CAso Procaccini

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo,
CASO PROCACCINI CONTRO ITALIA
sentenza del 30 MARZO 2000

 

MUTAMENTO DELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE IN MATERIA DI PUBBLICO IMPIEGO

(Ricorso n° 31631/96)

EQUO PROCESSO: ECCESSIVA DURATA DI UNA PROCEDURA CIVILE davanti al TRIBUNALE AMMINISTRATIVO

(violazione dell’articolo 6 paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo). Lo Stato Italiano deve versare complessivamente alla ricorrente 16.000.000 (sedici milioni) lire italiane per danni morali e 6.000.000 (sei milioni) lire italiane per spese legali.

(motivazione, traduzione non ufficiale a cura dell’avv. Maurizio de Stefano)

SENTENZA

Nel caso Procaccini contro Italia,

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo (quarta sezione) riunita in una camera composta da : M. Pellonpää, presidente, L. Ferrari Bravo, A. Pastor Ridruejo, L. Caflisch, J. Makarczyk, V. Butkevych, J. Hedigan, Giudici e dal Signor V. Berger, cancelliere di sezione ; 

Dopo averla deliberata nella camera di consiglio del 16 marzo 2000,

Rende la seguente sentenza che ha adottato in tale data.

PROCEDURA

1.  Il caso è stato deferito alla Corte, conformemente alle disposizioni che si applicavano prima dell’entrata in vigore del Protocollo n° 11 alla Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (" la Convenzione"), dalla Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (" la Commissione ") (articolo 5 paragrafo 4 del Protocollo n° 11 e vecchi articoli   47 e 48 della Convenzione).

2. All’origine del caso si pone un ricorso (n° 31631/96) diretto contro la Repubblica italiana e di cui una cittadina italiana, Signora Rina Procaccini (" la ricorrente "), aveva adito la Commissione il 13 marzo 1996 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione.

2.  La Commissione ha dichiarato il ricorso ricevibile il 4 marzo 1997. Nel suo rapporto del 23 aprile 1998 (vecchio articolo 31 della Convenzione), essa esprime il parere (per ventidue voti contro sei) che l’articolo 6 paragrafo 1 non si applica nella fattispecie e che non vi è stata dunque violazione dell’articolo 6 della Convenzione.

4. Davanti alla Corte, la ricorrente è rappresentata dall’Avv. G. Romano, avvocato in Benevento. Il Governo italiano (" il Governo ") è rappresentato dal suo agente, Sig. U. Leanza e dal suo coagente, Sig. V. Esposito.

3.  Il 14 gennaio 1999, il collegio della Grande Camera ha deciso che il caso doveva essere esaminato da una delle sezioni della Corte (articolo 100 paragrafo 1 del Regolamento). Il presidente della Corte ha assegnato il caso alla quarta sezione (articolo 52 paragrafo 1 del Regolamento). Il Sig. B. Conforti, giudice eletto con riferimento all’Italia, che aveva preso parte all’esame della causa in seno alla Commissione, si è astenuto (articolo 28). In conseguenza, il Governo ha designato il Sig.. L. Ferrari Bravo, il giudice eletto con riferimento a San-Marino, per tenere la seduta in sua vece (articoli 27 paragrafo 2 della Convenzione e 29 paragrafo 1 del Regolamento).

4.  La ricorrente ed il Governo hanno rispettivamente depositato due memorie.

7.  Dopo aver consultato l’agente del Governo e l’avvocato della ricorrente, la camera ha deciso che non era necessario tenere una udienza.

IN FATTO

5. Il 2 marzo 1990, la ricorrente presentò un ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale della Campania. Essa esponeva che a decorrere dal 1977, aveva lavorato in qualità di portiera in una scuola pubblica gestita dal comune di Cautano (Benevento) sotto forma di più contratti di lavoro autonomo ("locatio operis") a tempo determinato, periodicamente rinnovati. In considerazione delle modalità, comparabili a quelle proprie di un rapporto d'impiego ordinario con l'amministrazione, nelle quali aveva esercitato le sue funzioni, la ricorrente domandava il riconoscimento dell’esistenza d'un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la continuazione del rapporto di lavoro dopo la data di scadenza del contratto (fissata al 30 giugno 1990), così come il pagamento delle differenze di retribuzione tra quelle percepite e quelle cui riteneva di aver diritto.

6.  Il 13 marzo 1990, la ricorrente presentò una domanda di fissazione della data dell'udienza. Il 29 settembre 1995 ed il 1° marzo 1996, essa domandò la fissazione urgente della data dell'udienza. Con ordinanza del 22 marzo 1996, il presidente del tribunale ordinò al comune di Cautano di depositare determinati documenti entro un termine di trenta giorni. Il 6 maggio 1996, i predetti documenti giunsero nella cancelleria del tribunale amministrativo.

