrario, le misure esecutive prese contro il ricorrente suggerivano un pronto esame delle sue impugnazioni. La durata dei processi deve perciò essere attribuita alla condotta delle autorità . In questo contesto, la Corte ripete le sue sopraccitate conclusioni che il ritardo causato dall’Amministrazione Fiscale nel riconsiderare le decisioni impugnate privò il ricorrente di un effettivo accesso ad un tribunale.
95§ Tenendo a mente che i procedimenti nel caso non sono ancora conclusi, la Corte conclude che la loro complessiva durata fino ad oggi ha superato quello che, in particolari circostanze, può considerarsi come “ragionevole” secondo l’Articolo 6 § 1 della Convenzione.
Conseguentemente c’è stata anche una violazione dell’Articolo 6 § 1 rispetto alla durata della procedura.
(c) Presunzione di innocenza
96§ La Corte ribadisce che la presunzione di innocenza racchiusa dall’ Articolo 6 § 2 è uno degli elementi per un equo processo che viene richiesto dal paragrafo 1 (si veda, tra l’altro, Bernard c. Francia, sentenza del 23 aprile 1998, Reports 1998-II, p.879, § 37). Conseguentemente, la doglianza del ricorrente sarà considerata dal punto di vista di queste due previsioni considerate insieme.
97§ Il significato del paragrafo 2 dell’Articolo 6 fu decritto dalla Corte nel caso Barberà, Messeguè e Jabardo (sentenza del 6 dicembre 1988, Serie A n. 146, p.33, §77) nel modo che segue:
“ Il Paragrafo 2 esprime il principio della presunzione di innocenza. Esso richiede, inter alia, che quando svolgono il loro ufficio, i membri della corte non dovrebbero partire dall’idea preconcetta che l’accusato ha commesso il reato per cui è accusato; l’onere della prova si svolge in corso di giudizio, e senza dubbio dovrebbe portare vantaggio all’accusato. Ne deriva ancora che è in occasione del processo che va informato l’accusato del caso di ciò che sarà fatto nei suoi confronti, così che di conseguenza potrà preparare e presentare la sua difesa, e che vanno addotte le prove sufficienti per dichiararlo colpevole”.
98§ La Corte in primis osserva che la corti amministrative che hanno esaminato le impugnazioni del ricorrente contro i provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale hanno piena giurisdizione su tali casi ed hanno il potere di annullare le decisioni impugnate. I casi vanno esaminati sulla base delle prove presentate, ed è compito dell’ Amministrazione Fiscale dimostrare che ci sono motivi, secondo le leggi vigenti, per imporre le soprattasse. Inoltre, non c’è indizio che i membri della corte che hanno esaminato le impugnazioni del ricorrente nel caso di accertamento fiscale, oppure i procedimenti esecutivi o di sospensione, abbiano avuto, o che possano avere in futuro, un pregiudizio sul merito della causa.
99§ Tuttavia, il ricorrente ha lamentato il fatto che la presunzione di innocenza fu violata sotto due aspetti: in primo luogo, ha incontrato un onere della prova quasi insormontabile nel domandare che la soprattassa non fosse imposta o fosse rimessa come se la realtà fosse che doveva presumersi colpevole; in secondo luogo, il fatto che le decisioni dell’ Amministrazione Fiscale concernenti le soprattasse furono poste in esecuzione prima che la sua responsabilità venisse accertata, pregiudicò la sua posizione nei procedimenti autonomi.
100§ Rispetto alla prima questione prospettata dal ricorrente, la Corte rileva che le soprattasse svedesi vengono imposte sulla base di ragioni oggettive, cioè, senza che ricorrano dolo o colpa da parte del contribuente. Come la Corte aveva in precedenza statuito (si veda Salabiaku c. Francia, sentenza citata sopra, p.15. §27), gli Stati membri possono, in linea di principio e secondo certe condizioni, penalizzare un semplice fatto oggettivo come tale, senza riguardo a dolo o colpa.
