Danimarca

 

 

Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) CASO AMROLLAHI contro DANIMARCA. SENTENZA del 11 luglio 2002, ricorso n. 56811/00.  Violazione dell’articolo 8 della Convenzione (rispetto della vita familiare) stante la impossibilità per il ricorrente di  continuare la propria vita familiare fuori dalla Danimarca, con la moglie ed i figli ivi residenti, in caso di espulsione del medesimo ricorrente dalla Danimarca verso l’Iran.

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CASO  AMROLLAHI contro DANIMARCA
(Ricorso no. 56811/00)

 

la sentenza così motiva

(traduzione non ufficiale a cura dell’ avv. Maria Cristina Romano)

 

 

SENTENZA 

 

STRASBURGO

 11 luglio 2002

 

 

Nel caso  Amrollahi c. Danimarca,

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Prima Sezione), riunitasi in una camera composta da:

          C.L. RozakisPresidente,
          F. 
Tulkens, P. Lorenzen, N. Vajić, E. Levits, A. Kovler,V. Zagrebelskygiudici,
          e E. 
Fribergh
Cancelliere di Sezione,

Avendo deliberato in Camera di Consiglio il 27 Giugno 2002,

Rende la seguente sentenza, adottata nella data summenzionata:

PROCEDURA

1.  Il caso trae origine da un ricorso (n. 56811/00) contro il Regno di Danimarca presentato alla Corte ai sensi dell’art. 34 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino Iraniano, Davood Amrollahi (“il ricorrente”), il 3 Marzo 2000.

2.  Il ricorrente, che è stato ammesso al gratuito patrocinio, è stato rappresentato da Jørgen  Lange, un avvocato che esercita a Copenhagen. Il Governo Danese (“il Governo”) è stato rappresentato dal proprio  Agente,  Hans Klingenberg, del Ministero per gli Affari Esteri.

3.  Il ricorrente lamentava ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione che, in conseguenza della propria espulsione dalla Danimarca, sarebbe stato separato dalla moglie e dai  figli, che non si poteva pretendere lo seguissero in Iran.

4.  Il ricorso è stato assegnato alla Seconda Sezione della Corte (Articolo 52 § 1 del Regolamento della Corte). All’interno di questa Sezione, la Camera che avrebbe esaminato il caso  (Articolo 27 § 1 della Convenzione) è stata costituita come prescritto dall’ Articolo 26 § 1 del Regolamento della Corte.

5.  La Corte ha deciso di applicare l’Articolo 39 del Regolamento della Corte, indicando al Governo che era opportuno nell’interesse delle parti e del corretto andamento del procedimento non espellere il ricorrente in pendenza del giudizio davanti alla Corte.

6.  Con decisione del 28 Giugno 2001 la Corte ha dichiarato il ricorso parzialmente ricevibile.

7.  Sentite le parti, la Corte ha deciso che non era necessaria udienza sul merito (Articolo 59 § 2, in fine). Il Governo ha presentato osservazioni integrative riguardo all’esaurimento delle vie di ricorso  nazionali. Il ricorrente ha prodotto  informazioni supplementari sulla situazione attuale.

8.  L’ 1 Novembre 2001 la Corte ha cambiato la composizione delle sue Sezioni (Articolo 25 § 1). Questo caso è stato assegnato alla nuova Prima Sezione.

 FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO

A.  Circostanze personali

9.  Il ricorrente è un cittadino Iraniano, nato nel 1966, e vive a Viborg, Danimarca.

10.  Nel 1986 il ricorrente ha cominciato il proprio servizio militare di leva in Iran. Non è chiaro se  abbia  partecipato direttamente al conflitto tra Iran e Iraq. Il 25 Aprile 1987 ha disertato ed è fuggito in Turchia, dove è  arrivato il 5 Maggio 1987. Sembra che il ricorrente sia rimasto per un po’ di tempo in Turchia e poi in Grecia.