7.  Una udienza fu fissata al 27 maggio 1997. Con sentenza dello stesso giorno, di cui il testo fu depositato in cancelleria il 24 novembre 1997, il tribunale amministrativo regionale rigettò la domanda della ricorrente in quanto essa non aveva dimostrato il numero delle ore che aveva lavorato e che tale elemento era determinante per qualificare il tipo di lavoro prestato.

IN DIRITTO

I. SULLA VIOLAZIONE ALLEGATA DELL’ARTICOLO 6 paragrafo 1 DELLA CONVENZIONE

8.  La ricorrente allega che la durata della procedura ha disconosciuto il principio del " termine ragionevole " come previsto dall’articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione, che così recita : " Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (...) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) che deciderà (…) delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…) "

A. Sull’applicabilità dell’articolo 6 paragrafo 1

9.  Secondo la ricorrente, è evidente che alla luce dell’ultima giurisprudenza della Corte in materia di funzione pubblica, l’articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione trova la sua applicazione poiché la ricorrente si occupava della pulizia e della guardiania della scuola.

10.  Secondo il Governo, l’articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione non si applica alla procedura contenziosa perché " l’impiego della ricorrente rientra nella categoria degli impieghi che implicano – tenuto conto della natura delle funzioni e delle responsabilità che essi comportano - una partecipazione all’esercizio della potestà pubblica ed alle funzioni tendenti alla salvaguardia degli interessi della collettività pubblica " .

11.  La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo cui, per determinare l'applicabilità dell'articolo 6 paragrafo 1 agli agenti pubblici, sia titolari sia a contratto, bisogna adottare un criterio funzionale, fondato sulla natura delle funzioni e delle responsabilità esercitate dal soggetto interessato e verificare se il suo impiego implica una partecipazione diretta o indiretta all'esercizio della potestà pubblica ed alle funzioni tendenti a salvaguardare gli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche (vedere Corte europea Diritti Uomo, sentenza Pellegrin c. Francia del 8 dicembre 1999 che sarà pubblicata nella raccolta ufficiale della Corte). Nel caso di specie, la Corte reputa che la funzione esercitata dalla ricorrente in qualità di portiera non comporti una partecipazione all'esercizio della potestà pubblica.

12.  L’articolo 6 paragrafo 1 trova dunque la sua applicazione.

B. Sull’osservanza dell’articolo 6 paragrafo 1

13.  Rimane da stabilire se vi è stato il superamento del " termine ragionevole ". La ricorrente risponde affermativamente.

14.  Il Governo si oppone a questa tesi.

15.  Il periodo da considerare è iniziato il 2 marzo 1990 ed è terminato il 24 novembre 1997.

16. Esso è dunque durato più di sette anni e otto mesi, per un grado di giudizio.

17.   La Corte ricorda di aver constatato nelle quattro sentenze del 28 luglio 1999 (vedi, per esempio, la sentenza Bottazzi contro Italia che sarà pubblicata nella raccolta ufficiale della Corte, § 22) l’esistenza in Italia di una prassi contraria alla Convenzione risultante da un accumulo di inadempienze all’esigenza del " termine ragionevole ". Nella misura in cui la Corte constata una tale inadempienza, questo accumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell’articolo 6  paragrafo 1.

18.  Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte reputa che la durata della procedura litigiosa non risponde all’esigenza del " termine ragionevole " e che qui sussiste ancora una manifestazione della prassi precitata.

Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 paragrafo 1.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

21.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, " Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. "

A. DANNI

19.  La ricorrente reclama 30.000.000 lire italiane (ITL) a titolo del pregiudizio morale che avrebbe subito.

20.  La Corte considera che è opportuno liquidare in via equitativa alla ricorrente 16.000.000 ITL.

B. SPESE LEGALI

21.  La ricorrente domanda parimenti 17.680.020 ITL per le spese legali sostenute davanti alla Corte.

22.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente non può ottenere il rimborso delle spese legali che nella misura in cui si trovano fondate sulla loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro ammontare (vedere, per esempio , la sentenza Bottazzi precitata, paragrafo 30). Nella specie e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri sopra menzionati, la Corte reputa ragionevole la somma di 6.000.000 ITL per la procedura davanti alla Corte e la attribuisce alla ricorrente.

C. Interessi moratori

26.  Secondo le informazioni di cui dispone la Corte, il tasso d’interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza era del 2,5 % l’anno.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

1. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 paragrafo 1 della Convenzione ;

2. Dichiara

a) che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 paragrafo 2 della Convenzione, 16.000.000 (sedici milioni) lire italiane per danno morale e 6.000.000 (sei milioni) lire italiane per spese legali ;

b) che questi ammontari dovranno essere maggiorati di un interesse semplice del 2,5 % l’anno a decorrere dal compimento del predetto termine e fino al versamento ;

3. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il surplus.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 30 marzo 2000, in applicazione dell’articolo 77 paragrafi 2 e 3 del regolamento.

Vincent Berger Matti Pellonpää
Cancelliere Presidente