Tuttavia, le previsioni relative alle soprattasse prescrivono che, in certe situazioni, la soprattassa o non va imposta per nulla o va rimessa. In questo modo, secondo il capitolo 5, sezione 6, della Legge Fiscale, la multa deve essere rimessa, inter alia, se la circostanza che siano state rese informazioni inesatte, o che sia stata omessa la compilazione della dichiarazione dei redditi, è scusabile per la natura delle informazioni in questione o per altre speciali circostanze, o ancora quando l’imposizione della soprattassa sarebbe manifestamente irragionevole. Le Amministrazioni Fiscali e le corti dovranno considerare se ci sono motivi per la remissione anche se il contribuente non ha fatto istanza a questo scopo. Tuttavia, poiché il compito di considerare se ci sono motivi per la remissione sorge soltanto nella misura in cui i fatti del caso lo richiedono, l’onere di provare che c’è motivo di rimettere la soprattassa, in effetti, incombe sul contribuente (si veda oltre il paragrafo 35 sopra).
Conseguentemente, il punto di partenza per le Amministrazioni Fiscali e le corti deve essere quello per cui le inesattezze trovate nella dichiarazione dei redditi sono dovute ad un atto inescusabile attribuibile al contribuente e che non è manifestamente irragionevole imporre una soprattassa come sanzione per quell’atto. In tal modo, il sistema legale svedese opera con una presunzione, la quale è compito del contribuente confutare.
101§ Nella sentenza Salabiaku la Corte stabiliva che (p.15, §28):
“L’Articolo 6, § 2 non… considera indifferentemente le presunzioni di fatto o di diritto previste dalla legge penale. Difatti, viene richiesto agli Stati membri di far rientrare tali presunzioni all’interno di limiti ragionevoli, i quali limiti tengono in conto dell’importanza di cosa sia in gioco e dell’esigenza di rispettare i diritti della difesa”.
In questo modo, agli Stati membri, nell’impiegare le presunzioni tipiche della legge penale, viene richiesto di effettuare un bilanciamento tra l’importanza di ciò che è in gioco e i diritti della difesa; in altre parole, i mezzi impiegati devono essere proporzionali al legittimo obiettivo da perseguire.
102§ La Corte, valutando se, nel presente caso, questo principio di proporzionalità fu osservato, riconosce che il ricorrente si trovò di fronte ad una presunzione che era difficile confutare. Tuttavia, non fu lasciato senza alcun mezzo di difesa. E’ chiaro che, nel fare opposizione ai provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale su tasse e soprattasse, il ricorrente ha sostenuto che egli aveva fornito dichiarazioni esatte nella sua dichiarazione dei redditi e che gli accertamenti fiscali dell’Amministrazione erano erronei poiché erano basati su informazioni inesatte raccolte durante la verifica. Così facendo, il ricorrente ha fatto affidamento nella sua difesa nel fatto che le soprattasse vengono regolate dal capitolo 5, sezione 11 della Legge Fiscale (e da altre simili previsioni di legge), secondo il quale una opposizione accolta in tema di imposte corrisponderebbe automaticamente ad una riduzione delle multe. Comunque, fu concesso al ricorrente di presentare motivi per la riduzione o remissione delle soprattasse e per addurre prove a supporto. In questo modo, avrebbe potuto chiedere, come linea alternativa di difesa, che, anche se risultò provato che aveva fornito dichiarazioni inesatte all’ Amministrazione Fiscale, ciò era scusabile nel caso di specie o che, in ogni caso, l’imposizione di soprattasse sarebbe stata manifestamente irragionevole. Tuttavia, indipendentemente dalla tesi che le soprattasse dovevano essere rimesse a causa della durata dei procedimenti, il ricorrente non ha avanzato alcuna istanza e la Corte Amministrativa di Contea – la quale era obbligata a esaminare d’ufficio se c’erano motivi per la remissione- concluse, nella sentenza del 7 dicembre 2001, che non erano state rintracciate basi legali per la remissione delle soprattasse.