11.  È arrivato in Danimarca il 20 Agosto 1989 e ha presentato domanda di asilo. Secondo la prassi delle autorità del servizio immigrazione danesi in quel periodo, veniva dato il permesso di soggiorno a tutti i richiedenti asilo iraniani, che a causa della diserzione dall’esercito, avevano lasciato il proprio Paese prima dell’armistizio tra Iran e Iraq dell’estate del 1988. Conformemente, il 12 Ottobre 1990 il ricorrente ottenne un permesso di soggiorno e di lavoro. Il 25 Agosto 1994 il permesso di soggiorno è divenuto permanente.

12.  Nel 1992 il ricorrente ha conosciuto una donna Danese, A, con cui ha convissuto. Dalla relazione il 16 Ottobre 1996 è nata una bambina. Il ricorrente e A si sono sposati il 23 Settembre 1997 e hanno avuto un altro figlio nato il 20 Aprile 2001. A ha anche una figlia nata da una precedente relazione nel 1989, che vive con  A e il ricorrente, e con cui il ricorrente ha un rapporto molto stretto. Tutti e tre i figli sono stati cresciuti secondo le tradizioni danesi.

13.  Sembra che la famiglia del ricorrente abbia interrotto ogni rapporto con lui nel 1987 a causa della sua diserzione dall’esercito.

14.  In Danimarca il ricorrente si è guadagnato la vita fin dalla fine del 1996 come  proprietario di una pizzeria. Sin da Maggio 2000 egli ha percepito i  sussidi sociali ed è stato allo stesso tempo assegnato a lavoro di apprendistato dal comune con possibilità di continuare l’impiego. A lavora in un pensionato per anziani.

B.  Procedimento davanti alle autorità interne

15.  Il 17 Dicembre 1996 il ricorrente è stato arrestato e detenuto in custodia cautelare, accusato di traffico di stupefacenti commesso durante il 1996. Con sentenza dell’1 Ottobre 1997 la Corte della Città di Hobro (retten i Hobro) lo ha riconosciuto colpevole, inter alia, di traffico di stupefacenti con riguardo ad almeno  450 grammi di eroina in violazione all’articolo 191 del Codice Penale. E’ stato condannato a tre anni di detenzione e, in applicazione delle sezioni 22 e 26  della Legge sugli Stranieri, è stato espulso dalla Danimarca  con il divieto permanente di tornarvi.

Il ricorrente ha appellato la sentenza ma ha presentato l’appello nel Novembre 1997,  dopo  che la sentenza della  Corte della Città  era  divenuta esecutiva.

16.  Il 14 Luglio 1998, ai sensi dell’ Articolo 50  della Legge sugli Stranieri, il ricorrente instaurava un procedimento presso la Corte della Città di Hobro sostenendo che erano intervenute delle modifiche materiali alle proprie circostanze in base alle quali chiedeva alla Corte di revocare l’ordine di espulsione. Egli fece riferimento alla sua situazione familiare e aggiunse, in riferimento ad informazioni ottenute tramite Amnesty International, che non poteva essere espulso in quanto avrebbe rischiato severe punizioni in Iran per aver disertato dall’esercito e forse anche una condanna a morte per i crimini di droga commessi in Danimarca.

L’ 11 Settembre 1998 la Corte della Città respinse la richiesta del  ricorrente, in quanto non riteneva che la situazione del ricorrente fosse cambiata in tale misura da condurre alla revoca dell’ordinanza di espulsione. Tale decisione fu confermata dall’Alta Corte dell’Ovest Danimarca (Vestre Landsret) il 9 Ottobre 1998.

