Corte Europea dei Diritti dell’Uomo CASO LIDDO E BATTEA CONTRO ITALIA |
EQUO PROCESSO: ECCESSIVA DURATA DI UNA PROCEDURA CIVILE
(motivazione, traduzione non ufficiale) STRASBURGO Nel caso Liddo e Battea contro Italia, La Corte europea dei Diritti dell’Uomo (terza sezione) riunita in una camera composta da : .-P. Costa, Presidente, B. Conforti, L. Loucaidei, P. KK M., W. Fuhrmann, K. Jungwiert, K. Traja, Giudici e dalla Signora S. Dolle, cancelliere di sezione ; Dopo averla deliberata nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2000, Rende la seguente sentenza che ha adottato in tale data. PROCEDURA 1. All’origine del caso si pone un ricorso diretto contro la Repubblica italiana e di cui i cittadini italiani, Signori Giuseppe e Antonio Liddo e Maria Battea (" i ricorrenti "), avevano adito la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (" la Commissione ") il 27 novembre 1996 in virtù de l’antico articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (" la Convenzione "). Il ricorso è stato registrato il 27 aprile 1998 sotto il numero di fascicolo 40950/98. I ricorrenti sono rappresentati dall’Avv. Maria Gabriella Ceroni Ciraolo, avvocato in Roma. Il Governo italiano (" il Governo ") è rappresentato dal suo agente, Sig. U. Leanza. 2. La camera ha dichiarato il ricorso ricevibile il 4 maggio 1999. IN FATTO 3. Il 31 gennaio 1989, il primo ricorrente e la ricorrente convenirono in giudizio le imprese S. e C. davanti il tribunale di Roma, in proprio ed in nome del secondo ricorrente, minore all’epoca, al fine di ottenere l’accertamento dei vizi occulti d’un prodotto elettrodomestico ed il risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente. 4. La trattazione della causa cominciò l’11 aprile 1989, con la nomina di un perito. Delle cinque udienze che si tennero tra il 22 maggio 1989 ed il 3 aprile 1990, tre riguardarono la Consulenza Tecnica e due l’audizione dei testimoni. L’udienza di precisazione delle conclusioni ebbe luogo il 1° ottobre 1990 e quella di discussione il 15 gennaio 1992. Con una sentenza non definitiva del 22 gennaio 1992, la cui motivazione fu depositata in cancelleria il 17 giugno 1992, il tribunale accertò la responsabilità dei convenuti. Con una ordinanza dello stesso giorno, il tribunale ordinò la prosecuzione del processo per la valutazione dei danni e convocò il perito per l’udienza del 16 novembre 1992 davanti il giudice istruttore. 5. A questa data, il perito prestò giuramento per un supplemento di perizia. Le cinque udienze che si tennero tra il 4 luglio 1994 ed il 21 marzo 1995 riguardarono il supplemento di perizia. Il 5 giugno 1995, l’udienza non si tenne perché in quel giorno gli avvocati facevano sciopero. Il 1° febbraio 1996, l’udienza fu rinviata stante l’assenza delle parti. Il 18 settembre 1996, i ricorrenti chiesero l’applicazione dell’articolo 186 quater del Codice di procedura civile, mirando ad ottenere una decisione provvisoria della lite. Questa udienza, così come le due altre successive, fino al 16 ottobre 1997 furono rinviate perché alcuni documenti del fascicolo di causa erano stati smarriti. A tale ultimo giorno, il giudice pronunciò una ordinanza conformemente all’articolo 186 quater, accordando una certa somma ai ricorrenti, e fissò l’udienza di discussione all’11 maggio 2001. IN DIRITTO I. SULLA VIOLAZIONE ALLEGATA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE 6. I ricorrenti allegano la violazione del principio del " termine ragionevole " come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, che così recita : " Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (...) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) che deciderà (…) delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…) " 7. Le Governo si oppone a questa tesi. 8. Il periodo da considerare è iniziato il 31 gennaio 1989 ed è ad oggi ancora pendente. 9. Esso è dunque durato poco più di dieci anni e undici mesi, per un grado di giudizio. 10. La Corte ricorda di aver constatato nelle quattro sentenze del 28 luglio 1999 (vedi, per esempio, la sentenza Bottazzi contro Italia che sarà pubblicata nella raccolta ufficiale della Corte, § 22) l’esistenza in Italia di una prassi contraria alla Convenzione risultante da un accumulo di inadempienze all’esigenza del " termine ragionevole ". Nella misura in cui la Corte constata una tale inadempienza, questo accumulo costituisce una circostanza aggravante della violazione dell’articolo 6 § 1. Avendo esaminato i fatti della causa alla luce degli argomenti delle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte reputa che la durata della procedura litigiosa non risponde all’esigenza del " termine ragionevole " e che qui sussiste ancora una manifestazione della prassi precitata. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1. II. Sull’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione 11. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, " Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto interno della Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto dio riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. " A. DANNI 12. I ricorrenti reclamano ciascuno non meno di 20.000.000 lire italiane (ITL) a titolo di pregiudizio materiale e morale che essi avrebbero subito. 13. La Corte, dopo aver preso in considerazione le osservazioni presentate dal Governo, considera che è necessario liquidare ad ogni ricorrente 28.000.000 ITL. B. SPESE LEGALI 14. I ricorrenti domandano parimenti 15.000.000 ITL pour le spese legali sostenute davanti alla Corte. 15. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente non può ottenere il rimborso delle sue spese legali se non nella misura in cui esse siano accertate nella loro realtà, necessità e carattere ragionevole del loro ammontare (vedi ad esempio, la sentenza Bottazzi precitata, § 30). Nel caso di specie, prendendo in considerazione le osservazioni presentate dal Governo e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri predetti, la Corte stima ragionevole la somma di 4.500.000 ITL pour la procedura davanti alla Corte e accorda dunque 1.500.000 ITL a ciascun ricorrente. C. Interessi moratori 16. Secondo le informazioni di cui dispone la Corte, il tasso d’interesse legale applicabile in Italia alla date di adozione della presente sentenza era del 2,5 % l’anno. Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Fatto in francese, poi comunicata per iscritto il 25 gennaio 2000, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento. S. Dolle J. Cancelliere -P. Costa Presidente |