103§ La Corte ha anche considerato gli interessi finanziari dello Stato in materia fiscale, essendo le imposte la principale entrata per lo Stato. Un sistema di tassazione essenzialmente basato sulle informazioni fornite dal contribuente non potrebbe funzionare perfettamente senza sanzioni contro quelle situazioni in cui vengono fornite informazioni inesatte o incomplete, e il gran numero di dichiarazioni dei redditi che annualmente vengono esaminate unito all’interesse ad assicurare una applicazione uniforme e prevedibile senza dubbio richiedono che queste vengano imposte seguendo regole standard.
104§ In vista di ciò che è stato affermato sopra, in particolare il fatto che le regole applicabili sulle soprattasse forniscono certi mezzi di difesa basati su elementi oggettivi e che un efficace sistema di tassazione sia importante per gli interessi finanziari di uno Stato, la Corte considera che le presunzioni applicate alle soprattasse, nella legge svedese rientrano in limiti ragionevoli. Nonostante ciò, come statuì la Suprema Corte Amministrativa nel la sentenza del 15 dicembre 2000 (si veda il paragrafo 53 sopra), questa conclusione in generale “richiede che le Corti… facciano una valutazione elastica e non troppo rigida per ogni singolo caso come se ci fossero motivi per respingere o rimettere una multa”. Come è stato rilevato sopra, tuttavia, eccetto che per l’eccessiva durata dei processi, il ricorrente non trovò argomenti per la remissione nei procedimenti concernenti l’accertamento fiscale.
105§ Il ricorrente ha affermato che il suo diritto ad essere presunto innocente fu violato anche per il fatto che le decisioni dell’Amministrazione Fiscale sulle soprattasse furono poste in esecuzione prima di una decisione della Corte circa il suo obbligo di pagarle.
106§ La Corte rileva che né l’Articolo 6, né, invero, qualsiasi altra previsione della Convenzione può essere letta come se escludesse, in principio, che le misure esecutive possano essere adottate prima di un provvedimento divenuto definitivo in materia di soprattasse. Inoltre, le previsioni riguardanti la immediata esecutività di certe sanzioni penali può essere rintracciata nella legislazione di altri Stati contraenti. Tuttavia, considerando che la immediata esecutività delle soprattasse può avere serie conseguenze per la persona e può colpire sfavorevolmente la sua difesa nei procedimenti giudiziali conseguenti, nonostante l’esistenza e l’uso delle presunzioni nella legge penale, agli Stati viene richiesto di confinare entro limiti ragionevoli tali imposizioni per ottenere un giusto bilanciamento tra gli interessi coinvolti. Questo è particolarmente importante nei casi simili al presente nei quali le misure esecutive furono prese sulla base di decisioni di una autorità amministrativa, cioè, prima di un accertamento giudiziale sulla responsabilità del ricorrente di pagare le soprattasse in questione.
107§ Nel valutare se, nel presente caso, l’immediata esecutività delle soprattasse eccedeva i limiti menzionati sopra, la Corte in primo luogo rileva che gli interessi finanziari dello Stato, i quali sono di preminente interesse per mantenere un efficiente sistema fiscale, non assumono lo stesso peso in questa sfera. Ciò perché, sebbene le soprattasse possano coinvolgere importi in denaro considerevoli, esse non vanno intese come una autonoma fonte di reddito, ma sono preordinate ad esercitare pressione sui contribuenti per far loro osservare gli obblighi imposti dalle leggi fiscali e per punire le eventuali violazioni. In questo modo, le soprattasse diventano un mezzo per assicurare che lo Stato riceva le tasse dovute secondo la legislazione vigente. Per questo motivo, mentre un forte interesse finanziario può giustificare l’applicazione standard da parte dello Stato delle norme vigenti e anche delle presunzioni legali nell’accertamento di imposte, soprattasse ed esigere le tasse immediatamente, ciò non può di per sé giustificare l’immediata esecutività delle soprattasse.