17.  Il 17 Dicembre 1998 il ricorrente aveva scontato due terzi della sua pena e  avrebbe dovuto essere rilasciato sulla parola. Poiché egli non acconsentiva alla espulsione e rifiutava di lasciare lo Stato volontariamente, da quella data fu detenuto, in ottemperanza alla Legge  sugli Stranieri, per essere rimpatriato. Sempre secondo la Legge  sugli Stranieri il ricorrente si avvalse della possibilità, prima della esecuzione della espulsione, di portare davanti all’Ufficio Immigrazione  (Udlændingestyrelsen) la questione se potesse essere riportato in Iran, in quanto, secondo la Legge   sugli Stranieri, uno straniero non può essere espulso verso uno Stato ove rischi la persecuzione ai sensi  dell’articolo 1 A della Convenzione del 28 Luglio 1951 concernente lo Status dei Rifugiati. L’ Ufficio Immigrazione decise, il 13 Gennaio 1999, che il ricorrente non avrebbe rischiato in Iran un tipo di persecuzione che potesse costituire motivo per la sua permanenza in Danimarca. Il ricorrente appellò questa decisione davanti alla Commissione per i Rifugiati  (Flygtningenævnet), che il 16 Aprile 1999 chiese al Ministero degli Esteri di fornire maggiori dettagli sulla situazione in Iran.

Avendo ottenuto informazioni dai diversi uffici, il 4  Gennaio 2000 la Commissione per i Rifugiati confermò la decisione dell’Ufficio Immigrazione.

18.  Conseguentemente, in applicazione dell’Articolo 50 della Legge sugli Stranieri per la seconda volta, e sostenendo che erano intervenute nuove circostanze nel proprio caso, il ricorrente chiese alla Corte della Città di Hobro di riesaminare la decisione di espulsione. La Corte aveva a disposizione lo stesso materiale della Commissione per i Rifugiati ed un certo numero di certificazioni mediche concernenti lo stato di salute del ricorrente. Inoltre, fu ascoltata A che affermò inter alia che la figlia avuta da precedente relazione rifiutava di trasferirsi in Iran. Con decisione del 14 Febbraio 2000 la Corte di Città revocò la decisione di espellere il ricorrente.

Il 3 Marzo 2000 l’Alta Corte dell’Ovest Danimarca annullò questa sentenza e rigettò la richiesta del ricorrente di riconsiderare l’ordine di espulsione in quanto, secondo l’Articolo 50  della Legge sugli Stranieri, uno straniero espulso ha diritto ad una sola revisione giudiziale della questione di espulsione. La richiesta del ricorrente per il permesso di appellare tale decisone fu accolta dalla Commissione per il Permesso di Appellare (Procesbevillingsnævnet) il 5 Maggio 2000.

Il ricorrente è stato scarcerato l’ 11 Maggio 2000.

Il 7 Settembre 2000 la Corte Suprema confermò la decisione dell’Alta Corte del 3 Marzo 2000 convenendo che la richiesta per il riesame di un ordine di espulsione ai sensi dell’Articolo  50  della Legge sugli Stranieri poteva essere esaminata solo una volta dalle Corti.

II.  DIRITTO INTERNO PERTINENTE

19.  La  Legge  sugli Stranieri prevedeva per quanto pertinente:

 

Articolo 22

“Uno straniero che   abbia vissuto legalmente in Danimarca per più di sette anni, e uno straniero che possegga permesso di soggiorno ai sensi degli artt. 7o 8 può essere espulso solo se:

...

(iv) lo straniero è stato condannato alla detenzione o ad altra misura custodiale in base all’  “Euphoriants Act” o agli articoli  191 o 191a del  Codice Penale.”

 

Articolo 26:

1.  “Nel decidere se espellere o meno  lo straniero, deve aversi riguardo non solo ai legami  dello straniero con la comunità Danese, compresa la durata del suo soggiorno in Danimarca, ma anche alla questione se l’espulsione debba ritenersi particolarmente gravosa  per lui, in particolare a causa:

(i) dell’età, della salute dello straniero, e altre circostanze;

(ii) dei legami personali o familiari dello straniero con  Danesi o stranieri che vivono in Danimarca;

(iii) di altri legami dello straniero con la Danimarca, incluso se lo  straniero sia giunto in  Danimarca nella sua infanzia o fanciullezza e dunque abbia trascorso alcuni o tutti gli anni della sua formazione in Danimarca;

(iv) dei flebili o inesistenti legami  dello straniero col suo Paese d’origine o qualsiasi altro in cui ci si aspetti andrebbe a risiedere;

(v) dei rischi che lo straniero possa essere maltrattato nella sua Nazione di nascita o qualsiasi altra in cui ci si aspetti andrebbe  a risiedere; e

(vi) dell’esposizione ad oltraggio, insulti o altri attacchi, nella presente nazione che causi a uno   straniero che possieda un permesso di soggiorno ai sensi dell’ Articolo 9, comma 1 (ii) di non coabitare in una casa in condivisione con la persona residente permanentemente in  Danimarca, o delle altre condizioni di particolare debolezza dello straniero.