108§ Un altro fattore da prendere in considerazione è se le soprattasse possono essere recuperate e se la posizione legale originaria può essere reintegrata nell’ipotesi di accoglimento dell’appello nei confronti dei provvedimenti fiscali. La Corte rileva che, secondo la legge svedese, l’accoglimento dell’appello porterebbe al rimborso di ogni importo versato con gli interessi. Inoltre, una dichiarazione di fallimento può essere annullata dietro la richiesta di riapertura dei procedimenti fallimentari. E’ anche possibile proporre i procedimenti contro lo Stato per ottenere l’indennizzo di ogni perdita finanziaria causata dal fallimento. Tuttavia, nei casi in cui importi considerevoli sono stati oggetto di esecuzione, il rimborso può non indennizzare in pieno il singolo contribuente per le sue perdite. Un sistema che consente l’esecuzione per considerevoli importi riguardanti soprattasse prima che ci sia stata una sentenza circa l’obbligo di pagare le soprattasse è perciò esposto a critiche e dovrebbe essere soggetto ad attento esame.
109§ Comunque, la Corte è chiamata a decidere se i sopra-menzionati limiti sulla esecuzione prematura siano stati superati a danno del ricorrente nel caso in esame. A questo riguardo, la Corte osserva che , sebbene le decisioni sulle soprattasse rimanessero valide e le soprattasse passibili di esecuzione, tanto che, per questo motivo, il diritto del ricorrente ad un accesso effettivo davanti ad un tribunale richiedeva che la corte procedesse senza troppo indugio,nessuna somma era stata realmente recuperata dal ricorrente. Inoltre, a causa della mancanza di beni, il ricorrente sarebbe stato dichiarato fallito solo sulla base del debito fiscale. In queste circostanze, la Corte trova che le possibilità fornite dalla legge svedese di assicurare un rimborso di ogni importo pagato costituiva sufficiente salvaguardia degli interessi del ricorrente nel presente caso.
110§ Avendo riguardo a quanto sopra, la Corte considera che il diritto del ricorrente ad essere presunto innocente non è stato violato nel presente caso.
Di conseguenza non c’è stata alcuna violazione dell’Articolo 6 §§ 1 e 2 a questo riguardo.
III. APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
111§ L’Articolo 41 della Convenzione prevede che:
« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell' Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa ».
A . Il danno
112§ Il ricorrente asseriva che aveva ricevuto un danno patrimoniale riguardo al mancato guadagno dovuto alla sua dichiarazione di fallimento. Lo stesso stimava la perdita in 1.978.000 SEK dall’anno 1995 al 2002. Oltre alla richiesta di indennizzo per questo importo, insisteva che l’intero debito fiscale risultante dai relativi provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale – incluse tasse, soprattasse e interessi – venisse cancellato. Il 23 agosto 2000 il debito ammontava a 1.735.689 SEK. Nel caso in cui lo Stato non fosse stato condannato a cancellare il debito fiscale, il ricorrente avrebbe chiesto lo stesso importo a titolo di danno.
Inoltre, il ricorrente chiedeva 5.000.000 SEK per danno non patrimoniale, a motivo dei danni morali e dei patimenti che i procedimenti e le misure adottate causarono a lui e alla sua famiglia.
113§ Il Governo replicava che non c’era un nesso causale tra una violazione dell’Articolo 6 della Convenzione e il mancato guadagno che il ricorrente dichiarava aver subito, nel senso che, tenuto conto della sua situazione finanziaria, egli sarebbe stato dichiarato fallito in ogni caso sulla base delle imposte accertate dall’Amministrazione Fiscale. Quindi, le soprattasse non sono state rilevanti ai fini della dichiarazione di fallimento. In aggiunta a ciò, il ricorrente aveva omesso di provare il danno da mancato guadagno. Il Governo inoltre statuiva che la Corte non aveva potere, secondo l’Articolo 41, per obbligare uno Stato a cancellare un debito fiscale. Inoltre, il Governo contestava che ci fosse un qualche nesso di causalità tra il danno patrimoniale allegato relativo al debito fiscale e le allegate violazioni della Convenzione, la quale non si riferiva all’imposizione di tasse e soprattasse ma all’esecuzione delle decisioni. In ogni caso, finora è stato pagato solamente un piccolo importo relativo al debito fiscale; il rimanente è divenuto definitivo il 31 dicembre 2001.
Il Governo, qualora la Corte accertasse una violazione dell’Articolo 6, avrebbe ammesso che al ricorrente doveva essere riconosciuto un qualche risarcimento per i danni non patrimoniali. Tuttavia, il Governo trovava eccessiva la richiesta del ricorrente a questo riguardo e suggeriva che 25.000 SEK sarebbero stati un ragionevole importo per una violazione che riguarda la lunghezza dei processi. Per l’altra possibile violazione dell’Articolo 6, il Governo preferiva lasciare alla Corte decidere un indennizzo di equità.
114§ La Corte sostiene nuovamente che c’è stata violazione all’Articolo 6 della Convenzione con riguardo al diritto al processo e alla lunghezza dei procedimenti. Senza riguardo alla entità del danno patrimoniale sofferto dall’ ricorrente sulla base dei provvedimenti e delle misure prese dalle autorità nazionali e dalle corti, la Corte rileva che non sussisteva un nesso di causalità tra il danno e la violazione rilevata. Tuttavia, la Corte trova appropriato riconoscere un indennizzo per il danno non patrimoniale. Per questo motivo, concede al ricorrente la somma di 15.000 euro per questa violazione. L’indennizzo è quantificato in euro, da convertirsi in moneta nazionale alla data del pagamento, poiché la Corte trova opportuno che d’ora in avanti ogni indennizzo ex Articolo 41 della Convenzione, in linea di principio, dovrà essere fissato in euro come moneta corrente.
B. Costi e spese
115§ Il ricorrente chiedeva 572.625 SEK, includendo apparentemente l’imposta sul valore aggiunto (IVA-VAT), per le spese legali dei procedimenti di fronte la Commissione e la Corte. Questo importo corrispondeva ad ore 263,5 di lavoro per l’avvocato del ricorrente per una tariffa oraria di 1.750 SEK e ad ore 111,5 di lavoro per l’assistente per una tariffa oraria di 1.000 SEK. Il ricorrente inoltre chiedeva 31.653 SEK per spese sostenute in attesa dell’udienza della Corte sul caso.
116§ Il Governo considerava eccessivo il numero di ore di lavoro dichiarate dal ricorrente. Il Governo faceva notare che molto del lavoro compiuto riguardava sia il caso presente sia il caso Västberga Taxi Aktiebolag e Vulic c. Svezia (n. 36985/97). L’udienza tenuta dalla Corte, tuttavia, giustificava un più ampio indennizzo per i costi del presente caso. Il Governo accettava la tariffa oraria richiesta per l’assistente dell’avvocato, ma trovava che una tariffa oraria pari a 1.500 SEK fosse sufficiente per l’avvocato del ricorrente, tenendo presente che le tariffe correntemente applicate nell’ambito del sistema legale svedese è 1.221 SEK, IVA inclusa.
117§ La Corte ribadisce nuovamente che solo i costi legali e le spese riconosciuti come realmente e necessariamente sostenuti, ed i quali sono ragionevoli circa il quantum, possono ricondursi sotto l’Articolo 41 della Convenzione (si vedano, tra le altre, T.P. e K.M. c. Regno Unito[GC], n. 28945/95, 10 maggio 2001, § 120). Avendo riguardo alla analogia tra i fatti e le ipotesi nel caso presente e nel caso di Västberga Taxi Aktiebolag e Vulic c. Svezia, la Corte concede al ricorrente a titolo di costi e spese la somma totale di euro 35.000, IVA inclusa.