2.  Uno straniero può essere espulso ai sensi dell’ Articolo 22(iv) a meno che fattori menzionati al suddetto comma 1 costituiscano argomentazione decisiva contro lo stesso.”

 

L’Articolo 50 (1) dispone:

“Se l’espulsione ai sensi dell’Articolo 49 (1) non è stata eseguita, uno straniero che affermi che è intervenuto un cambiamento materiale nelle sue circostanze, cf. Articolo 26, può richiedere che il procuratore pubblico porti davanti alla Corte la richiesta di revoca dell’ordine di espulsione. Tale petizione può essere presentata non prima di 6 mesi e non oltre due mesi prima della data in cui deve essere eseguita l’espulsione. Se la petizione è presentata in una data successiva, la Corte può decidere di esaminare il caso se ritiene che il ritardo sia scusabile.”

 

IL DIRITTO

I.  OBIEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO

20.  Il Governo ha chiesto che la Corte riveda la sua decisione del 28 Giugno 2001 di ritenere il presente ricorso ricevibile, poiché dal punto di vista del Governo il ricorrente non ha esaurito le vie di ricorso interne, specificamente non presentando alla Commissione per il Permesso di appellare richiesta di autorizzazione ad appellare la decisione dell’Alta Corte del 9 Ottobre 1998 davanti alla Corte Suprema. Sottolineando che la Corte ha ritenuto che la revisione ai sensi dell’Articolo 50 della Legge  sugli Stranieri può essere considerata uno strumento adeguato ed efficace, il Governo ha messo in luce che tale revisione può aver luogo una sola volta (vedi la decisione della Corte Suprema del 7 Settembre 2000). Il ricorrente si avvalse di tale strumento quando la Corte di Città e l’Alta Corte rigettarono la sua richiesta l’11 Settembre 1998 e il 9 Ottobre 1998. Tuttavia, egli non ha chiesto il permesso di appellare l’ultima decisione e dunque non ha esaurito le vie interne di ricorso.

21.  La Corte sottolinea che, ai sensi dell’Articolo 55 del Regolamento della Corte, ogni eccezione di inammissibilità deve, finché il suo carattere e le circostanze lo consentano, essere proposta dal Governo nelle sue osservazioni sulla ricevibilità, come disposto dagli Articoli 51 o 54, secondo il caso.

22.  L’obiezione non è stata sollevata dal Governo, come avrebbe potuto, quando la Corte ha esaminato la ricevibilità del ricorso. Così, secondo la Corte è intervenuta una preclusione (vedi, inter alia, Nikolova v. Bulgaria [GC], no. 31195/96, § 44, ECHR 1999-II e Rehbock v. Slovenia, no.29462/95, 28 Novembre  2000).

II.  PRETESA   VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

23.  Il ricorrente lamenta che se fosse espulso perderebbe contatto con la moglie i figli e la figlia adottiva in quanto non si può pretendere che essi lo seguano in Iran. Egli invoca l’articolo 8 della Convenzione, che recita:

“1. Ogni persona  ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio  domicilio e della  propria  corrispondenza.

2.  Non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista  dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

A.  Osservazioni delle Parti

24.               Il ricorrente ha dichiarato che non può pretendersi che la propria moglie, i suoi figli e la figlia della moglie nata da precedente relazione vadano in Iran. La moglie non è musulmana e la figlia della moglie rifiuta di seguirlo in Iran. Di conseguenza l’espulsione comporterebbe la rottura della propria vita familiare.