C. Interessi Moratori.
118§ Poiché l’importo degli indennizzi è espresso in euro da convertire in moneta nazionale alla data del pagamento, la Corte considera che gli interessi moratori dovrebbero anche riflettersi sulla scelta dell’euro come valuta di riferimento. Si considera appropriato prendere come regola generale che il tasso per gli interessi moratori da pagarsi per importi insoluti espressi in euro dovrebbe essere basato sul tasso marginale d’interesse ufficiale della Banca Centrale Europea al quale dovrebbero essere aggiunti tre punti percentuali.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE
(1) Dichiara all’unanimità che l’Articolo 6 è applicabile al presente caso;
(2) Dichiara all’unanimità che c’è stata violazione dell’Articolo 6 § 1 della Convenzione riguardo al diritto di accesso ad un tribunale;
(3) Dichiara all’unanimità che c’è stata violazione dell’Articolo 6 § 1 della Convenzione riguardo alla durata della procedura;
(4) Dichiara con sei voti favorevoli e uno contrario che non c’è stata violazione dell’Articolo 6 §§ 1 e 2 della Convenzione riguardo al diritto di essere presunto innocente;
(5) Dichiara all’unanimità
(a) che lo Stato convenuto deve pagare al ricorrente, entro i tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta definitiva conformemente all'Articolo 44 § 2 della Convenzione, i seguenti importi, da convertire in moneta nazionale dello Stato convenuto al tasso applicabile alla data del pagamento:
(i) euro 15.000(quindicimila) per il danno non patrimoniale;
(ii) euro 35.000(trentacinquemila) per costi e spese;
(b) che gli interessi semplici al tasso corrispondente al tasso marginale d’interesse ufficiale della Banca Centrale Europea più tre punti percentuali dovranno essere pagati dallo spirare del termine sopra menzionato di tre mesi fino al pagamento al tasso applicabile durante il periodo della mora;
(6) Rigetta all’unanimità la rimanente richiesta del ricorrente per un’equa soddisfazione.
Redatta in inglese, e notificata per iscritto il 23 luglio 2002, conformemente agli Articoli 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.
Wilhelmina THOMASSEN (Presidente)
Michael O’BOYLE (Cancelliere)
In conformità con l’Articolo 45 § 2 della Convenzione e con l’Articolo 74 § 2 del Regolamento della Corte, sono allegate a questa sentenza le opinioni che seguono:
opinione concorrente di Ms Thomassen;
opinione parzialmente dissenziente di Mr. Casadevall.
OPINIONE CONCORDE DEL GIUDICE THOMASSEN
Concordo con la maggioranza dei miei colleghi riguardo all’esito di tale causa.
Tuttavia, ho qualche riserva riguardo al più generale modo di ragionare della maggioranza della Corte sul rapporto tra la presumptio innocentiae e la preventiva esecuzione delle soprattasse, in generale. Secondo la mia opinione, i limiti, per cui la presunzione di innocenza dovrebbe garantire da esecuzioni di sanzioni penali prima che le stesse siano accertate da una corte, dovrebbero essere definiti su una qualche base più rigida.
Il generale punto di partenza della maggioranza (paragrafo 106) è che “né l’Articolo 6 né, invero, qualsiasi altra previsione della Convenzione può essere letta come se escludesse, in principio, che le misure esecutive possano essere adottate prima di un provvedimento definitivo in materia di soprattasse”. Al contrario, la mia opinione è che, in linea di principio, la presunzione di innocenza dovrebbe essere letta come se escludesse l’esecuzione delle sanzioni penali prima che una corte abbia accertato la responsabilità della persona interessata. Diversamente, il diritto del singolo di ottenere un accertamento giurisdizionale sopra un’accusa penale potrebbe risultare svuotata di ogni reale significato. Tale principio sarebbe applicabile anche ai procedimenti in materia di soprattasse d’imposta.
Allo scopo di esaminare la ragione della preventiva esecuzione delle soprattasse d’imposta, la Corte propone un bilanciamento tra interessi dello Stato alla esecuzione preventiva e i diritti del singolo (paragrafo 106). Tale scopo, tuttavia, non chiarisce a sufficienza come la presumptio innocentiae dovrebbe limitare gli interessi dello Stato. Il mio approccio sarebbe piuttosto riconoscere che tale principio risulti violato quando una qualche preventiva esecuzione produce l’effetto di una sanzione.
Mentre le caratteristiche particolari della dichiarazione dei redditi e il problema dell’evasione fiscale possono fornire una ragione sufficiente riguardo all’interesse generale che potrebbe giustificare l’esecuzione preventiva, questo non sarebbe necessariamente il caso delle soprattasse d’imposta, com’è esposto dalla Corte nel paragrafo 107. Quando un contribuente è accusato di aver compilato una dichiarazione dei redditi falsa ed egli si oppone a tale accusa, una multa, in linea di principio, non dovrebbe essere eseguita prima che una corte abbia esaminato la questione se la dichiarazione sia stata inesatta.
Per ammissione, gli interessi dello Stato in questione potrebbero giustificare un approccio differente, per esempio, laddove ci sia un ragionevole timore che la persona interessata possa lasciare il Paese o possa occultare i suoi beni per evitare l’esecuzione. Tuttavia, nel tentativo di bilanciamento così come proposto dalla maggioranza, gli interessi dello Stato non dovrebbero essere considerati fino al punto che la preventiva esecuzione possa diventare una sanzione vera e propria. Questo può accadere, per esempio, quando le conseguenze dell’esecuzione non possono essere eliminate o sono irreparabili o quando l’importo oggetto di esecuzione è tale da creare problemi finanziari seri per la persona interessata, o tale da condurre al fallimento. A questo proposito, non sono convinto dall’opinione della maggioranza secondo cui una dichiarazione di fallimento, causata dalla esecuzione preventiva di un debito fiscale, possa essere eliminata dietro la richiesta di riapertura dei procedimenti di fallimento (paragrafo 108), che potrebbe semplicemente compensare per una incomoda ed invasiva dichiarazione di fallimento.
Se la soprattassa d’imposta fosse stata un elemento decisivo nella dichiarazione di fallimento del ricorrente – ma non è questo il caso – avrei votato per la violazione della presunzione di innocenza.
OPINIONE PARZIALMENTE DISSENZIENTE DEL GIUDICE CASADEVALL
1 ) Non condivido il punto di vista della maggioranza sull’ultima doglianza del ricorrente. Ritengo che l’esecuzione di una soprattassa imposta dall’Amministrazione Fiscale, prima che le corti siano in grado di accertare una qualche responsabilità penale nei confronti del ricorrente, comporta anche la violazione dell’Articolo 6 § 2 della Convenzione.
2) Senza voler approvare il giudizio sulla legislazione fiscale svedese, è mia opinione che la rigida applicazione di un sistema, che è già in sé stesso troppo discrezionale, ha comportato, nelle circostanze del caso in esame, una violazione della presunzione di innocenza. Estenderei, a tale riguardo, l’opinione che, sugli stessi fatti e per le stesse ragioni, condussero la Corte ad accertare violazioni riguardo al diritto di accesso ad un tribunale e della durata della procedura. I provvedimenti dell’Amministrazione Fiscale su tasse e soprattasse furono adottati nel dicembre 1995, ma fino al dicembre 2001(almeno sei anni dopo l’impugnazione del ricorrente) la Corte Amministrativa di Contea non aveva ancora emesso una sentenza sul merito. In verità, il processo è ancora pendente (vedi paragrafo 95 della sentenza). Tuttavia, nel frattempo, nel giugno 1996, ancora prima che si decidesse sull’istanza per la sospensione dell’esecuzione (sentenze della Corte Amministrativa di appello del 21 maggio 1997 e della Suprema Corte Amministrativa del 3 novembre 1998, si veda paragrafo 15 della sentenza. Si veda anche il paragrafo 89 in fine), quando le condizioni stabilite dalla Legge sulla Riscossione dei Tributi per garantire al ricorrente una sospensione dell’esecuzione risultavano soddisfatte (si veda il paragrafo 87 della sentenza), furono iniziati i procedimenti esecutivi e il ricorrente fu dichiarato fallito dalla Corte Distrettuale (sentenza del 10 giugno 1996, si veda paragrafo 86 della sentenza), con conseguenze finanziarie e professionali serie e irreparabili nei suoi confronti (si veda il paragrafo 87 già citato).