25.               Il Governo asserisce che anche se l’ordinanza di espulsione interferisse con la vita familiare del ricorrente essa non comporta alcuna violazione dell’articolo 8 della Convenzione. Considerata la serietà dei reati che il ricorrente ha commesso in Danimarca la misura dell’espulsione è stata disposta nei suoi confronti per tutelare la sicurezza pubblica, prevenire disordini o crimini, e per proteggere i diritti e le libertà degli altri ed era necessaria in una società democratica ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione. Il Governo pone l’attenzione sul fatto che il ricorrente abbia forti legami col paese d’origine in quanto era già adulto quando lasciò l’ Iran ed aveva completato la propria educazione scolastica in Iran. Egli conosce la lingua locale, vi ha compiuto parte del servizio militare obbligatorio e vi ha famiglia. In confronto, il ricorrente non ha forti legami con la  Danimarca. Quando fu emessa l’ordinanza di espulsione egli aveva vissuto per soli otto anni  in Danimarca. Inoltre, secondo il Governo, non ci sono elementi che provino che la moglie del ricorrente, i suoi figli e la figlia nata alla moglie da altra relazione non possano accompagnare il ricorrente in Iran.

B.  La  valutazione della Corte

1.  Se ci sia stata una ingerenza con i diritti del ricorrente ai sensi dell’ Articolo 8 della Convenzione

26.  La Corte ricorda che non è previsto dalla Convenzione alcun autonomo diritto per uno straniero di entrare o risiedere in una particolare Nazione. Tuttavia, l’espulsione di una persona da uno Stato  dove vivano membri stretti della sua famiglia può costituire una violazione del diritto al rispetto della vita familiare così come garantito dall’ Articolo 8 § 1 della Convenzione (vedi la sentenza Moustaquim c. Belgio del 18 Febbraio 1991, Serie A n. 193, p. 18, § 16).

27.  Nel caso di specie, il ricorrente, un cittadino Iraniano, è sposato con una cittadina  Danese con la quale alla data in cui fu emanata l’ordinanza di espulsione aveva un figlio, anch’egli di nazionalità danese. Di conseguenza, l’ordinanza di espulsione interferiva con il diritto del  ricorrente al rispetto della propria vita familiare ai sensi dell’ Articolo 8 § 1 della Convenzione.

28.  Tale ingerenza violerebbe la Convenzione se non rientrasse nei casi previsti dal secondo comma dell’ Articolo 8. E’ dunque necessario stabilire se è stata “prevista dalla legge”, motivata da uno o più degli scopi legittimi stabiliti in quel comma, e “necessaria in una società democratica”.

2.  Se l’ ingerenza    fosse “prevista dalla legge”

29.  La Corte osserva, e questo non è in disputa tra le parti, che le Autorità danesi nell’espellere  il ricorrente si sono basate su diverse disposizioni contenute nella Legge  sugli Stranieri, in particolare  gli artt. 22 e 26.

30.  La Corte ritiene dunque che l’ ingerenza   fosse  “ prevista dalla legge” ai sensi dell’Articolo 8 § 2 della Convenzione.

3.  Se l’ ingerenza perseguisse uno scopo legittimo

31.  Quando hanno ordinato l’espulsione del ricorrente, le Autorità Danesi, specificamente la Corte di Città di Hobro nella sua sentenza dell’1 Ottobre 1997, ha ritenuto che il ricorrente dovesse essere espulso sulla base di reati gravi che aveva commesso e nell’interesse dell’ordine pubblico e della sicurezza.

32.  La Corte ritiene dunque che la misura fu ordinata “per la difesa  dell’ordine (e) per la prevenzione dei reati ” ai sensi dell’ Articolo 8 § 2 della Convenzione.

4.  Se l’ ingerenza sia  “necessaria in una società democratica”

33.  La Corte ricorda che è compito degli Stati Contraenti mantenere l’ordine pubblico, in particolare esercitando i loro diritti, come principio ben determinato di diritto internazionale e soggetti ai loro obblighi da Trattato, controllare l’ingresso e la residenza degli stranieri. A tal fine essi hanno il potere di espellere gli stranieri condannati per crimini. Tuttavia, le loro decisioni in questo campo devono, nella misura in cui possono interferire con  un diritto protetto dal paragrafo 1 dell’ Articolo 8, essere necessarie in una società democratica, cioè giustificate da un pressante bisogno sociale e, in particolare, proporzionate allo scopo legittimo perseguito (vedi la sentenza Dalia c. Francia del 19 Febbraio 1998, Reports of Judgments e Decisions1998-I, p. 91, § 52 e la sentenza Mehemi c. Francia del 26 Settembre 1997, Reports1997‑VI, p. 1971, § 34).