3 ) L’attuale sistema fiscale svedese opera sulla base di criteri oggettivi, negli interessi sia di una raccolta fiscale efficiente, sia con funzione deterrente e di punizione. Diversamente dal sistema precedente, non sono richiesti dolo o colpa da parte del contribuente, mentre opera nei confronti dello stesso una presunzione di responsabilità penale (si veda il paragrafo 100 in fine della sentenza). Mentre la Convenzione non vieta in principio certe presunzioni di fatto o di diritto, essa richiede che gli Stati membri rimangano entro certi limiti a questo riguardo, come per la legge penale. In più, l’Articolo 6 § 2 richiede agli Stati di confinare le presunzioni di fatto o di diritto, predisposte per la legge penale, entro limiti ragionevoli che tengano conto dell’importanza di ciò che è in gioco e di garantire i diritti della difesa (si veda Salabiaku c. Francia § 28). La presunzione è certamente confutabile dato che il contribuente ha la semplice opportunità di confutarla (la maggioranza ritiene che è difficile per il ricorrente confutare una simile presunzione vedi paragrafo 102 della sentenza) davanti ad una corte con tutte le garanzie richieste dall’Articolo 6. Tuttavia, nel caso in oggetto, poiché l’Amministrazione Fiscale non riferì della causa alla Corte Amministrativa di Contea fino al febbraio 1999, cioè sarebbe a dire tre anni dopo l’impugnazione del ricorrente e più di due anni e mezzo dopo che erano terminati i procedimenti esecutivi (vedi paragrafo 90 della sentenza), a me sembra evidente che al ricorrente fu negata qualche possibilità. La Corte giustamente statuiva che il ricorrente era stato privato di un effettivo accesso ad un tribunale.
4 ) Per quel che riguarda gli argomenti su cui si basava la maggioranza per rigettare la richiesta ex Articolo 6 § 2, posso rilevare che tali argomenti erano essenzialmente basati sugli interessi finanziari dello Stato (vedi paragrafi 104 e 107 della sentenza). Ciò corrisponde chiaramente ad un interesse generale ma, come afferma la stessa Corte nella sentenza, un giusto bilanciamento deve essere raggiunto tra l’importanza di ciò che è in gioco ed i diritti della difesa; in altre parole i mezzi impiegati devono essere ragionevolmente proporzionati al legittimo scopo che deve essere raggiunto. La maggioranza ammette che un sistema che permette l’esecuzione per considerevoli importi per soprattasse d’imposta prima che ci sia stata una decisione giudiziale è esposto a critiche e dovrebbe essere sottoposto ad un attento esame (vedi paragrafo 108). Tuttavia tali rilievi non impedirono alla maggioranza di dare la benedizione a tale sistema.
5 ) Non trovo del tutto convincenti gli altri argomenti adottati dalla maggioranza, cioè che secondo la legge svedese è possibile ottenere il rimborso di ogni importo pagato, oltre agli interessi, in seguito all’accoglimento dell’impugnazione, o in seguito all’annullamento della dichiarazione di fallimento dietro la richiesta di riapertura dei procedimenti fallimentari, che il ricorrente ha omesso di pagare le soprattasse d’imposta a causa di mezzi insufficienti e che la sua situazione finanziaria era tale che il fallimento era inevitabile. Tali ulteriori considerazioni non possono avere la precedenza sulla presunzione di innocenza. In ogni caso, mentre le possibilità riferite sopra, probabilmente, possono trovare giustificazione qualora il ricorrente avesse avuto un effettivo accesso ad un tribunale entro un tempo ragionevole, la cosa tuttavia, come la Corte ha rilevato, non accadde nel caso in questione.