34.  Di conseguenza, l’obiettivo della Corte è verificare se la decisione di espellere il ricorrente nelle circostanze del caso costituisse un equo bilanciamento degli interessi rilevanti, cioè il diritto ricorrente  al rispetto della propria vita familiare da una parte, e la prevenzione di disordini e reati  dall’altra.

35.  In casi in cui il principale ostacolo all’espulsione sia la difficoltà dei coniugi a rimanere insieme ed in particolare per un coniuge e/o i figli vivere nel paese d’origine della persona da espellere, i principi guida per stabilire se la misura sia necessaria in una società democratica  sono stati determinati dalla Corte come segue (vedi Boultifc. Svizzera, n. 54273/00, § 48, da pubblicarsi in ECHR-2001).

Nello stabilire i criteri rilevanti in questi casi, la  Corte considera la natura e la serietà del crimine commesso dal ricorrente; la durata della permanenza del ricorrente  nel paese da cui sta per essere espulso; il tempo trascorso dal compimento del reato e la condotta del ricorrente in quel   periodo; le nazionalità delle varie  persone coinvolte; la situazione familiare del ricorrente, così come la durata del matrimonio; ed altri fattori che esprimano la effettività della vita familiare della coppia; se il coniuge fosse al corrente del crimine quando egli o ella ha intrapreso la relazione; e se ci sono figli nel matrimonio e in caso affermativo, la loro età.  Non ultima, la Corte considera la serietà delle difficoltà cui andrebbe incontro il coniuge nel paese di origine, anche se il solo fatto che una persona possa incontrare qualche difficoltà nell’accompagnare il proprio coniuge non può, in se stesso, escludere l’espulsione.

36.  La Corte ha in primis considerato la natura e la serietà del crimine commesso. Il ricorrente è arrivato in Danimarca nel 1989 e fu successivamente accusato per traffico di droga commesso nel 1996. Nella sua sentenza dell’ 1 Ottobre 1997 la Corte della Città di Hobro trovò il ricorrente colpevole, inter alia, per traffico di droga con riguardo ad un quantitativo di almeno 450 grammi di eroina in violazione dell’ Articolo 191 del Codice Penale. L’ordine di espulsione dunque si basò su un reato grave.

37.  In considerazione degli effetti devastanti che ha la droga sulla vita delle persone, la Corte comprende perché le autorità mostrino grande fermezza verso coloro che contribuiscono attivamente alla diffusione di questa piaga (vedi, inter alia,la sentenza Dalia c. Francia del 19 febbraio 1998, Reports 1998-I, p.92, §54). Secondo la Corte, anche se il ricorrente non era mai stato arrestato prima, ciò non inficia la serietà e la gravità di questo tipo di reato (vedi la sentenza Bouchelkia c. Francia del 29 gennaio 1997, Reports, 1997-I, p. 65, § 51 e Nwosu c. Danimarca(decisione), n. 50359/99, 10  Luglio  2001).

38.  Quanto ai contatti del ricorrente con la sua famiglia di origine, la Corte rileva che egli lasciò l’ Iran nel 1987 quando aveva ventuno anni. La sua lingua madre è il Farsi e ha ricevuto tutta la sua istruzione in Iran. Dunque, indubbiamente ha legami con l’Iran. Tuttavia, dal materiale a disposizione della Corte, niente suggerisce che il ricorrente abbia mantenuto forti legami, se alcuno, con l’ Iran, avendo egli perso i contatti con la sua famiglia lì nel 1987.

39.  Quanto ai legami del ricorrente con la Danimarca, questi sono principalmente connessi con sua moglie, i figli e la figlia adottiva, che sono tutti cittadini danesi. Il ricorrente ed A si sono sposati  nel Settembre 1997, una settimana prima della sua condanna da parte della Corte di Città. Tuttavia, considerando che la loro relazione è iniziata nel 1992 e che avevano avuto il loro primo figlio nell’Ottobre 1996 la Corte non ha dubbi sulla  “effettività” della vita familiare della coppia e ritiene che il ricorrente debba considerarsi avere forti legami con la  Danimarca.

40.  La Corte ha successivamente esaminato la possibilità che il ricorrente, sua moglie ed i suoi figli stabilissero la propria vita familiare altrove. La Corte ha considerato, prima, se il ricorrente e sua moglie ed i loro figli possano vivere insieme in Iran.

41.  La moglie del ricorrente, A, è una cittadina Danese. Non è mai stata in Iran, non parla il  Farsi e non è musulmana. Al di là dell’essere sposata con un cittadino  Iraniano, ella non ha alcun legame con il Paese. In queste  circostanze la Corte ritiene che anche se non sarebbe  impossibile per la moglie ed i figli del ricorrente vivere in Iran ciò, tuttavia, causerebbe loro evidenti e serie difficoltà. Inoltre, la Corte nota che la figlia che  A ha avuto da una precedente relazione, che ha sempre vissuto con A sin dalla sua nascita nel 1989, rifiuta di trasferirsi in Iran. Considerato anche questo fattore, secondo la  Corte non ci si può aspettare che A segua il ricorrente in Iran.

42.  Deve essere anche presa in considerazione la possibilità di fissare la propria vita familiare altrove. A tal proposito, la Corte rileva che, nel periodo tra  Aprile 1987 ed Agosto 1989, il ricorrente è stato in Turchia e Grecia. Tuttavia, sembra che il ricorrente vi abbia risieduto illegalmente e non è stato dimostrato che lui od A abbiano alcun legame con una di quelle nazioni. La Corte ritiene dunque che non vi siano elementi che facciano supporre che entrambi i coniugi possano ottenere l’autorizzazione a risiedere in una di dette nazioni o in qualsiasi altra nazione diversa dall’ Iran.

43.  Ciò considerato, come conseguenza dell’espulsione permanente del ricorrente dalla Danimarca, la famiglia verrebbe scissa, in quanto è  de facto impossibile per loro continuare la propria vita familiare fuori dalla Danimarca.

44.  Alla luce dei suddetti elementi, la Corte ritiene che l’espulsione del ricorrente verso l’Iran sarebbe sproporzionata rispetto agli scopi perseguiti. L’esecuzione dell’espulsione costituirebbe dunque una violazione dell’Articolo 8 della Convenzione.

III.  APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

45.  L’Articolo 41 della Convenzione recita:

<<Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa >>.

46.  Successivamente alla decisione della Corte con cui il ricorso è stato dichiarato ricevibile, la Corte ha chiesto al ricorrente di presentare la propria richiesta di equa soddisfazione. Nonostante il ricorrente avesse chiesto un’equa soddisfazione nel proprio ricorso iniziale, non è stata presentata alcuna istanza in risposta all’invito della Corte.

47.  La Corte non è tenuta ad esaminare tali questioni d’ufficio e, di conseguenza, ritiene che non sia necessario applicare l’articolo 41 in questo caso.(sentenza Huvig c. Francia  del 24 Aprile 1990, Serie A n. 176-B, p. 57, §§ 37-38).

PER QUESTE  RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’

1.  Rigetta l’obiezione preliminare del Governo sul mancato esaurimento delle vie di ricorso interne;

2.  Dichiara all’unanimità che l’esecuzione della decisione di espellere il ricorrente verso l’ Iran costituirebbe una violazione dell’Articolo 8 della Convenzione;

3.  Dichiara  che in questo caso non è richiesta l’applicazione dell’Articolo 41 della Convenzione.

Redatta in inglese, e notificata per iscritto l’11 Luglio 2002, a norma dell’Articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Erik Fribergh  (Cancelliere )                                   Christos Rozakis (Presidente)